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13th
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I meccanismi di apprendimento nel linguaggio

Dal punto di vista linguistico il bambino “equipaggiato” con un normale corredo genetico è in modo meraviglioso dotato di capacità straordinarie, in altri termini una normale formazione del cervello prevede una sorta di istinto per il linguaggio.

 

Tuttavia, il solo bagaglio genetico è una condizione necessaria ma non sufficiente allo sviluppo delle capacità linguistiche perché, come noto, se non si è esposti ad un ambiente comunicativo queste stesse capacità non maturano.

Tale sviluppo si basa su diversi meccanismi. Prendiamo brevemente in considerazione quelli più noti:

L’imitazione per contagio.

Il comportamento ecolalico.

L’accomodazione vocale

La sensibilità al ritmo del linguaggio.

L’imitazione consiste nel fatto che l’infante esposto alle smorfie di adulto reagisce e risponde, come se già, a questa età così precoce, avesse delle capacità imitative. Si tratta di comportamenti imitativi completamente inconsci, perché, per esempio, il bambino, verso i 3-4 mesi, è capace di imitare i suoni come la “a”, la “i” o la “o” se uno glieli produce, ma spontaneamente non è ancora in grado di farlo.

Quindi, questa capacità di guardare, osservare e imitare sembra essere una proprietà quasi innata del sistema nervoso che serve per simulare prima internamente e poi emulare espressamente dei comportamenti dell’adulto della stessa specie o di specie affini. Si tratta in definitiva di comportamenti ragionevolmente utili per imparare quelli che saranno sviluppati successivamente.

Poi abbiamo l’accomodazione vocale, cioè quel meccanismo con il quale un adulto, anche se in maniera inconscia, interagisce con un bambino adattando i suoni del suo linguaggio a quelli dell’interlocutore. E una cosa simile fa il bambino di rimando. Infatti, spesso davanti ad un bambino piccolo si dice: “che carino!”, “che bellino!”, cioè si amplifica sul piano acustico una serie di proprietà fonetiche.

La frequenza fondamentale, cioè la componente di base dello spettro sonoro quando si dice una frase diretta ad un adulto o quando si dice la stessa frase diretta ad un infante è diversa, cioè è molto più alta. In altri termini tutto lo spettro sonoro si sposta verso i registri acuti quando si interloquisce con un bimbo.

Anche la prima formante e la seconda formante, nella produzione del triangolo vocalico fondamentale “u-a-i”, quando ci si rivolge ad un bambino con gli stessi suoni è stirato, è ampliato, cioè l’enfasi acustica che si emette è estremizzata. Si è dimostrato in diverse lingue (inglese, russo, svedese) che c’è sempre la tendenza inconscia delle persone ad enfatizzare il registro linguistico.

Il possibile significato di questo comportamento che viene adottato inconsciamente è che rende più facile nella fase in cui deve essere imparato, l’identificazione della differenza dei suoni, cioè del contrasto fonetico che viene reso massimo e poi minimizzato man mano che l’infante cresce per cercare di facilitarne la produzione.

Un altro meccanismo che può avere a che fare con l’apprendimento del linguaggio è il cosiddetto comportamento ecolalico, che consiste nella ripetizione di quello che si è udito. All’inizio, si tratta, di una ripetizione pedissequa, ad esempio se sente un suono, per esempio: ba…ba…ba, il bambino tende a riprodurre lo stesso suono, però con il passar del tempo comincia a fare delle variazioni su questo suono, specie sulla sillaba finale sia variazioni di ritmo sia variazioni di enfasi. Il possibile significato di questo comportamento ecolalico è che serve per facilitare ancora una volta la ripetizione di quel suono, la messa in atto di quel suono al fine di diventare autonomo.

E’ interessante notare che bambini con comportamenti ecolalici frequenti hanno maggiori capacità in compiti di produzione e di comprensione linguistica. Questo comportamento, poi, si riduce verso i 6-7-8 anni e questa variazione sembra essere legata alla maturazione del lobo frontale del cervello, che è quella parte del cervello coinvolta in una serie di meccanismi di controllo. Cioè quando non c’è più bisogno del comportamento ecolalico viene autoridotto perché sarebbe nocivo allo sviluppo stesso.

Infine un quarto meccanismo che gioca un ruolo importante nell’apprendimento del linguaggio è la cosiddetta “sensibilità al ritmo del linguaggio”.

Questo tema ha a che vedere con la questione del significato della lallazione[1], vale a dire quei comportamenti motori ripetitivi sillabici, che per alcuni studiosi hanno significato fondamentalmente motorio, come mettere a punto le capacità fini di movimento delle labbra e della lingua e non necessariamente linguistiche. Tuttavia la produzione vocale è sia motoria che linguistica.

Infatti, si è visto che bambini normo-udenti e normo-parlanti cresciuti da genitori sordi producevano pochi vocalizzi ma producevano molti fenomeni lallatori con le mani, cioè spontaneamente, osservando i genitori “parlare con le mani” sviluppando poi la stessa capacità.

Quindi un primo dato è che la lallazione ha a che vedere con il linguaggio che viene usato cioè i bambini imparano spontaneamente il codice cui sono esposti pur essendo normo-udenti.

Il secondo dato è che tutti bambini, mentre imparano il linguaggio, gesticolano, come gli adulti, cioè vengono prodotti altri generi di movimenti, per esempio movimenti specifici delle mani.

Un gruppo di psicologi canadesi[2] ha studiato il ritmo dei movimenti delle mani in due categorie di bambini, tutti normo-udenti e normo-parlanti, in grado cioè di sviluppare il linguaggio vocale ed uditivo-vocale, ma in un caso allevati da genitori sordi e nell’altro da genitori senza nessun deficit.

Sono stati applicati dei sensori alle mani in maniera da poter vederne e registrarne il movimento e precisamente con che ritmo, con che frequenza, con che categorie di gesti, veniva prodotto dai bambini in diverse epoche dello sviluppo. Così è stato possibile confermare quanto suddetto: per i bambini che sono esposti al linguaggio dei segni le loro le mani non sono solo uno strumento per l’atto motorio ma uno strumento per la comunicazione linguistica.

Quindi questi dati suggeriscono che la lallazione e la sensibilità al ritmo, cioè a come la comunicazione viene prodotta nel tempo, sono elementi importanti e sono fenomeni strettamente linguistici.

In definitiva possiamo affermare che in condizioni in cui c’è un corretto sviluppo del sistema nervoso c’è un istinto al linguaggio che però viene perfezionato dove ci sono le condizioni comunicative adeguate.

 


[1] Dal tedesco: Lallen = balbettare

[2] Laura Ann Petitto e colleghi (2001)



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