Nel 1903 Giovanni Pascoli compone “La mia sera”, poesia che contiene il bilancio dell’esistenza del poeta: al temporale della giovinezza è seguita una sera senza più sussulti, una fase serena della vita nella quale il suo animo ha infine rilevato la pace.
Nella raccolta di poesie “Il filo di vita”, appena pubblicate dalla casa editrice Aracne, anche il poeta Antonio Venditti fa il bilancio della sua esistenza: travagliata fin dall’infanzia da lutti e delusioni, ma ora, in età matura, divenuta non felice ma tranquilla. Il tempo trascorso ha infatti attenuato il dolore, anche se una traccia di quell’antica sofferenza è rimasta nella vita attuale del poeta.
Il alcune composizioni è presente anche la percezione di non aver ricevuto quella tutela e quella dose di allegria che spetterebbe di diritto agli esseri umani, soprattutto nell’infanzia, altre estrinsecano riflessioni di tono nostalgico, altre ancora lasciano il posto ai ricordi che affollano la mente del poeta, anche evocati da suoni, immagini, parole e dettagli, con un procedimento analogico e/o con valenza di allegoria.
Antonio Venditti, pur nella discrezione che lo contraddistingue, ha sentito sempre il bisogno di fornire elementi utili alla conoscenza della sua semplice vita e, quindi, alla comprensione della sua opera poetica, inizialmente predominante, rispetto a tutti gli altri generi letterari in cui ha prodotto varie opere. In questa raccolta antologica, successiva all’altra pubblicata sempre dall’Editrice Aracne nel 2017, la “Nota” finale sottolinea che le poesie, direttamente o indirettamente, sono “autobiografiche”, legate cioè alle varie età, a cominciare dall’infanzia connotata dalle vicende belliche, alla giovinezza, alla maturità ed all’età presente, in uno sviluppo lineare, tutte pervase dalle note idealità, risaltanti nelle problematiche del tempo.
Il poeta è molto rigoroso con se stesso, nell’analisi interiore continua, con lo sforzo evidente dell’autoperfezionamento; e pertanto può far emergere, senza attenuazioni e tentennamenti, i difetti personali e collettivi, spesso oscurati nel mondo attuale, che non vuole avere coscienza delle “colpe”, nel dissennato convincimento che tutto è permesso, in nome di un libertarismo, causa di molti problemi: individualismi esasperati, egoismi smisurati, contrapposizioni insuperabili, fino a violenze di ogni tipo. Egli presenta, perciò, gli animi in pena che faticano terribilmente a vivere e per vari motivi vagano senza prospettiva, anche nell’autoisolameno. Ma, pur avendo sempre avuto esperienza del dolore, egli non si è abbandonato e non ha mai rinunciato alla speranza di un mondo migliore: che non è un’illusione, ma un’esigenza congenita, nel senso che, proprio partendo dall’inevitabile sofferenza, si può e si deve trovare la forza della purificazione e della tensione ideale a migliorare la vita propria e degli altri, per costruire un sistema a misura umana, in cui ognuno si possa sentire partecipe, per godere dei beni che la natura elargisce a tutti e di cui ognuno deve far tesoro, in condivisione nella comunità. Una concezione della vita, quindi, semplice e lineare, senza elucubrazione di sistemi astratti ed irrealizzabili.
La Poesia, allora, assume una funzione catarchica, illuminando le coscienze delle persone, che possono superare ogni aridità, riscoprendo il senso stesso della vita, sostenuto dagli indispensabili valori, che devono essere alla base delle condotte, rese così virtuose, per far tendere ognuno, nonostante l’inevitabilità del dolore e delle difficoltà, convintamente alla felicità.
Agostino De Romanis, in segno di grande affetto, ha dipinto le opere riprodotte nel volume e il Ritratto del Poeta, interpretando significativamente il carattere estatico dell’amico e le peculiarità della sua vita, attraverso i colori di fondo, che simboleggiano l’ardore lirico, la predilezione per la natura, l’inclinazione filosofica.
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