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Albero secolare – romanzo di Antonio Venditti

Il giovane protagonista del romanzo di Italo Calvino Il sentiero dei nidi di ragno (1947), nel narrare gli avvenimenti della guerra di Resistenza fa luce sul fatto che a portare avanti i processi storici sono spesso le persone comuni.

Anche Antonio Venditti, nel romanzo Albero secolare appena stampato dalla casa editrice Aracne, si propone attraverso l’esistenza ordinaria del protagonista di rinvenire le caratteristiche sociali e culturali di un’epoca, in particolare dei cento anni che vanno dal 1899 al 1999. Siamo in presenza quindi di una narrazione storica ambientata in un passato recente, che lo scrittore veliterno ha in gran parte vissuto sentendo il bisogno di trasmetterci, per ritrovare le radici della propria epoca nella storia, con la convinzione che il passato non fosse esaurito definitivamente, ma costituisse il necessario fondamento del presente.

A questo si sovrappone inoltre la tenue narrazione psicologica del protagonista, descritta dettagliatamente e con passione alla stregua degli Angeli musicanti di Guido Reni, capace di mettere in evidenza il filone poetico di Antonio Venditti, che è la riflessione sulla condizione umana, sui sentimenti e sulla solitudine, sulla difficoltà degli incontri tra le persone.

Nel volume, la copertina e tutto il racconto è arricchito dalla presenza di incomparabili dipinti di Agostino De Romanis.

Nell’incipit del romanzo, la vita centenaria del protagonista è presentata come una “storia comune del ventesimo secolo”, nel senso che nella normalità, fatta di periodi alternati di positività e di negatività – e contro quest’ultime si erge la sua forza d’animo nell’assoluta integrità – egli riflette in sé le linee di sviluppo, spesso convulse e tragiche, per le due guerre mondiali che hanno contrassegnato il secolo, con la scia di contrapposizioni e di violenze prevalenti fino alla fine.

La storia d’Italia, inserita nel contesto mondiale, è da lui seguita con attenzione e desiderio di ricerca della verità, nella riflessione personale e nel confronto con gli altri sempre voluto e sviluppato in vari contesti, dove si manifesta la genuina partecipazione popolare. E il tutto è inserito in una visione vichiana, perché l’autore ricerca il “vero” nel “fatto” e, nella coincidenza dell’uno e dell’altro, si sviluppa la scoperta dell’autentica umanità.

Altra considerazione da fare è che nella narrazione, a cui l’autore arriva tardi nella sua produzione letteraria, c’è l’eco profonda della sua attività poetica, con un lunghissimo percorso documentato nelle tre “Trilogie” e nelle raccolte successive, non solo per la cura dell’eloquio, per  le atmosfere e le immagini poetiche che costellano il racconto,  ma anche per la freschezza e innocenza dei personaggi , descritti  nei più genuini atteggiamenti, che generano anche situazioni comiche, di rasserenante ilarità. Come pure il ricorso frequente ai dialoghi, riecheggia il suo interesse per la scrittura teatrale, nella composizione di drammi e commedie.

 

Nell’analisi del presente romanzo, risulta rivelatore già il titolo del I capitolo “Filo d’Arianna”, dove è scritto significativamente: “Chissà perché è entrato nell’ultima parte della sua vita, questo nome: Arianna!…la chiave d’interpretazione della sua intera esistenza e riconosce il filo che gli è stato offerto, per uscire ogni volta dal labirinto della vita, senza cedere al Mostro vorace, al quale il mondo non ha mai smesso di sacrificare le creature più belle e innocenti”.

Spontanea sorge la domanda del perché il mondo, al di là delle parole vacue e delle apparenze, non sa porre argine al dilagare del Male e i potenti, nelle cui mani è il destino dell’umanità, non sanno difendere il popolo, in nome del quale e per il quale dovrebbero gestire la cosa pubblica. In realtà prevalgono istinti e interessi fuorvianti e malefici, che i singoli addirittura assecondano, o per meschinità o per  mancanza di memoria storica, nella vita singola e comunitaria, per cui si ripetono, anzi si aggravano gli errori del passato.

Le vicende politiche dell’Italia sono seguite continuamente, senza che mai il protagonista del romanzo abbia avuto alcuna aspirazione di carriera privata e pubblica, ma semplicemente per dovere civico, come cittadino amante del bene comune e che perciò soffre per ogni distorsione e deviazione. Il suo interesse, quindi, è per la Politica pura, scevra da ogni condizionamento e da ogni falso fine.

Non si tratta solo di teoria, perché, nel piccolo dell’associazione “Repubblica de Roma nostra”, che opera fattivamente nel “Villaggio dell’Acquedotto”, non sono soltanto applicati i principi della democrazia popolare, dell’uguaglianza, della giustizia, della solidarietà, della convivenza pacifica, ma risplende l’attaccamento grande alla storia e alla bellezza di Roma, da difendere e valorizzare nella quotidianità.

 

Primo Lanterna è vissuto immerso intensamente nello scorrere degli eventi, che ha annotato indelebilmente nella sua coscienza e “ha trovato in se stesso sempre la forza di resistere e non è precipitato, respingendo le forze malefiche. Minuscolo essere dell’Universo, non ha smesso mai di credere nella Vita e ha mantenuto la speranza nell’avvenire dell’Umanità”.

I suoi valori di riferimento, come simbolicamente sono rappresentati nel giardino della sua casa nei sentieri  delle “3A” che si diramano dal “Platano centenario”, sono stati  vissuti molto intensamente:  gli Affetti familiari, le Amicizie, gli Amori. Tante sono le persone che ha conosciuto e con le quali ha avuto rapporti nella quotidianità: persone di diversa elevatura e nei diversi modi di vivere, rispecchianti  la poliedricità della società; anche nei confronti di quelli che gli hanno fatto del male, per invidia, meschinità , vendetta e volontà di sopraffazione, non ha nutrito mai odio, ma ha nettamente distinto il suo modo di essere e di agire.

Nel contempo è stato sempre fortemente attratto dagli esseri semplici e schietti come lui e con essi ha avuto la consapevolezza di formare il “popolo” autentico, che vive sereno nell’amore del bello, del vero, del giusto, e si sente appagato nel suo piccolo mondo, che è un “giardino terrestre”. Ecco perché, al frastuono della propaganda manipolatrice delle coscienze, consapevolmente oppone le voci umane dei suoi “concittadini” che si esprimono in semplicità e schiettezza nel  loro linguaggio “romano” e, nel mito della grandezza e universalità della “Città eterna”,  lanciano al mondo un messaggio di speranza per quel rinnovamento possibile, se parte dalle singole coscienze.

 

Nell’ultimo giorno della sua esistenza, Primo sogna “il quadro retroattivo del suo secolo”. Ed ecco i capitoli principali della sua vita: la nascita, la famiglia, la scuola, le esperienze lavorative, le guerre, lo studio da grande, l’impiego, gli amici, le donne amate.

Tra queste, un ruolo particolare assume Arianna, l’ultima, per la quale prova “un amore diverso, che non ha niente di fisico, ma è interiorizzato, come un viatico all’aldilà… Dipanatosi tutto il filo della vita e diventato inerte l’involucro, mentre si spegne la fiamma, ne esce la farfalla… e vola nel blu del tunnel, al termine del quale appare la nuova luce”.



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