Luigi XVI, di indole debole, fu denominato dalla moglie Maria Antonietta d’Austria, invisa al popolo. Nonostante numerose riforme, non riuscì a sanare le dissestate finanze dello Stato. Scoppiata la Rivoluzione, si screditò agli occhi del popolo per i suoi tentennamenti per l’appoggio segreto agli emigrati e, soprattutto, per il tentativo di fuga, fallito a Varennes, il 20 giugno 1791. Sospeso dalle funzioni di re, fu rinchiuso nella prigione del Tempio e accusato di alto tradimento. Condannato a morte, fu ghigliottinato il 21 gennaio 1793.
- Dicono che eri goffo nel fisico, debole di carattere e poco intelligente…
«Ragazzo, stai parlando con un re di Francia».
- Allora diciamo che eri l’uomo meno adatto ad affrontare la complessa crisi che attanagliava la monarchia francese. Va meglio?
«Il quadro era davvero disastroso: cattivi raccolti nelle campagne, disoccupazione nelle città, diminuito il commercio con l’estero, deficit finanziario…».
- E tu cosa hai fatto per risolvere questi problemi?
«Mi sono affidato ai riformatori, che avevano grandi idee liberali, come Turgot e Necker».
- Ma invece di attuare le riforme, contrassero altri debiti, o sbaglio?
«È vero. Per questo furono esonerati».
- E tu non hai pensato di meglio che spremere i cittadini con le tasse, mentre la corte di Versailles continuava a vivere nel lusso sfrenato…
«Ho cercato sinceramente di sollevare la miseria delle plebi e riportare la prosperità del regno precedente. Ma ho avuto cattivi consiglieri e il popolo ormai mi odiava».
- Ma non credi di averlo disprezzato, il popolo?
«Ho convocato gli stati generali, ho ascoltato le loro doglianze. Ho cercato di assecondare l’assemblea nazionale costituente…».
- E non hai anche tentato di corrompere i deputati?
«È un’infamia».
- E poi hai incitato alla guerra contro l’Austria sperando che le truppe straniere venissero a liberarti?
«Non è vero: tant’è che i primi insuccessi militari segnarono la fine del mio regno. Mi riferisco all’assalto delle Tuileries».
- Così sei finito in carcere, accusato di tradimento. Hai sperato ancora di salvarti?
«Saint-Just, un agitatore di popolo, mi gridò in faccia:” Nessuno regna innocente”. È stata la mia condanna. Però ricorda che su 721 voti della Convenzione, 334 erano contrari alla mia condanna. Ho affrontato la ghigliottina con dignità: almeno questo devi ammetterlo».
Luigi XVI, diindole debole, fu denominato dalla moglie Maria Antonietta d’Austria, invisa alpopolo. Nonostante numerose riforme, non riuscì a sanare le dissestate finanzedello Stato. Scoppiata la Rivoluzione, si screditò agli occhi del popolo per isuoi tentennamenti per l’appoggio segreto agli emigrati e, soprattutto, per iltentativo di fuga, fallito a Varennes, il 20 giugno 1791. Sospeso dallefunzioni di re, fu rinchiuso nella prigione del Tempio e accusato di altotradimento. Condannato a morte, fu ghigliottinato il 21 gennaio 1793.
- Dicono che eri goffo nel fisico, debole di carattere e poco intelligente…
«Ragazzo, stai parlando con un re di Francia».
- Allora diciamo che eri l’uomo meno adatto ad affrontare la complessa crisi che attanagliava la monarchia francese. Va meglio?
«Il quadro era davvero disastroso: cattivi raccolti nelle campagne, disoccupazione nelle città, diminuito il commercio con l’estero, deficit finanziario…».
- E tu cosa hai fatto per risolvere questi problemi?
«Mi sono affidato ai riformatori, che avevano grandi idee liberali, come Turgot e Necker».
- Ma invece di attuare le riforme, contrassero altri debiti, o sbaglio?
«È vero. Per questo furono esonerati».
- E tu non hai pensato di meglio che spremere i cittadini con le tasse, mentre la corte di Versailles continuava a vivere nel lusso sfrenato…
«Ho cercato sinceramente di sollevare la miseria delle plebi e riportare la prosperità del regno precedente. Ma ho avuto cattivi consiglieri e il popolo ormai mi odiava».
- Ma non credi di averlo disprezzato, il popolo?
«Ho convocato gli stati generali, ho ascoltato le loro doglianze. Ho cercato di assecondare l’assemblea nazionale costituente…».
- E non hai anche tentato di corrompere i deputati?
«È un’infamia».
- E poi hai incitato alla guerra contro l’Austria sperando che le truppe straniere venissero a liberarti?
«Non è vero: tant’è che i primi insuccessi militari segnarono la fine del mio regno. Mi riferisco all’assalto delle Tuileries».
- Così sei finito in carcere, accusato di tradimento. Hai sperato ancora di salvarti?
«Saint-Just, un agitatore di popolo, mi gridò in faccia:” Nessuno regna innocente”. È stata la mia condanna. Però ricorda che su 721 voti della Convenzione, 334 erano contrari alla mia condanna. Ho affrontato la ghigliottina con dignità: almeno questo devi ammetterlo».
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