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BASILICA DI SAN SEBASTIANO FUORI LE MURA

Via Appia Antica, 136, 00179 Roma – Lat.: 41° 51′ 21.45” N  – Long: 12° 30′ 58.64” E

La basilica di San Sebastiano fuori le mura si trova a Roma, sulla via Appia Antica, ed è una delle “sette chiese” visitate dai pellegrini in occasione del Giubileo. La visita alle “sette chiese” costituisce un’antichissima pratica devozionale che, nella forma stabilita da Gregorio Magno (590-604), ma con diverso spirito, venne riproposta da San Filippo Neri secondo un modello rimasto sostanzialmente invariato fino ai nostri giorni.

Esso consiste in un pellegrinaggio a piedi di 20 chilometri circa attraverso le principali chiese della città. Le “sette chiese” sono: San Sebastiano fuori le mura, San Pietro in Vaticano, San Paolo fuori le mura, San Giovanni in Laterano, San Lorenzo fuori le mura, Santa Maria Maggiore, Santa Croce in Gerusalemme.

In questa occasione ci occuperemo di San Sebastiano fuori le mura.

Storia

Nel IV secolo fu edificata la prima chiesa di San Sebastiano, sul luogo dove, secondo la tradizione, erano state trasferite nel 258 le reliquie degli apostoli Pietro e Paolo per proteggerle da possibili furti. Ritornate successivamente le reliquie nelle loro sedi originarie (cioè in San Pietro in Vaticano e in San Paolo sulla via Ostiense), agli inizi del IV secolo nelle catacombe sottostanti la chiesa furono deposte le reliquie del martire romano Sebastiano. L’imperatore Costantino, nella prima metà del IV secolo fece edificare sopra le catacombe una vasta basilica, che fu dedicata inizialmente alla Memoria Apostolorum e che successivamente assunse l’ attuale denominazione.

La chiesa ricevette l’attributo “fuori le mura”  in riferimento alla collocazione posta al di fuori delle Mura aureliane e serviva a distinguerla dall’altra chiesa di Roma dedicata a San Sebastiano, quella del Palatino; ricevette inoltre l’attributo  Ad Catacumbas per le catacombe sulle quali venne costruita.

I resti mortali di San Sebastiano furono trasferiti nell’826 dalla chiesa di San Sebastiano alla basilica di San Pietro in Vaticano, per il timore di un assalto dei Saraceni, che si materializzò, causando la devastazione del tempio. Il luogo di culto fu riedificato da papa Nicola I (858867) e l’altare del martire fu riconsacrato da papa Onorio III su richiesta dei cistercensi, che ricevettero la cura della chiesa.

L’ attuale chiesa superiore di San Sebastiano risale alla ricostruzione ordinata nel XVII secolo dal cardinale Scipione Borghese e realizzata su progetto dell’ architetto Flaminio Ponzio.

La basilica costantiniana

L’imperatore Costantino fece costruire la primitiva basilica secondo il modello circiforme a tre navate e preceduta da un grande atrio quadrangolare, modello riscontrabile anche nelle altre basiliche fatte erigere dall’imperatore nelle chiese di  San Lorenzo sulla via Tiburtina e Sant’Agnese sulla via Nomentana.  Un vasto settore della basilica costantiniana fu utilizzato per la ricostruzione del XVII secolo,  in particolare la nuova chiesa occupò l’antica navata centrale.

Nel 1933 furono ricostruite le navate utilizzando il deambulatorio che correva attorno alla basilica del IV secolo: nella navata di destra oggi sono raccolti manufatti provenienti dalle catacombe sottostanti, ed è posta l’entrata al cimitero ipogeo; nella navata di sinistra vi è una delle uscite della catacomba ed un museo epigrafico.

L’attuale basilica

L’attuale chiesa di San Sebastiano risale al XVII secolo, frutto della complessa ristrutturazione della basilica paleocristiana inizialmente intitolata agli apostoli Pietro e Paolo e sorta al di sopra di un complesso prima sepolcrale e poi cultuale il cui sviluppo inizia nel corso del I sec. d.C.

La Facciata principale

La basilica affaccia sulla via Appia Antica, la facciata risale al XVII secolo e si deve, insieme ad una ristrutturazione totale, al mecenatismo del cardinale Scipione Borghese che per l’operazione coinvolse il suo architetto di fiducia, Flaminio Ponzio.

