Nella tesi di laurea del 1962 e precisamente nel capitolo terzo dedicato a Soren Kierkegaard, Antonio Venditti scrive: “La fede è la certezza interna che anticipa l’infinità. La fede è la possibilità di salvarsi: non è un dono esteriore, è vita”. Ed ancora: “Il Cristianesimo si attua soltanto in un clima di sincerità con se stessi, perché non si può prescindere dalla serietà… nel distacco dalla materia… per la vivificazione dello spirito”. Le parole del filosofo e teologo danese corrispondono pienamente all’orizzonte che si configura nella presente opera poetica di Antonio Venditti appena pubblicata dalla casa editrice Aracne
La poesia religiosa dell’autore della raccolta necessariamente diventa “accurata denuncia, mirata al recupero della purezza della fede”, che dagli stessi sedicenti credenti è stata spesso travisata, nell’accettato coinvolgimento nella materialità degli interessi e dei desideri.
Ed ecco la prima accorata “preghiera” del poeta all’Onnipotente: “Liberaci dal male:/ dal linguaggio materiale/ dell’uomo lupo…”. È lungo l’elenco delle atrocità commesse nel secolo scorso, che, in altre forme, tuttora continuano: Hiroshima, Plaza de Mayo, Piazza Tienanmen, Praga, Bucarest, Serajevo, Baghdad… Ma ci sono stati anche i “cantori della libertà” che, in spirito di verità e di giustizia, hanno operato e si sono sacrificati per la pace: Ghandhi, Luther King, Mandela… : in essi ha operato “lo spirito evangelico”, che è presente in chiunque agisca in difesa della convivenza delle creature nel Creato. È ricorrente la professione di fede dell’autore, come nei versi: “Ho fede ardente/ in Te, mio Signore/ e partendo da Te/ che sei Amore/ ho fede in me…” e numerose sono le preghiere presenti nella raccolta, tra cui Signore, In soccorso, A Dio Padre, La tua Voce, Liberaci dalla paura. Inoltre Gloria a Dio, La Croce, Madre di Gesù, San Francesco, Abele. In tutte le composizioni della raccolta, in aggiunta ad una rigorosa analisi interiore, c’è in Venditti lo sforzo di evidenziare le peculiarità della fede, così come gli è stata trasmessa dalla sua famiglia ed è stata approfondita negli anni di formazione giovanile; ma al di là di ogni astrazione e pratica consuetudinaria è fervente in lui il desiderio di calare i principi nella pratica quotidiana di vita e farne la luce nel difficile cammino terreno, per superare i rischi della fragilità e non perdere la speranza nella purificazione e nel riscatto dell’umanità.
Intenso è l’attaccamento ai suoi affetti più cari, in particolare alla madre Caterina e alla sorella Lalla, scomparsa di recente; come pure ad amicizie sviluppate nel percorso della fede, a “don Dante” come si faceva chiamare il vescovo Bernini, con croce e pastorale di legno, a padre Gino missionario gesuita nella Cina di Taiwan, e a frate Celestino, serafico cappuccino.
Come sempre, è appropriata la scelta dei Dipinti, fatta da Agostino De Romanis, artista dotato di una grande sensibilità religiosa. Il dipinto di copertina Cristo, uomo e Croce del 1980 è stato esposto nel Chiostro della Basilica Cattedrale di San Clemente, in occasione dell’indimenticabile visita a Velletri del “santo” Papa Giovanni Paolo II.
La poesia di Antonio Venditti ricerca Dio nell’ “orizzonte prospettico” coniato da Ernst Bloch (Il principio speranza, Garzanti, Milano 2005) in cui l’uomo s’incammina volgendo lo sguardo, in un percorso che consente di raggiungere l’Altro in un dialogo silenzioso.
I versi del poeta laziale sanno raccontare compiutamente questa condizione di attesa dove la componente religiosa non è ricondotta ad un ambito prettamente dottrinale e confessionale, ma è ricerca di Dio intrapresa da un io che sembra porsi oltre ogni fede dogmatica e di certezza.
La poesia vendittiana presenta forti assonanze con l’opera di Salvatore Quasimodo (Poesie e Discorsi sulla poesia, a cura e con introduzione di Gilberto Finzi, prefazione di Carlo Bo, Mondadori, Milano, 1983) vedendo compendiato il senso stesso della ricerca religiosa e umana del poeta che recupera per metafora l’immagine della stessa esistenza, connotando l’accidentato e impervio percorso dell’uomo alla ricerca del Creatore.
Pur se viene messa in risalto la condizione di precarietà dell’individuo invischiato nella sua finitudine mortale, nella stessa pena del divenire che tutto inghiotte e macera, che scopre se stesso quale effimera e dolente sostanza, Antonio Venditti ne Il misterioso cammino ritiene che una inaspettata visione, la luce limpida di un incontro, possa ricomporre i frammenti di una identità infranta e lacunosa che riconduce alla vera Speranza.
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