Si dice franco, senza ricorrere a troppe distinzioni: ma una moneta con questo nome esisteva in Francia, in Belgio, in Svizzera, che non faceva e non fa parte degli organismi europei (è comunque non estranea agli sviluppi dell’euro), e in vari altri Paesi.
Era il 1360 quando il re francese Giovanni II detto il Buono fece coniare una moneta d’oro con l’immagine di un cavaliere franco, dal quale prese il nome. Un altro mezzo di scambio era il tornese, messo in circolazione da Luigi XIII (quello dei Tre Moschettieri) e scomparso in seguito alla riforma decretata da Napoleone Bonaparte. Convertibile o no in oro a seconda dei periodi storici, il vecchio franco fù sostituito nel 1958 da quello nuovo (fine vita con l’introduzione dell’euro), con un rapporto di cento a uno. Mentre si notavano frequenti oscillazioni rispetto al dollaro, il Governo di Parigi cercò di mantenere stabile il rapporto con il marco tedesco, anche per la politica congiunta che ormai da decenni perseguivano i due Paesi confinanti.
Il franco belga, di importanza minore, aveva perso o aumentato il valore per le invasioni tedesche e per il successivo ritorno fra i Paesi vincitori. Dopo alcune svalutazioni rispetto al marco, verificatesi negli anni Settanta, il franco belga ridivenne stabile stabile: e già prima che si parlasse di euro le autorità di Bruxelles premevano per la creazione di un’area economica integrata, comprendente i Paesi Bassi, la Germania e la Francia.
Una curiosità storica è che il franco svizzero – da tempo assai più apprezzato di quello francese e belga – sia divenuto un’unità di scambio ufficiale per ordine del Governo di Parigi. La Confederazione Elvetica poté battere autonomamente moneta solo nel 1848, dapprima coniando pezzi d’argento e, dal 1860, pezzi d’oro. Per lunghi periodi, ancorato appunto all’oro, il franco si fece apprezzare negli ultimi decenni rispetto a tutte le altre valute. Oltre a giovarsi di una politica economica volta alla stabilità monetaria, che forni garanzie anche a tempi lunghi, il franco svizzero ha riscosso effetti positivi dalle altrui difficoltà: quanto più cioè si determinavano crisi all’estero, tanto più gli investitori e gli stessi risparmiatori individuavano il franco come bene-rifugio. La stessa segretezza delle operazioni bancarie in territorio elvetico ha spesso consentito spregiudicate operazioni valutarie. La Svizzera, tradizionalmente neutrale e non toccata da guerre negli ultimi due secoli, si rifiuta in genere di sottoscrivere accordi monetari con altri Paesi. Di fatto però si adeguava alla situazione mondiale, e in specie europea.
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