La facciata ha un portico al piano terra inquadrato da paraste in mattoni ed aperto con tre archi, che hanno piedritti di ordine ionico: il centrale è diviso dai laterali da una coppia di colonne binate di granito rosso di Puglia, mentre i laterali sono delimitati da una colonna di granito bigio d’Egitto e da un pilastro. Il piano superiore, anch’esso inquadrato ai lati da paraste in laterizio, presenta, in corrispondenza degli archi inferiori, tre grandi finestre coronate da timpani curvi: esse hanno cornici decorate da draghi dello stemma Borghese, mentre le aquile compaiono sulla cornice centrale, che ha il timpano sormontato dallo stemma del cardinale Scipione. Le finestre danno luce ad un grande ambiente utilizzato in ambito parrocchiale. La facciata è conclusa in alto da un timpano triangolare nel quale è inserito lo stemma di Paolo V. Al di sopra degli archi dell’ordine inferiore corre l’iscrizione che ricorda l’autore del restauro e l’anno in cui fu fatto: 1612.

All’interno del portico, nella zona centrale, si apre il portale d’ingresso alla chiesa: fu costruito secondo il progetto di Flaminio Ponzio nel 1613 e presenta una semplice cornice marmorea modanata ed un timpano spezzato con al centro un cherubino fra ghirlande. Le lesene laterali sono coronate da testine di putti. I due ingressi laterali immettono, il destro, nella metà orientale dell’antica navatella Nord, nella quale trova posto un lapidario, il sinistro alla ricostruita navatella Sud, nella quale oggi è l’ingresso per le catacombe.

L’interno

L’interno della chiesa è a navata unica, con soffitto ligneo intagliato, dove sono presenti gli stemmi di papa Gregorio XVI, del cardinale Scipione Borghese e raffigurato il santo titolare Sebastiano.

La navata centrale termina con l’arco trionfale, che immette al presbiterio a pianta quadrata, sormontato da una cupola. L’altare maggiore è composto da un’edicola con quattro colonne, opera di Flaminio Ponzio. In esso si trovano una tela raffigurante la Crocifissione di Innocenzo Tacconi, e ai lati Busti dei santi Pietro e Paolo di Nicolas Cordier.

Sul lato sinistro si trova la lapide di papa Damaso I con l’elogio funebre del martire Eutichio, scolpita da Furio Dionisio Filocalo; la cappella di San Sebastiano, costruita da Ciro Ferri nel 1672, con statua del santo di Giuseppe Giorgetti, dove sono conservate le reliquie del martire; la cappella del Crocifisso (antica sacrestia) costruita nel 1727; gli altari laterali dedicati a san Carlo Borromeo e a san Francesco, e in quest’ultimo una tela raffigurante San Francesco in preghiera di Gerolamo Muziano.

Sul lato destro si trova la Cappella delle Reliquie, decorata nel 1625, in cui sono collocate una pietra che recherebbe le impronte dei piedi di Gesù, una delle frecce che trafisse San Sebastiano assieme a parte della colonna alla quale fu legato durante il supplizio; gli altari di Santa Francesca Romana e di San Girolamo; la decoratissima cappella Albani, costruita nel 17061712 dall’architetto Carlo Fontana su commissione di papa Clemente XI Albani, sotto la direzione di Carlo Maratta, con la collaborazione di Alessandro Specchi, Filippo Barigioni e Carlo Fontana.

I restauri

A partire dal 1988 la Soprintendenza per i Beni Architettonici inizia interventi conservativi sulla chiesa. Si iniziò con il rifacimento di alcune coperture, del cupolino della cappella di San Sebastiano, del Museo e di parte del deambulatorio per poi affrontare, in occasione del grande Giubileo del 2000, due importanti lavori: il primo, sul soffitto ligneo, a cura della Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici e il secondo, sulla facciata a cura della Soprintendenza per i Beni Architettonici di Roma.

In quest’ultimo caso, il funzionario della Soprintendenza, l’architetto Anna Maria Affanni, dopo attente indagini stratigrafiche effettuate sugli intonaci e sui colori, e dopo aver trovato alcune testimonianze nella trabeazione in travertino e negli stemmi in marmo, ha coraggiosamente e correttamente deciso di eliminare la falsa colorazione gialla, realizzata nel 1970 dal Genio Civile, per riportare il prospetto al bianco travertino originale. L’intervento ha restituito dignità alla facciata di Flaminio Ponzio, architetto barocco-classicheggiante, autore di altre facciate con tipologie analoghe nel nord Italia.

