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L’imperativo della banda larga

Internet ha bisogno di più banda larga. Questa rappresenta un vantaggio competitivo e certamente uno strumento fondamentale per lo sviluppo e l’innovazione economica. Una scelta importante sul futuro di internet e delle reti a banda larga, almeno per quanto riguarda l’Europa, sarà presa dal Parlamento Europeo, chiamato a decidere se regolamentare la rete oppure no. In discussione c’è una proposta chiara quanto controversa: regolamentare le modalità con cui i fornitori di accesso alla rete (Isp) gestiscono i dati prodotti e veicolati in rete dagli utenti. II tema è quello della “neutralità della rete”, idea per cui tutti i dati scambiati sono da considerarsi uguali, senza discriminazioni. Chi fornisce accesso non potrà applicare regole o tariffe diverse a seconda del tipo di informazione che l’utente processa. Per i sostenitori della “net neutrality”, un file audio scaricato da un ragazzino deve essere considerato uguale al pacchetto video scambiato durante un’operazione di telemedicina. Il ragazzino deve godere della stessa porzione di banda del professionista. Fin qui tutto bene. Ma cosa succederebbe se il traffico fosse intenso e la banda a disposizione limitata? Entrambi subirebbero un rallentamento con conseguenze pesanti che chi naviga conosce bene. Il principio di neutralità è teoricamente sacrosanto, si fonda su principi di equità e libertà, come sostengono gli stessi inventori della rete. La realtà purtroppo però è diversa: ci dice che la banda a disposizione può scarseggiare, è tanto più limitata quanto maggiore è il numero degli utenti che la utilizzano e delle attività che svolgono. È come per le strade: anche per i trasporti, si sono dovute stabilire corsie preferenziali, esenzioni o pedaggi calibrati sul tipo di veicolo e di scopo. Più siamo, più troviamo nella rete una risorsa di crescita economica, sociale e culturale, ma anche un sempre maggiore bisogno di connessioni veloci e alti rischi di congestionamento. Ci vuole più banda, servono infrastrutture migliori. Il problema è che, come il caso italiano dimostra le infrastrutture di comunicazione hanno costi molto elevati. Il mercato smentirà il rischio di una congestione irreversibile, le sue dinamiche sono tali per cui si troveranno gli strumenti per rispondere alla richiesta esponenziale di banda larga. Resta tuttavia un problema: capire se e quanto tempestiva sarà la risposta del mercato; se le risorse a disposizione sono sufficienti; e soprattutto se giustificano il rischio imprenditoriale. I sostenitori della “neutralità” la fanno facile. Invece il problema è molto serio e deve essere risolto al più presto se vogliamo restare collegati con l’arena globale. Per il nostro Paese la banda larga è un imperativo perché al momento, proclami a parte e nonostante i buoni passi in avanti degli ultimi anni, siamo messi peggio del resto d’Europa. La sfida è quella di concedere a un numero sempre maggiore di utenti l’accesso a reti tecnologicamente avanzate, possibilmente a basso costo: ma è sempre da queste reti che dipende l’innovazione e la potenziale crescita sociale ed economica del Paese. Dalla banda larga dipende lo sviluppo di conoscenze, servizi e strumenti per le imprese, i professionisti e i ricercatori, dipende la nostra stesa salute. La telemedicina sarà sempre più rilevante, come il telelavoro, che rivoluzionerà finalmente l’organizzazione del lavoro, tuttora ancorata a logiche di economia industriale aiutandoci anche a ridurre inquinamento e traffico. O ancora, lo studio a distanza, che aiuterebbe a migliorare il basso livello di specializzazione dei nostri giovani e ad aggiornare il personale pubblico e amministrativo. Il potenziale della rete è immenso ma, per poterlo sfruttare al meglio e in tempi brevi, professionisti, imprese, ricercatori e studenti hanno bisogno della banda larga. Come per il traffico sulle strade, anche internet ha i suoi momenti di punta che possono causare un “intasamento”, cioè la paralisi del flusso delle informazioni, e magari impedire il passaggio di servizi vitali. La soluzione finora adottata da molti, di differenziare l’informazione assegnando, per esempio, maggiore banda a un utente che sta inviando dati sanitari rispetto a uno che invia email indesiderate o scarica file illegali, ha avuto successo. Ma questo modo di operare non piace ai sostenitori della “neutralità”, che sembrano essere in parecchi, soprattutto a Bruxelles, dove amano particolarmente regolamentare tutto, ora anche internet. Questo non sarà un modello teoricamente, perfetto, ma fino a oggi ha permesso a centinaia di milioni di utenti di accedere a Internet, sviluppando conoscenze e una quantità infinita di nuove attività, oltre a permettere a regioni arretrate di muovere verso maggiore sviluppo, prosperità e alfabetizzazione.

Omnia munda mundis. La proposta di regolamentare la “neutralità” della rete è, a nostro parere, una bella e inutile illusione. Non aiuterebbe a portare alcun concreto miglioramento al fabbisogno di infrastrutture di cui Europa e Italia hanno urgente necessità. Non aiuterebbe nemmeno a ridurre i costi per i consumatori.



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