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Robert Edward Lee

  • Generale sudista nella Guerra di Secessione Americana
  • Nato a Stratford (Virginia) nel 1807
  • Morto a Lexington (Virginia) nel 1870

A 200 anni  dalla fine della guerra i ruoli di sconfitto e vincitore si sono invertiti. Lee, lo sconfitto, è diventato un modello e Grant un imbarazzo.  Come è possibile che l’eroe di guerra sia diventato una figura quasi ignobile mentre il paladino della schiavitù sia divenuto una delle figure più popolari di tutto il conflitto?

La risposta si trova nella Ricostruzione, il periodo che cominciò dopo Appomattox, quando il Nord cercò di rimediare ai danni provocati dalla guerra nel Sud e tentò di condurre una transizione il più indolore possibile dallo schiavismo all’emancipazione dei neri. Una volta eletto presidente, Grant fu il principale artefice della Ricostruzione e affrontò quel compito difficilissimo con la stessa flessibilità e le stesse idee chiare con cui aveva condotto la guerra. Grant fu un promotore dei diritti civili dei neri e fu l’ultimo presidente a farlo per quasi un secolo, fino a Dwight D. Eisenhower (curiosamente anche lui un militare e anche lui il vincitore di un’altra guerra, la Seconda guerra mondiale). Da presidente, Grant inviò l’esercito nelle zone più turbolente del Sud per proteggere i neri dalla violenza dei suprematisti bianchi.  Grant dichiarò che il Ku Klux Klan, la più potente organizzazione di suprematisti bianchi, era formato da «insorti in ribellione contro le autorità degli Stati Uniti», inviò l’esercito a combatterli e disperderli e, per almeno un po’ di tempo, riuscì a riportare l’ordine nel Sud.

Grant legò il suo destino a quello dei neri e dei loro alleati, e loro gliene furono grati. Nel 1872 Grant fu eletto per un secondo mandato soprattutto grazie al voto dei neri del Sud e a quello degli ex militari dell’Unione. I suoi nemici rimasero scandalizzati dall’uso che aveva fatto dell’esercito per rimettere ordine nel Sud e lo additarono come un nemico della libertà.

“Il gigante Lee”, che nella sua resa ad Appomattox diede materiale in abbondanza ai teorici della Lost Cause. Il suo ultimo discorso agli uomini dell’Armata della Virginia è tuttora ricordato come uno dei più belli e nobili mai scritti da un generale: «Dopo quattro anni di duro servizio segnato da insorpassato coraggio e fermezza, l’Armata della Virginia del Nord è costretta a cedere davanti a forze e risorse immensamente superiori. Porterete con voi la soddisfazione che deriva dal sapere di aver compiuto fedelmente il vostro dovere. Prego sinceramente che Dio Misericordioso estenda su tutti voi la sua benedizione e la sua protezione».

Non solo queste parole contribuirono a cementare l’immagine di Lee come un’icona del Sud – pio, onorevole e cavalleresco – ma alimentarono anche un’altra narrativa, quella del coraggio e dell’onore del Sud, che fu sconfitto dall’Unione soltanto a causa della superiorità numerica del Nord e non a causa dell’abilità tattica o della mancanza di coraggio. In questa lettura il periodo della Ricostruzione fu un disastro creato dal governo federale che impose sui bianchi innocenti la supremazia dei neri. Nella loro narrazione, gli adepti della Lost Cause trovarono in Grant un inaspettato alleato. Grant, che ammirava Lee e i suoi soldati, scrisse nelle sue memorie: «Non ho voglia di esultare di fronte alla caduta di un nemico che ha combattuto così a lungo e così valorosamente e che ha sofferto così tanto per una causa: anche se quella causa fu, io credo, una delle peggiori per le quali un popolo abbia mai combattuto». Grant, in un altro passaggio molto citato delle sue memorie, scrisse anche: «Non dubito della sincerità delle grandi masse che si opposero a noi».

LE SINGOLARITÀ

  • Montava di preferenza un cavallo bianco. Volle imparare molte lingue, compreso il latino e il greco.
  • Amava leggere i poeti classici nei testi originari: diceva che le traduzioni li rovinavano.
  • Gli piacque sempre citare a memoria interi componimenti dei più famosi poeti arabi.
  • Facendo i piani di battaglia teneva conto anche del temperamento del comandante avversario.
  • Era di gusti semplici, ma portò con fierezza la spada dall’elsa d’oro massiccio donatagli dallo Stato della Virginia.

HANNO DETTO DI LUI

  • È l’unico generale contemporaneo che possa reclamare un posto accanto ad Annibale e a Napoleone (C. Falls, critico militare).
  • È l’ufficiale più capace e dotato dell’Esercito degli Stati Uniti (gen. W. Scott -in un rapporto sul Capitano del Genio R. E. Lee durante la Guerra del Messico nel 1847).
  • Spetta proprio al gen. Lee il merito di avere introdotto per la prima volta nella guerra moderna l’uso sistematico della trincea come cardine di operazioni offensive (A. Saitta, giornalista).
  • Lee era così poco favorevole alla schiavitù che aveva emancipato, di propria iniziativa, tutti i suoi servi di colore (M. L. Rizzatti, giornalista).
  • …il più grande uomo di guerra, senza dubbio, che gli Stati Uniti abbiano conosciuto (F. Musard, storico).
  • Era un uomo di nobili sentimenti. Non ammetteva il diritto di Secessione, ma era nato nella Virginia. “Io non ho potuto”, scrisse, “andare contro il mio il Paese natio, i miei figli, il mio focolare”… Il suo solo difetto era il timore di ferire i suoi subordinati spinto al punto che rasentava la debolezza… (A.Maurois, storico).
  • Il “sudista di ferro”: il suo genio tattico e strategico ottenne vittorie insperate; fu battuto dall’enorme sproporzione delle forze… (R. Luraghi, storico).


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