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Un milione di terremoti

Sotto i nostri piedi, tra l’Europa e l’Asia, striscia un “serpente” di rocce e di fuoco. Che cosa sono i terremoti? Qual è la loro causa? È possibile prevederli? Oggi la scienza dei terremoti, chiamata Sismologia, è in grado di rispondere almeno in parte a queste domande. Si calcola che in un anno il nostro pianeta sia scosso da un milione di sismi: tremila al giorno. Se riportiamo su un mappamondo i terremoti avvertiti in un periodo di tempo abbastanza lungo (diciamo una decina di anni), ci accorgiamo immediatamente di un fatto che esprimeva già molto chiaramente uno scienziato del Settecento, Buffon: «Dove la Terra ha tremato, tornerà a tremare». Insomma, i terremoti si ripetono sempre nelle stesse zone. L’ottanta per cento dei terremoti avviene lungo una “cintura” attorno all’Oceano Pacifico e ha il suo punto di massima intensità vicino al Giappone. Un’altra linea “ballerina” si stacca da quella del Pacifico, corre lungo l’Himalaia, arriva al Medio Oriente e alla Turchia, passa per l’Italia attraverso il Friuli e raggiunge i Pirenei. Una zona sismica sottomarina corrisponde alla lunga catena di vulcani sommersi che si innalzano sul fondo dell’Oceano Atlantico.

 La deriva dei continenti

Perché questa distribuzione dei terremoti? Lo si è capito solo negli ultimi decenni, quando è stata ripresa e perfezionata la “teoria della deriva dei continenti” già elaborata da Alfred Wegener nel 1911. I continenti (ma anche certi fondali oceanici) “galleggiano” infatti su uno strato della terra relativamente fluido, chiamato mantello. E un po’ come se i continenti fossero delle zattere. Il loro moto però è lentissimo: di pochi centimetri all’anno. Basta però avere pazienza, e le “zatterecontinenti” possono percorrere anche distanze enormi. Per esempio 150 milioni di anni fa le Americhe erano ancora saldate all’Africa e all’Europa. Poi hanno cominciato ad allontanarsi, e ne è nato l’Oceano Atlantico: continua a crescere ancora oggi, di 4 centimetri all’anno.

Quando si scontrano due “zattere”

Le “zattere” principali sono una decina, non tutte corrispondenti a un continente o a una parte di esso: i terremoti si producono nelle regioni dove due “zattere” (che i geofisici chiamano placche o zolle) si scontrano o si sfiorano, o si immergono l’una sotto l’altra. La zolla africana preme contro la zolla europea: per questo si è formato il corrugamento delle Alpi e si ripetono forti terremoti in Turchia, in Grecia e in Italia. Quanto all’India, una volta era un’isola vicino all’Africa meridionale, poi si è spostata verso l’Asia, contro cui si è scontrata: ne è nata la catena dell’Himalaia, e poiché la pressione della zolla indiana contro la zolla asiatica continua, anche qui i terremoti sono frequenti. In un certo senso la previsione dei terremoti è facile: conosciamo bene i confini tra le zolle e sappiamo che sono sismicamente pericolose. Questo però è un po’ come prevedere che in autunno pioverà. Non serve saperlo genericamente: occorre sapere esattamente in quale giorno e ora. La previsione dei terremoti rimane, da questo punto di vista, molto incerta.

Si potrà “controllare” l’attività sismica?

Si infittiscono però gli indizi che annunciano le scosse, a condizione di saperli interpretare. Prima dei forti terremoti cambia la velocità delle onde sismiche, varia la resistenza elettrica delle rocce e la percentuale di radon (un gas radioattivo rilevabile anche in dosi minime) nelle acque dei pozzi profondi. Negli Stati Uniti, in Giappone e in Cina esistono fitte reti di stazioni Sismologiche per tenere sotto controllo i terremoti e possibilmente prevederli. C’è anche la speranza di riuscire, un giorno, a impedire i terremoti. Negli Stati Uniti si è provato a iniettare acque di scarico in pozzi profondi vicino a Denver e si è visto che, entro certi limiti, era possibile aumentare o diminuire l’attività sismica. In futuro, sostengono i geologi, potremmo essere in grado di modificare i terremoti con iniezioni di fluidi, liberando gradualmente l’energia elastica che si accumula in certi punti della crosta terrestre. La scienza spesso avanza più rapidamente di quanto ci si attende, e gli studi sulla possibilità di controllare i terremoti meritino di essere incoraggiati.

Le regioni ad alto rischio in Italia

Quasi tutta L’Italia è esposta al rischio dei terremoti. È stata disegnata una carta sismica dell’Italia compilata in base ai dati di 25 mila terremoti registrati nei nostro Paese durante gli ultimi mille anni. Le zone sicure sono ben poche: la Sardegna, una parte del Piemonte, della Lombardia e del Trentino Alto Adige, una fascia costiera tra Toscana e Lazio, e la parte meridionale della Puglia. Le zone dove il rischio è più alto sono invece tra la Sicilia e la Calabria (nel 1908 il terremoto di Messina sterminò 178 mila persone), tra la Lucania e la Campania e nell’Appennino centrale.



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