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I valdesi, mazziniani col grembiulino

Risorgimento. Uno studioso protestante svela i legami occulti tra massoneria e Riforma in Italia
Fra il 1784 e il 1787 (notate le date: è imminente la Rivoluzione francese) un personaggio misterioso percorre l’Italia. Si chiama Friedrich Muenter. È un giovane danese d’origine tedesca, figlio di un celebre pastore luterano, e teologo lui stesso. Ma (come il padre pastore, del resto) è entrato a 19 anni in una loggia massonica, ed ora è membro degli Illuminati di Baviera: la segretissima loggia dove Adam Weishaupt (“Spartacus”) rivela agli adepti l’ultima verità gnostica: un programma radicalmente materialista, comunista e libertario, eversivo politicamente: la proprietà privata va abolita, le donne e i beni in comune, nessun Dio esiste.

La setta degli Illuminati, scoperta e apparentemente smantellata in Baviera, costituirà uno dei “cuori” ideologici dell’estremismo rivoluzionario. Friedrich percorre l’Italia appunto per estendere anche nella penisola la struttura segreta e l’ideologia degli Illuminati. A Torino s’interessa molto ai valdesi, la piccola comunità protestante che dal ‘200 vive, confinata e discriminata, nella Val Pellice. È l’ambasciatore inglese Trevor a fornirgli le notizie di cui ha bisogno. Infine, ha colloqui cordiali con il pastore valdese Pietro Geymet e con Giacomo Marauda, un intellettuale della comunità. Da quel momento i due esibiscono un nuovo, e caratteristico, radicalismo politico e sociale. Forse Muenter li ha affiliati quali potenziali rivoluzionari?

 

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Lo storico Augusto Comba pone la domanda nel suo straordinario saggio «Valdesi e Massoneria. Due minoranze a confronto» (Claudiana, pagine 189, lire 25 mila) senza poter dare risposte decisive: per definizione, la storia occulta non lascia troppi documenti negli archivi. Ma quel che Comba, lui stesso valdese, scopre e rivela è già sufficiente a illuminare aspetti di quel cono d’ombra degli eventi storici, che procura a chi li indaga la qualifica di “complottisti”.

Certo è che i valdesi aderiscono con entusiasmo alla Rivoluzione, e con una connotazione di sinistra che insospettisce il restauratore Bonaparte. Nel 1802, i funzionari napoleonici della Repubblica Cisalpina sopprimono la loggia massonica piemontese «La Réunion». Benché Napoleone abbia fatto della massoneria “un’organizzazione ufficiale utilizzata dal dominio francese”, a «La Réunion», e proprio attorno al valdese Sebastiano Giraud, s’è formata una conventicola di Illuminati egualitari.

Caratteristico, ad esempio, il ruolo dell’ambasciatore britannico nel Regno di Sardegna a tenere le fila, o a influenzare, le trame cospiratorie progressiste. Così come la documentata partecipazione, in numero altissimo rispetto all’esiguità del gruppo (i valdesi sono oggi 30 mila) di personalità valdesi, oltre che di massoni e di ebrei, al Risorgimento; e per di più militanti nell’ala mazziniana, “repubblicana”.

E così s’intuisce e si spiega come i valdesi, con i massoni (e in parte gli ebrei) siano per lo più schierati, nell’Italia unita, sulle posizioni della borghesia radicale e socialista; oppositori intransigenti, insieme, alla dittatura fascista; animatori prima e dopo del Partito socialista, i valdesi, famosi (come gli Spini) o no, sono ancor oggi vicini alla sinistra laicista.

L’intreccio, e la fusione. con la massoneria del resto si spiegano – dice Comba – con gli stessi motivi che valgono per la comunità israelitica e ogni altra minoranza discriminata: “Il presupposto anticlericale, l’influenza anglosassone, la coincidenza di linee politiche riformiste o progressiste… Molti protestanti vedevano la massoneria come luogo extra-ecclesiale nel quale trascrivere su un piano istituzionale e sociale i valori condivisi”. Il Risorgimento fu intimamente animato da questo “masso-evangelismo”. Ancora nel 1886 l’eminente “fratello” Giacomo Dall’Orso scriveva al pastore valdese di Genova Amedeo Bert: “Esistono in Genova chiese evangelico-protestanti? Quale azione vi esercitano nel combattere il nemico comune?”. Il “nemico comune” era, ovviamente, la Chiesa cattolica.

tratto da: Avvenire, 22.6.2000


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