Era un condannato a morte. Aver ostacolato il Re è stata una grave offesa, ma mai quanto l’aver tradito un amico. E Re Enrico VII ha percepito proprio come un tradimento il comportamento del suo Lord Cancelliere (e amico): quando Tommaso Moro si è rifiutato di accettare l’Atto di Supremazia del re sulla Chiesa in Inghilterra, è stato considerato alla stregua degli uomini più malvagi.
E per questo sarebbe dovuto morire.
Ma non sarebbe morto in modo ordinario. Innanzitutto sarebbe dovuto essere isolato dalla famiglia e dagli amici, per languire tra le spietate mura in pietra della Torre di Londra. E se essere privato del calore, di un adeguato nutrimento e dei servizi igienico-sanitari non fosse stato sufficiente a fargli cambiare giudizio sull’Atto, allora la sua sorte sarebbe stata segnata. L’accusa ufficiale di tradimento sarebbe stata una mera formalità. E la sentenza?
Quella di essere “condotto dalla Città di Londra a Tyburn, dove sarebbe stato appeso fino a lasciarlo mezzo morto; poi, ancora vivo dovrà essere torturato, le sue parti intime tagliate, la sua pancia strappata fuori, le sue viscere bruciate, le sue spoglie divise in quattro e adagiate sui quattro cancelli della Città e la sua testa issata su London Bridge”.
Ma sicuramente Tommaso Moro, che era un avvocato, lo sapeva. Dopotutto questa era la sentenza tipica per l’alto tradimento. Deve aver pensato costantemente a quell’eventualità durante gli oltre 14 mesi trascorsi miserabilmente nella cella della Torre, tra pulci e spifferi.
Ma anche in quella fase Tommaso Moro è rimasto fedele. Spaventato? Certamente. Disperato? Probabilmente, a volte. Ma fedele.
E in quelle tenebre che tutto consumano – tra lettere scritte ad amici e veri e propri capolavori (Dialogo del conforto nelle tribolazioni, Trattato sulla Passione di Cristo e The Sadness of Christ) – ha offerto anche questa preghiera.
“Concedimi, o Signore, la grazia di disprezzare le cose del mondo; di rivolgere solo a Te i miei pensieri; di non dipendere dal frastuono delle bocche degli uomini. Di essere contento della solitudine; di non desiderare compagnie terrene; di sottrarmi poco a poco al mondo, così che la mia mente possa liberarsi della sua concitazione; di non desiderare di ascoltare frivolezze; che le fantasie del mondo possano suonare sgradite al mio orecchio. Di pensare a Dio con letizia; di invocarne l’aiuto misericordioso; di abbandonarmi al conforto di Dio; di amarlo incessantemente. Di riconoscere la mia viltà e la mia miseria; di umiliarmi arrendevole alla potente mano di Dio; di pentirmi dei peccati commessi, sì da sopportare paziente le avversità per la loro remissione; di sopportare qui il mio Purgatorio; di gioire nelle tribolazioni; di attraversare gli angusti sentieri che conducono alla vita. Di portare la croce con Cristo; di ricordare le cose supreme; di avere sempre davanti agli occhi la mia morte, che mi è sempre vicina; di non ritenere la morte a me estranea; di meditare sempre sulle fiamme eterne dell’Inferno; di invocare il perdono di Dio prima che venga emessa la sentenza. Di avere sempre in mente la passione che Cristo patì per me; di essergli incessantemente grato dei suoi benefici. Di riscattare il tempo perduto; di astenermi dalle vane ciance; di rifuggire dai divertimenti sciocchi; di astenermi dagli svaghi inutili; di considerare nulle le perdite delle sostanze, degli amici, della libertà, di tutto, per la vittoria di Cristo. Di considerare i miei più accaniti nemici come i miei migliori amici. Perché i fratelli di Giuseppe non avrebbero potuto mai fargli bene maggiore, con il loro amore ed il loro affetto, di quello che gli fecero con il loro odio e la loro malizia.”
Il 6 luglio 1535 Tommaso Moro è stato decapitato (la sentenza iniziale, ben più raccapricciante, è stata poi commutata dal Re) e la sua testa lasciata su un palo per un mese, a monito dei potenziali traditori. Quattrocento anni dopo, Papa Pio XI ha canonizzato San Tommaso Moro.
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Trovare in se stesso la fede x Gesù e sentirsi di voler espiare x imitare la sofferenza donandola come fedeltà suprema è un atto di coraggio e di forte fede che lo portano alla morte conscio del suo destino
Che Uomo Straorfinario,!
Anzi,nonsembra un Essere Umano,ma una proiezione del Divino.
Un uomo di ammirevole statura morale. Fedele agli insegnamenti del Vangelo fino alla fine. Un grande Santo.