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Così l’Italia scoprì il supermercato; ed oggi?

Dopo la rivoluzione industriale e lo sviluppo del ceto medio, nell’Ottocento e nel Novecento in Europa il concetto di spesa e di tempo libero si fusero in un tutt’uno, traducendosi nella pratica nei grossi centri per l’acquisto: nacquero i grandi magazzini di Parigi, Londra e Milano, i general stores come si chiamavano negli Stati Uniti, o gli empori dedicati generalmente a prodotti non deperibili. Saranno proprio gli americani, agli inizi del Novecento, a guidare il cambiamento, a unire il fresco con il confezionato e a semplificare di colpo la vita delle famiglie, livellando in parte le differenze sociali.

Tra Ottocento e Novecento nel nostro Paese erano già nati, su modello di Londra e Parigi, i grandi magazzini capaci di offrire migliaia di metri quadri di moda, bellezza e accessori per la casa.

Ma la svolta nel settore alimentare arrivò solo nel 1956, quando il Dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti fece allestire a Roma l’esposizione di un supermarket-tipo americano, con commesse che spiegavano come fare la spesa “self-service”. L’iniziativa ebbe un grande successo di pubblico, tanto che un gruppo di imprenditori decise di seguirla e, nel 1957, nacque a Milano il primo supermercato

Fu proprio in quegli anni che cambiarono infatti per sempre le abitudini di spesa degli italiani, con il boom economico e l’influenza dell’american way of life (il modo di vivere all’americana). Le donne erano entrate nel mondo del lavoro, si sviluppò una maggiore attenzione al tempo libero e la diffusione degli elettrodomestici, inoltre, influenzò per sempre la vita delle famiglie. Il frigorifero, presente in molte case degli italiani (apparso solo verso la metà degli anni ’40. Ovviamente si trattava di un “lusso” appannaggio dei più abbienti. Il frigorifero è diventato un bene alla portata di tutti solo dopo gli anni ’60, anni del boom economico.), rappresentò la vera rivoluzione nell’alimentazione e nel modo di fare la spesa: finalmente si potevano conservare cibi freschi per qualche tempo e non era più necessario comprarli quotidianamente.

Il cambiamento, comunque, avvenne piuttosto gradualmente: nel 1971 i supermercati in Italia erano ancora solo 607, due terzi dei quali situati nelle regioni del Nord.

Quali sono i supermercati che guadagnano di più in Italia?

Da uno studio Mediobanca (Osservatorio del GDO), che ritrae un comparto a prevalenza alimentare che aggrega i dati economici e finanziari di 130 aziende nazionali e 31 maggiori player internazionali per il periodo 2017-2021, emerge poi una chiara classifica di quelli che sono le catene che negli ultimi anni, tra il 2017 e il 2021, hanno conquistato più utili. Le regine assolute, in Italia sono Eurospin ed Esselunga, con la prima che ha utili cumulati pari a 1.286 milioni ed Esselunga che segue a 1.195. Eurospin è anche sul podio internazionale come seconda per Roi, ovvero ritorno sugli investimenti nel 2021, dietro alla sola Target e davanti a WalMart. Tornando agli utili cumulati, dietro a Eurospin ed Esselunga ci sono VéGé a 1.078 milioni e Selex (1.056 milioni).

Tra gli altri, Carrefour ha cumulato perdite per 766 milioni, Coop per 410 milioni e Penny Market per 43 milioni. Eurospin è anche sul podio internazionale come seconda per Roi, ovvero ritorno sugli investimenti) nel 2021. Coop Alleanza 3.0 è invece la maggiore cooperativa italiana con vendite nel 2021 pari a 4.301 milioni, seguita PAC 2000 A (Conad) a 3.921 milioni e Conad Nord Ovest a 2.671 milioni che precede Unicoop Firenze a 2.349 milioni.

Tenuto conto della limitata propensione all’innovazione, alla digitalizzazione e all’internazionalizzazione registrata finora dal settore dei supermercati e dei negozi alimentari, c’è da aspettarsi che per mantenersi competitivi sul mercato, i più lungimiranti operatori di questa filiera andranno a investire proprio in queste categorie. A prova di ciò, va segnalata una tendenza particolarmente evidente in ambito alimentare: il food delivery continua a crescere e riguarda sempre più anche discount e supermercati. Del resto, e-commerce e delivery sono stati fondamentali per i consumatori durante la pandemia e queste nuove esperienze di acquisto sono ormai entrate nella consuetudine. Non solo, quindi, le attività che operano nella Grande Distribuzione Organizzata GDO), ma anche le attività alimentari più piccole e locali saranno interessate dalla trasformazione digitale e dai cambiamenti comportamentali generati dalla pandemia. Impossibile guardare al futuro senza avere una mente aperta alle evoluzioni del mercato.



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