Quest’anno ricorre il 161° anniversario della pubblicazione del famoso romanzo Moby Dick, scritto dallo statunitense Herman Melville[1]. Non tutti forse sanno che il romanzo inizialmente non fu pubblicato negli Stati Uniti, patria dell’autore, bensì in Inghilterra:
la sua prima comparsa risale al giorno 18 ottobre 1851 e la pubblicazione si divide in tre volumi distinti. Il titolo originale è The Whale (La balena). Solo poche settimane più tardi (il giorno 14 novembre) il romanzo trovò pubblicazione negli USA con il titolo Moby Dick; or, the whale, in un singolo classico volume.
Quando fu pubblicato Moby Dick correva il periodo che è stato chiamato il Rinascimento americano[2], infatti, in quegli stessi anni videro la luce diverse opere letterarie come La lettera scarlatta di Nathaniel Hawthorne (1850), La capanna dello zio Tom di Harriet Beecher Stowe (1852) così come Walden (1854) di Henry David Thoreau e la prima edizione di Foglie d’erba di Walt Whitman (1855).
Invece due furono gli avvenimenti reali che costituirono la genesi del racconto di Melville. Uno fu l’affondamento nel 1820 della baleniera Essex di Nantucket, dopo che venne urtata da un enorme capodoglio a 3200 km dalla costa orientale del Sud America. Invece l’altro episodio è la presunta uccisione attorno al 1830 del capodoglio albino Mocha Dick nelle acque al largo dell’isola cilena di Mocha. La leggenda parlò del fatto che Mocha Dick avesse venti o più ramponi conficcatigli nel dorso da altri balenieri, e che sembrava attaccare le navi con una ferocia premeditata.
In estrema sintesi ricordiamo che la trama del libro parla del viaggio di una baleniera, il Pequod, comandata dal capitano Achab, a caccia di capodogli e balene, e in particolare dell’enorme balena bianca (più precisamente un capodoglio) che dà il titolo al romanzo.
II giovane Ismaele incontra in una locanda il polinesiano Quiqueg e con lui s’imbarca sulla baleniera. Solo a navigazione iniziata Ismaele conosce il capitano della nave di cui finora ha sentito favoleggiare dall’equipaggio che ne è affascinato.
Il capitano Achab appare sul ponte, solido come il bronzo, con una gamba d’osso di balena e un’unica ossessione: trovare Moby Dick, l’inafferrabile balena bianca che l’ha mutilato con un colpo di coda. Da anni i balenieri di tutto il mondo parlano di lei. Moby Dick è astuta e feroce. Tutte le navi la temono e fuggono, tranne quella di Achab. Per mesi il Pequod percorre gli oceani alla ricerca del mostro e l’irresistibile inseguimento del capitano Achab si carica di significati simbolici. Moby Dick è il Male, il mistero del destino, il dramma della vita umana e Achab è l’uomo che non accetta i limiti imposti alla sua condizione e sfida le forze della natura.
Tuttavia ciò che resta veramente rilevante in questo romanzo non sono tante le scene di caccia alla balena ma le riflessioni scientifiche, religiose, filosofiche e artistiche del protagonista Ismaele, alter ego dello scrittore. Ecco allora che il viaggio è divenuto un’allegoria e al tempo stesso un’epopea epica.
[1] Oggi unanimemente riconosciuto come uno dei capolavori della narrativa statunitense.
[2] Fu definita così nel 1941 da Francis Otto Matthiessen.(critico letterario statunitense). Il termine si ispira a un movimento tipicamente europeo perché vede in questa «rinascita» d’oltreoceano un parallelo con il risveglio culturale del Cinquecento e induce a sperare che sia proprio l’America ad incarnare una nuova Atene o una seconda Firenze.
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