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Pietro Bernini vs. Fejienoord

Le scene dei tifosi del Fejienoord che deturpavano, con la loro presenza e le immancabili lattine di birra, la fontana di Pietro Bernini a P.zza di Spagna, in alcuni servizi televisivi si sono alternate a riprese della loro città, Rotterdam, in cui si vedevano costruzioni contemporanee – classificabili come oggetti di design alla scala urbana anziché a quella domestica – che connotavano gli spazi urbani con facciate a spigolo, piegate, colorate, con finestre pensate per l’effetto scenico più che per dare la giusta luce naturale agli utenti di quelle costruzioni. Virtuosismi dell’architettura autoreferenziale degli ultimi decenni che a Rotterdam ha uno dei maestri più autorevoli.

Quei tifosi, che nel migliore dei casi hanno osservato, in vita loro solo,  questi prodotti del design urbano – frutto di capacità artistica supportata da atelier in cui la forma viene ricercata con il supporto di strumenti informatici, di studi di modellistica, di grafici, di ingegneri in grado di disegnare il costruttivo di qualsiasi forma – sono apparsi dei super-barbari cui era impossibile comprendere che stavano lanciando lattine contro un’opera nata dall’arte irraggiungibile e dalla forza di un uomo che aveva scelto dei blocchi di marmo e, con scalpello e martello, ne aveva tirato fuori una scultura dalle forme che resteranno insuperabili, come le sinfonie di Beethoven o le opere di Mozart, di Puccini, di Verdi.  Ignari della maleducazione che forse da secoli in quella piazza non si era mai vista (anche perché sarebbe stata repressa sul nascere, a differenza di quanto avvenuto in questa circostanza). Ignari del privilegio che avevano di stare nella città di Roma, che offriva loro la possibilità di toccare quest’opera esposta in forma permanente all’aperto.  Una scultura che da sola vale più di tutto quanto è possibile vedere di artistico, all’aperto,  nell’intera loro città.

Questi ragazzoni ubriachi sono del resto cresciuti in una città dove domina il mercato. Mercato che, così come è ben spiegato in un  articolo di Massimo Ilardi:

lavora per ridurre la città in una metropoli a scintillanti e colorate superfici, l’architettura alla costruzione di un mondo di immagini che facciano spettacolo e pubblicità e l’architetto a uomo mediatico che deve imbonire la gente”.

Mercato che, in questa opera di conquista del volto della città, ha trovato proprio a Rotterdam il suo “profeta” più accreditato nel Rem Koolhaas autore del testo “Junkspace, per un ripensamento radicale dello spazio urbano” Quodlibet 2006, a cura di Gabriele Mastrigli. “Un sottotitolo forte ma fuorviante perché nasconde la natura profondamente antipolitica e per nulla radicale, anzi garante dello status quo, degli scritti dell’architetto olandese e che ne fa una specie di cospiratore in favore dell’ordine costituito. Ma intanto una premessa: sono d’accordo con l’indicazione del curatore che invita a leggere il volume come l’incarnazione di un progetto didascalico ma deliberatamente senza futuro, per il quale non a caso abbandona il ruolo rassicurante dell’archistar, assumendo l’atteggiamento lucido, aggressivo scettico, a tratti pessimista, dello scrittore.” (M. Ilardi)



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