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Individuato nel Colosseo il segno di una Croce

Come noto, ogni anno, molti turisti vengono a Roma. Obbligatoria è la tappa che prevede la visita al Colosseo, fosse anche per il solo motivo che, come “Er cuppolone” della Basilica di San Pietro, rappresenta simbolicamente la città eterna. Si tratta della visita di milioni di persone (oltre 5 milioni anno). Tuttavia, pochi sanno che nel corso dei decenni, il famoso Amphitheatrum Flavium (Colosseo)[1], è stato più volte oggetto di indagini.

Con l’intento di suscitare un po’ di curiosità nei nostri lettori riportiamo qui di seguito la scoperta del prof. Guiducci[2], che recentemente nell’ambito delle suddette indagini ha evidenziato un particolare interessantissimo nel corridoio di servizio che immette al terzo livello del Colosseo.

Il disegno di due grandi lettere: la “T” e la “S”!

Pur in presenza di una debole luce che illuminava il passaggio al terzo livello del Colosseo, i disegni dipinti in rosso si distinguevano forse in modo abbastanza visibile sullo sfondo bianco dell’intonaco. È proprio in tale contesto che una mano ignota volle tracciare due grandi lettere. Si tratta, proprio, di una “T” e di una “S”.

Le due lettere sono collegate da un tratto di linea che prosegue curvando in basso verso sinistra fino ad arrivare alla “T”. Tutto ciò pare esprimere: rilievo, risalto, sottolineatura. Allora il prof. Si è posto la seguente domanda: che significato attribuire alle due grandi lettere? Quest’ultime, a un attento esame, non sembrerebbero indicare la prima e ultima lettera di un nome.[3] Darebbero piuttosto l’idea di voler esprimere – pur in una ristretta parte di muro – un’esclamazione. Di esaltare una realtà considerata importante. Una possibile conferma di ciò si potrebbe ricavare proprio dalla linea che collega le due lettere tra loro. A questo punto l’interrogativo è: quale termine può essere contenuto tra la lettera iniziale “T” e quella finale “S”? Un’indicazione potrebbe derivare dalle esclamazioni in uso durante le venationes[4]. Rivedendo vari esempi ci si accorge che esiste una parola-chiave che inizia con “T” e che termina con “S”. Si tratta di “taurus”. Cioè: “toro”. Se si propende per tale lettura le due lettere esprimono allora, in modo sintetico, un’esclamazione molto chiara: “taurus! taurus! taurus!”. Tale grido era ripetuto di frequente dagli spettatori che, specie dai livelli più alti del Colosseo (riservati alla gente del popolo), attendevano l’entrata di un toro aizzato (dai succursores) contro un altro animale (es. elefante)[5], o di un toro spinto contro i taurarii (che lo affrontavano in piedi, con una picca o una lancia), o di un toro che si avventava contro degli inermi condannati a morte.

Proprio questa esclamazione aiuta a ricordare il periodo storico nel quale venne utilizzato un elevato numero di animali nei ‘giochi’ del Colosseo. Tale arco temporale va dall’80 d.C. al 523[6]. È noto, però, che fin dal IV secolo d.C.  cominciò l’uso di prelevare materiali dell’anfiteatro. Nel 523 l’edificio si presentava ormai privo del colonnato. Esistevano gravi danni alla cavea, agli ingressi e in altri punti. Tale fatto motivò probabilmente un’organizzazione delle venationes secondo programmi meno estesi rispetto a quelli, ad esempio, di un Tito o di un Traiano. Si tende, quindi, a ritenere che l’uso dei tori nei ‘giochi’ del Colosseo rimase circoscritto a una fase temporale più ridotta: esigeva, infatti, un sistema di trasporto e di controllo degli animali non indifferente.

