Una nave a Ground Zero
Nel bel mezzo di Ground Zero, a New York gli operai di un cantiere hanno scoperto i resti di un’imbarcazione misteriosa. Secondo gli archeologi fu probabilmente utilizzata come materiale di riporto per allungare artificialmente l’estremità dell’isola Manhattan: questo ha permesso di datare lo scafo fra il 1797 (quando li scorreva ancora il fiume) e il 1836, quando i lavori furono terminati.
L’imbarcazione era lunga quasi 10 metri e si trovava tra 6 e 9 metri di profondità. Non appena esposto all’aria, il legno ha cominciato a deteriorarsi. «Per fortuna ha piovuto» ha commentato Doug Mackev, archeologo della New York historical society. «Se ci fosse stato il sole, il legno si sarebbe disfatto in poco tempo». Nello stesso luogo sono stati trovati vari reperti tra cui un arco, mattoni (forse della cucina di bordo) e un’ancora di circa 30 chili.
L’irresistibile mafia russa
Loro la chiamano organisazija oppure, all’italiana, mafia. Dalla fine dell‘Urss, la criminalità organizzata russa è, tra quelle emergenti, forse la più ricca del mondo.
Non che i delinquenti mancassero nell’Unione Sovietica. Anzi, i vor v zakane (“ladri nella legge”, come sono chiamati i boss russi) esistevano già al tempo degli zar. Il loro potere però era poco esteso e limitato al contrabbando, al mercato nero e a una fitta rete di corruzione. Con il crollo dell’Urss, nel 1992, tutto cambiò. Le bande criminali crebbero di entità e di numero nella Federazione russa e nelle ex repubbliche sovietiche, mettendo le mani sulle immense risorse del Paese. Compresi i depositi di anni, un enorme supermercato per terroristi e governi senza scrupoli.
Negli anni si sono affermati un centinaio di gruppi principali, organizzati in migliaia di bande. Le due mafie russe “storiche” sono la Imzailovskaja e la Tambovskaja. Fanno base a Mosca e Pietroburgo ma i loro affari ( pari, si calcola, al 30% del Pil russo) li fanno in tutto il mondo.
Italia liberata, non dai boss
I primi alleati della mafia moderna? Con ogni probabilità furono gli Alleati, quelli con la a maiuscola. Era il gennaio del 1943 quando a Casablanca (Marocco) i vertici militari americani, inglesi e canadesi ‘pianificarono la cosiddetta “operazione Husky”: era questo il nome in codice dello sbarco in Sicilia, primo passo verso la liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Sodalizio. Fu allora, pare, che nacque l’idea di un sodalizio con il contropotere mafioso per facilitare l‘invasione. Per la mediazione con i clan locali, l’Oss (il servizio segreto americano antenato della Cia) guardò anzitutto alle patrie galere. dove erano rinchiusi numerosi “pezzi da novanta” come Vito Genovese e Lucky Luciano. I servigi resi da quest’ultimo furono premiati con la libertà e l’estradizione in Sicilia.
La contropartita fu la trasformazione dei boss siciliani in autorità politiche: l’italoamericano Charles Poletti, ex governatore e capo dell’amministrazione militare alleata, affidò infatti molte cariche nel governo provvisorio dell’isola a noti capimafia, tra cui Calogero Vizzini e Giuseppe Genco Russo, divenuti rispettivamente sindaci di Villalba e di Mussomeli, in Provincia di Caltanissetta
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