Durante la prima metà dell’Ottocento, il Romanticismo italiano si è largamente nutrito alla vena patriottico-risorgimentale, rimanendo così lontano e comunque separato dai motivi più propriamente romantici e che venivano sviluppati dalla cultura europea.
Intorno alla metà del secolo, quando il problema italiano sembra indirizzarsi verso una soluzione in cui opera più l’abilità diplomatica che l’ardore giovanile, anche l’entusiasmo, che aveva accompagnato il primo esplodere di patriottismo, si attenua. Non è che si perda l’interesse per la causa italiana, o che subentri negli animi una tendenza al lasciar fare ad altri; sminuisce soltanto la passionalità della prima ora ed il problema non polarizza più intorno a sé la completa attenzione della letteratura. Questa allora, che prima aveva concentrato tutto il suo interesse sul fatto patriottico per alimentare ed improntare i suoi componimenti, può così indirizzare la sua attenzione ad altri aspetti della realtà, ed accogliere quelle intonazioni che il Romanticismo aveva assunto nelle letterature europee.
IL NEO-ROMANTICISMO
Questo indirizzo della nostra letteratura è indicato col nome di secondo romanticismo ed è caratterizzato dal prevalere nei componimenti letterari di motivi vaghi, indeterminati e da atteggiamenti spirituali malinconici, lacrimosi, passionali e da un sentimentalismo troppo sdolcinato. I maggiori rappresentanti di esso furono Giovanni Prati (1814-1884) ed Aleardo Aleardi (1812-1873).Giovanni Prati va ricordato per Edmenegarda, nella quale opera il conflitto individuo-società ed un vittimismo esasperato, ed Armando di cui fa parte il Canto d’Igea.
Il Prati compose inoltre molte liriche che raccolse in Psiche, Iside. Incantesimo è il suo capolavoro. Le sue liriche sono una contemplazione delle piccole cose della natura viste in un’aria di sogno. Incantesimo rappresenta il dominio del sogno, della fantasia e della malinconia. Aleardo Aleardi va ricordato per il poema Monte Circello, nel quale la malinconia domina anche il paesaggio che è quello delle paludi pontine, e per la raccolta di liriche Canti patri, nei quali torna il tema patriottico che l’Aleardi non tratta però con quella spontanea e sincera commozione che fu dei primi romantici: si sente in lui un qualcosa di insincero.
LA SCAPIGLIATURA
La poesia malinconica, la facilità alle lacrime ed il poetare sul vago del secondo Romanticismo stancò ben presto i contemporanei. Si sentì l’esigenza di un maggiore realismo specie in Lombardia, dove era viva la tradizione realista che, muovendo dal Parini e passando per il Manzoni, arriva al Porta. Inoltre l’esigenza che la poesia fondasse le sue radici sulla verità, veniva rafforzata da tutta la corrente culturale della seconda metà dell’Ottocento: questa infatti era l’epoca del positivismo anche in filosofia, che cercava di togliersi dall’area dell’idealismo per indagare appunto sul reale, sul concreto. Del resto che la poesia aderisse al reale era uno dei canoni del Romanticismo. Parve perciò agli Scapigliati milanesi che i poeti del secondo Romanticismo, portando la poesia nella sfera del fantastico o circondandola di una atmosfera troppo sentimentale, malinconica e sdolcinata, l’avessero tolta proprio dalla sfera del reale anche quando la materia di essa poteva essere tolta da un fatto di cronaca, come aveva fatto il Prati con l’Edmenegarda. Gli Scapigliati si proposero di reagire al gusto dei loro contemporanei e, rimanendo nell’ambito del Romanticismo, di creare una poesia più realistica. Senonché caddero anch’essi nel vago e nell’indeterminato ed il loro maggiore realismo si rivelò soltanto in un linguaggio libero che non rifuggiva neppure dal volgare e in un atteggiamento tutto esteriore del loro modo di vivere, o di comportarsi e di vestire. Essi acuirono il conflitto individuo-società, arrivando ad un individualismo accentuato ed asociale e ad una completa anarchia morale. I temi della loro poesia sono per lo più volgari, immorali e spesso cinici. Essi pertanto non rinnovarono la nostra poesia; il loro merito sta tutto nel desiderio di rinnovamento che essi avvertirono e che consegnarono, come esigenza, ad altri. Ebbero però il merito di aver colto la necessità di una maggiore rispondenza tra poesia e vita; fu una esigenza che, liberata dalle loro stravaganze e bizzarrie, sarà raccolta dal verismo. I migliori poeti della Scapigliatura furono Arrigo Boito ed Emilio Praga. Arrigo Boito (1842-1918) in Mefistofele presenta il dissidio dell’anima divisa tra il bene ed il male, uno dei temi più comuni del Romanticismo straniero. Egli fu anche musicista: musicò infatti le sue opere Mefistofele e Nerone e scrisse libretti per altri musicisti, Otello e Falstaff, che furono musicati da Giuseppe Verdi. Molto esaltata la sua favola Re Orso. Emilio Praga (1839-1875) è autore di una raccolta di versi intitolata Penombra. Contemporaneamente a questa poesia che porta tra noi i colori ed i motivi più accentuati del Romanticismo, si svolge una poesia che si rifà ai modi classici nell’intonazione stilistica e linguistica ed è rappresentata da Giacomo Zanella e Giosue Carducci
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