Il ritrovamento della ‘crux’

Nel contesto delineato, l’attenzione del prof. Guiducci, è attirata anche da un altro fatto. Vicino alla grande lettera “P”, e comunque tra la medesima lettera e la “S”, si individua il disegno di una croce latina. Le particolarità di quest’ultima sono:

-si tratta di una crux di tipo semplice;

-ha il medesimo colore rosso della “P” e della “S”;

-è vicina alla “P” ma è visibilmente staccata da quest’ultima;

-è posizionata lungo la linea che collega la “P” e la “S”;

-le dimensioni della crux sono molto ridotte rispetto alle già cit. lettere;

-il tratto non è debole; esprime un’intenzionalità precisa;

-la base della crux è rovinata, sembra di scorgere un ‘colle’;

-accanto alla crux ci sono scritte moderne: in alto, a destra, in basso (“MU…T”… “1945”);

-a sinistra della crux non si individuano scritte.

Si pone a questo punto una nuova quaestio: quale interpretazione dare a una crux che non si trova in una zona prossima all’arena? Al riguardo, è da ricordare che più di una ricerca aveva già individuato delle croci nell’anfiteatro Flavio. Ma non posizionate nei livelli superiori.[7] Erano signa fidei. La loro dislocazione è stata individuata presso gli ambienti interni prossimi all’arena, oltre che adiacente ai ricoveri realizzati negli ambulacri I e II a ridosso della viabilità settentrionale. Ora, il ritrovamento di una croce a un livello superiore pone almeno un interrogativo: perché disegnare un signum fidei proprio in un ambiente ‘marginale, poco illuminato, vicino a degli orinatoi? Nascono da qui delle ipotesi.

Le ipotesi sul signum fidei

Con riferimento al ‘signum fidei’ ritrovato di recente si possono annotare alcuni quesiti e cercare di dare delle possibili risposte.

1] La crux è stata dipinta per favorire l’oratio fidelium? L’ipotesi pare debole perché in genere i fedeli avevano la possibilità di pregare direttamente in posti vicini all’arena. Lo attestano i graffiti di croci (cit.). Inoltre, per favorire una sosta davanti alla croce, si poneva quest’ultima in un luogo facilmente accessibile a più persone. Esisteva inoltre una chiesetta.

2] La crux attesta una devotio Crucis? Al riguardo si ricorda che la devotio Crucis venne favorita con il pio esercizio della Via Crucis (1750). Inoltre, proprio sull’arena venne eretta una croce.

3]  La crux è una memoria in presenza della quale si celebravano dei culti? Tale ipotesi non convince perché il disegno è chiaro ma non è posizionato secondo i criteri classici della ‘memoria’ (positio centralis), e soprattutto non si trova in un ambiente adeguato a favorire preghiere corali e meditazioni.

Una possibile tesi

A questo punto, sembrerebbe di essere arrivati a una via senza uscita. E si potrebbe concludere: il disegno della crux fu l’iniziativa isolata di qualcuno che, in un momento di inattività, volle ‘aggiungere’ su un muro anche un signum religioso. Tale tesi, però, è contraddetta da alcune considerazioni.

1. Nessun fedele disegnava una croce ‘per gioco’. Per ‘passatempo’. Senza una ‘motivazione’.

2. La crux sembra essere una ‘risposta’ aggiunta a chi in precedenza aveva disegnato le due lettere “T” ed “S”.

3. Il voler ricondurre l’attenzione di chi transitava in quell’ambiente su un simbolo religioso pare   richiamare dei contenuti: il realismo della croce (sofferenza) e il significato salvifico (Cristo salva).

In tale contesto, sembra emergere una possibile ipotesi. In un contesto ove molte persone morivano nell’arena (anche cristiani), qualche seguace di Gesù di Nazareth volle sottolineare pietas e affidamento. In tal modo, mentre da una parte si esaltava il vigore, la forza, il sangue, la dominanza, dall’altra l’immagine di una piccola croce, abbastanza celata (per le persecuzioni?)[8], venne utilizzata per richiamare un’altra realtà. Dolorosa. Ma salvifica.

ALCUNE INDICAZIONI BIBLIOGRAFICHE

AA.VV, Il Colosseo, a cura di A. Gabucci, Electa, Milano 1999.

AA.VV., La Croce. Iconografia e interpretazione (secoli I-inizio XVI). Vol. 1: ‘Dal mondo pagano al Cristianesimo. Croce e iconografia nel periodo patristico’, a cura di B. Ulianich, Elio de Rosa Editore, Roma 2007.

