Quest’anno ricorre il centenario della nascita della grande scrittrice Elsa Morante (Roma, 18 agosto 1912 – Roma, 25 novembre 1985), scrittrice, saggista, poetessa e traduttrice italiana. È considerata da alcuni critici una tra le più importanti autrici di romanzi del dopoguerra. Figlia di una maestra, non frequentò la scuola e, autodidatta, imparò a leggere e scrivere.
Iniziò giovanissima a scrivere favole e filastrocche per bambini, poesie e brevi racconti, che dal 1933 furono via via pubblicati su varie riviste di diversa natura, tra le quali si ricordano il “Corriere dei piccoli”, il “Meridiano di Roma”, “I diritti della scuola” e soprattutto “Oggi”. Ed il suo primo libro fu proprio una raccolta d’alcune di queste sue storie giovanili, Il gioco segreto[1], poi nel 1942, scrisse un libro per ragazzi, intitolato “Le bellissime avventure di Caterì dalla trecciolina”.
Nel 1936 conobbe e successivamente sposò lo scrittore Alberto Moravia; insieme frequentarono gli scrittori e uomini di pensiero italiani più eminenti del tempo, tra cui Pier Paolo Pasolini, Umberto Saba.
Tuttavia, l’opera che la portò alla ribalta è “Menzogna e sortilegio” (1948, premio Viareggio), la cui vicenda[2] precisa la vocazione favolosa e magica della scrittrice nei suoi termini di angosciosa separazione dalla realtà, confermata, poi, nell’altro famoso romanzo “L’isola di Arturo” (1957)[3].
Ma il libro che ha segnato una svolta nella poetica della scrittrice è certamente “Il mondo salvato dai ragazzini” (1968), un poema epico-lirico-didascalico in versi sciolti e rimati, regolari e irregolari tendenzialmente utopico; carattere, quest’ultimo, che è, poi, anche alla base del più discusso romanzo della Morante e, cioè, quel vasto affresco intitolato La storia (1974)[4]. Un romanzo che esplicita invece uno «scandaloso» rifiuto della storia, opponendo problematicamente il mondo «fanciullo» e «povero» a un mondo fittizio, generatore di morte.
Infine nell’ultimo romanzo di Elsa Morante fu Aracoeli[5], pubblicato nel 1982 con tratti più angosciati e sconvolti, la prosa conferma il carattere fondamentale del suo fascino sottile: un equilibrio miracoloso tra il candore magico-evocativo e la sottile capacità di penetrazione psicologica.
Ammalatasi in seguito a una frattura del femore, tentò il suicidio nel 1983. Nel 1984 ricevette il Prix Médicis[6] per il romanzo Aracoeli. Morì nel 1985 a seguito di un infarto dopo una seconda operazione chirurgica.
[1] Pubblicato nel 1941 da Garzanti.
[2] Si parla della decadenza di una famiglia gentilizia del sud, attraverso la ricostruzione allucinata che ne fa una giovane donna sempre rinchiusa nella sua stanza.
[3] Storia della difficile maturazione di un ragazzo che vive come segregato nel paesaggio immobile dell’isola di Procida, all’ombra del grande penitenziario.
[4] Che racconta l’odissea bellica dell’Italia e del mondo (1941- 47) riflessa nell’umile microcosmo d’una famigliola romana, composta da una donna spaurita e immatura, da un ragazzotto, da un bambino e da un paio di cani.
[5] Si narra del ritratto dolente di un personaggio «diverso», disperatamente proteso a ricostruire – attraverso un viaggio che non è solo della memoria – l’amata figura materna, perduta e ormai irraggiungibile.
[6] Si tratta di un premio letterario francese fondato da Gala Barbisan e Jean-Pierre Giraudoux nel 1958 al fine di premiare un romanzo, un racconto, una raccolta di novelle di autori debuttanti o che non hanno ancora una notorietà pari al loro talento.
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