La scelta è stata quella di dare alla facciata una finitura in “travertino”, consona al ruolo che la basilica aveva nel suo contesto originario.

Dopo approfondimenti bibliografici e archivistici, studi dei caratteri stilistici e dei materiali impiegati da Flaminio Ponzio che se ne occupò tra il 1609 e il 1613 con una concezione altamente conservatrice dei caratteri originari cercando di fondere insieme elementi architettonici dell’antichità, come le colonne in granito ed i capitelli di spoglio, in un linguaggio classicheggiante ben visibile, ad esempio, nella trasposizione dell’antico nartece nel portico dell’ingresso attuale, dopo un attento e meticoloso studio sui dati, dopo le analisi sui campioni di intonaco del prospetto, dopo il rilievo architettonico realizzato si è redatto il progetto di restauro.

Il primo intervento effettuato operativamente è stato quello di eliminare la vegetazione presente nel prospetto, comprese le macchie biancastre di origine micetica per le quali è stato necessario intervenire con un trattamento antifungicida rimosso in seguito con acqua. Successivamente, è stato affrontato l’intervento di pulitura con tecnica mista: acqua nebulizzata su tutta la facciata e pulitura con spazzola di saggina. In specifici casi, in presenza di depositi neri molto resistenti sulla pietra, sono stati applicati impacchi di carbonato di ammonio. Una volta effettuata la pulitura, anche con l’ausilio di idropulitrice a bassa pressione per la parte tinteggiata, è stata effettuata la rimozione meccanica delle vecchie stuccature a cemento, nonché la sostituzione di grappe e perni ossidati con altrettanti in vetroresina e acciaio inox.

Sui settori lapidei più sfaldati è stato necessario un trattamento di silicato di etile per costituire un consolidamento superficiale del materiale. Nello stemma centrale, nei decori delle finestre e in alcuni altri casi, è stato indispensabile l’uso dei microtrapani per l’eliminazione di croste nere resistenti anche all’uso di impacchi.

Il lavoro successivamente ha interessato le stuccature delle numerose lacune. A seconda dei casi sono state effettuate integrazioni con resina acrilica (Primal AC 33), calce Lafarge, polvere di marmo o travertino; il risarcimento è stato realizzato per tutte accostando il colore con l’uso di terre naturali. Molte anche le integrazioni a stucco di singole parti mancanti, maggiormente nella zona dello stemma e nei festoni laterali. Dove le integrazioni in stucco non erano possibili per le dimensioni delle parti o per la collocazione (mensole), sono state effettuare in pietra. La pulitura e la lucidatura delle colonne in granito è stata realizzata con cera micro cristallina (cosmoloide).

L’intonaco nuovo di restauro è stato preparato con calce e pozzolana, al di sopra del quale è stato steso un intonachino composto da calce, sabbia, polvere di travertino e, come finitura, una velatura a terra d’ombra, latte di calce, Primal. Per unificare l’insieme da un punto di vista del colore, su tutte le parti in travertino è stata data una scialba tura ad acqua di calce e terra d’ombra.

Per la copertura della facciata è stato effettuato il rifacimento del manto del tetto, è stata stesa una rete metallica, uno strato impermeabilizzante e stabilizzante e poi sono stati riposizionati i coppi e gli embrici. Sono stati infine alloggiati discendenti nuovi e grondaie in rame collegati con il restante tetto tramite giunti in piombo. Per quanto concerne la protezione di tutte le membrature in aggetto, come le cornici, i timpani delle finestre ed altre sporgenze varie, è stata messa in opera una copertina composta di malta MLM e polvere di travertino, ad eccezione del cornicione orizzontale del timpano dove è stato utilizzato il piombo, e sopra il frontone dove è stata riproposta la copertura “alla romana”.

Recentemente il complesso monumentale è stato interessato da interventi manutentivi, soprattutto alle coperture, progettati e diretti dall’architetto Alessandro De Falco, funzionario della Soprintendenza Architettonica di Roma. Dopo un primo lotto che ha interessato la bonifica di parte delle coperture del deambulatorio, successivamente si è provveduto a progettare il completamento dei lavori delle coperture dello stesso ambiente, attualmente in fase di realizzazione.



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