AA.VV., Temi di iconografia paleocristiana, a cura di F. Bisconti, Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, Città del Vaticano 2000.

A. Amore, I Martiri di Roma, a cura di A. Bonfiglio, Tau Editrice, Pian di Porto (Todi) 2013.

G.-H.  Baudry, Simboli cristiani delle origini. I-VII secolo, Jaca Book, Milano 2016.

A. Carfora, I cristiani ai leoni. I martiri cristiani nel contesto mediatico dei giochi gladiatori, Il Pozzo di Giacobbe Editore, Trapani 2009.

C. Carletti, Epigrafia dei cristiani in Occidente dal III al VII secolo. Ideologia e prassi, Edipuglia, Bari 2008.

C. Corti, La croce nei primi quattro secoli. Dal buio alla luce, San Paolo, Cinisello Balsamo 2013.

Graffiti latini, a cura di L. Canali e di G. Cavallo, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano 1998.

J. Daniélou, I simboli cristiani primitivi, Edizioni Arkeios, Roma 2000.

M. Guarducci, Misteri dell’alfabeto. Enigmistica degli antichi cristiani, Rusconi, Milano 1993.

P.L. Guiducci, Nell’ora della prova. La testimonianza dei martiri cristiani a Roma dal I al IV secolo, Albatros-Il Filo, Roma 2017.

C. Lo Giudice, L’impiego degli animali negli spettacoli romani. Venatio e damnatio ad bestias, in: ‘Italies’, 12, 2008, pp. 361-395. Cf  https://italies.revues.org/1374.

Marziale, Liber de spectaculis.  Il testo fu scritto nell’80 d.C. per raccontare e celebrare l’inaugurazione dell’anfiteatro Flavio da parte di Tito.

F. Meijer, Un giorno al Colosseo. Il mondo dei gladiatori, Laterza, Bari-Roma 2006 (II ed.).

Seneca, Epistulae morales ad Lucilium. Questo filosofo esecra le esecuzioni dei condannati a morte.

R. Rea, Il Colosseo, teatro per gli spettacoli di caccia. Le fonti e i reperti, in: AA.VV., ‘Sangue e arena’, a cura di A. La Regina, Electa, Milano 2001, pp. 223-243.

P. Sabbatini Tumolesi, Epigrafia anfiteatrale dell’occidente romano, vol. I, Quasar, Roma 1988.

P. Testini, Archeologia cristiana, EdiPuglia, Bari 1980.

M.C. Tocci, Dal simbolo solare al signum crucis. Archeologia dell’idea per un’immagine, Editoriale Progetto 2000, Cosenza 2013.


[1] Si tratta di un anfiteatro di forma ellittica. La circonferenza è di 527 m.  L’asse maggiore: 188 metri, quello minore 156. L’altezza è di 57 m. L’edificio era in grado di contenere fino a 70mila posti. L’arena misura 76 m x 46 m. I primi tre piani sono costituiti da arcate inquadrate da semicolonne. Il quarto piano è scompartito da lesene. Vi erano inseriti i pali che sorreggevano il grande velarium a spicchi che serviva a riparare gli spettatori dal sole.

[2] Giurista e storico italiano. Università Cattolica del Sacro Cuore – Pontificia Università Lateranense ( testo integrale: https://www.pierluigiguiducci.it/wp-content/uploads/2015/09/Nuove-scoperte-Colosseo.pdf )

[3] Esempi: Tarsicius, Theseus. La tendenza non era di indicare nomi annotando di questi la prima e l’ultima lettera. Si scriveva il nome intero.

[4] caccia e uccisione di animali selvatici

[5] Su questo punto cf il Liber de spectaculis dello scrittore latino Marco Valerio Marziale. Seneca fa riferimento a un toro e a un orso legati insieme e incitati a massacrarsi a vicenda, per finire poi uccisi da un confector, che dà loro il colpo di grazia (Sull’ira, 3, 43, 2).

[6] ultime venationes promosse da Anicius Maximus

[7] R. Rea, Graffiti e targhe proprietarie, op. cit., p. 233.

[8] Le persecuzioni anticristiane ebbero termine con l’Accordo di Milano del 313 d.C. tra Costantino e Licinio.



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