“Biondo era e bello” è la biografia di Dante, scritta da Mario Tobino, un autore vissuto nel XIX , innamorato perdutamente della storia di questo padre della letteratura italiana. Egli infatti con parole chiare, semplici, ripercorre i secoli che hanno attraversato Firenze, risuscitando la vita politica, sociale, economica dell’epoca. Cerchiamo quindi, passo dopo passo, di analizzarla attraverso la sua figura.
Dante nasce a Firenze nel maggio 1265 da una famiglia guelfa, mediocre-benestante: il padre era un usuraio e la madre le era ignota, in quanto morta quando lui era un bambino. Non ebbe nessun affetto durante la sua infanzia se non quello della sorella. Lei infatti incarnava la figura materna di cui aveva bisogno, colei che gli dava attenzioni. Il padre non aveva per nulla cura del figlio, con il quale mai aveva parlato. Infatti quando Dante si ammaló fu soltanto lei che, preoccupata delle sue condizioni, chiese soccorso alle donne della città. È proprio qui che il nostro autore incomincia a notare le sue abilità poetiche, che lo porteranno ad avere molta fama nel paese.
Così Tobino inizia la presentazione di Dante, ponendo attenzione al suo ceto familiare per un preciso scopo, presentarci le due potenze che dominano Firenze: Guelfi Bianchi, sotto la famiglia Cerchi, Guelfi Neri, famiglia Donati.
Egli era un guelfo bianco, insieme a Guido Cavalcanti.
Era un poeta molto famoso nella regione fiorentina che aveva studiato nella scuola bolognese di Guinizzelli, massimo esponente dello Stilnovo. Dante aveva molta stima nei riguardi di Cavalcanti, rimase sempre riconoscente della sua amicizia. Ma il suo sogno più grande era di recarsi a Bologna, un importante centro universitario. Guinizzelli, Cavalcanti e molti altri poeti era da lì che avevano dato inizio alla loro carriera poetica. Era una meta ambita da tutti,soprattutto dal nostro autore, che sperava di migliorare le sue qualità innate, apprendendo la retorica, l’arte del dire, il diritto.
Appena tornato allora a Firenze, incominciò a scrivere con l’illustre volgare fiorentino, la lingua ufficiale della letteratura, il futuro italiano.
Dante viveva in un periodo di lotte, crudeltà, spargimenti di sangue tra guelfi e ghibellini, la supremazia delle famiglie. Eventi che lo ispireranno alla sua grande opera: la Divina Commedia. Ma l’inizio della sua fama era dipeso dal suo primo libro: la Vita Nova.
Questa,scritta tra 1293 ed il 1295, è un prosimetro nel quale sono inserite 31 liriche (25 sonetti,1 ballata,5 canzoni) . Ci viene presentata da Tobino infatti come un alternanza tra prose e poesie. I versi specialmente dedicati alla grazia della sua donna, di Beatrice, commuovono le giovane fiorentine e gli innamorati. Dante incominciò quindi ad essere apprezzato nella città: tutte le grandi casate lo ricercavano, i giovani più ricchi di lui,con i quali si azzuffava a suon di sonetti nelle caverne. Ma subito dopo questo entrò nella vita politica.
Firenze era però in subbuglio. Risse di spade,violenza invidia tra i Guelfi e i Ghibellini la trasformarono in un luogo di sterminio. Tutta la sua gloria stava per svenire quando intervenne il priore: Giano della Bella.
Egli era un magnate fiorentino guelfo che governava la città insieme ad altri cinque suoi compagni e stabilì per placare l ostilità fra i due ceti gli Ordinamenti di giustizia. Questi vietavano la partecipazione alla vita politica e l elezione di priore al popolo magnatizio. Si apri quindi una grande occasione per le caste inferiori. Dante ne approfittò subito.
Egli si scrisse in quanto filosofo all’ Arte degli speziali, diventando nel giugno-agosto del 1300 un priore, ma intanto, allo stesso tempo, si sposò e mise su famiglia con Gemma Donati, non per amore, ma per un accordo preso dai genitori molti anni prima. Da questa unione nacquero diversi figli tra cui Antonia che, divenuta adulta, prese i voti,
Ma non fu facile la carriera politica di Dante, dovette scontrarsi con Corso Donati.
Fu uno spavaldo personaggio di Firenze, bello, abile nelle armi. Fu l’artefice della vittoria dei Ghibellini sui Guelfi, sulla celebre battaglia di Campaldino, a cui aveva partecipato anche Dante. Fu molto ostile nei suoi confronti al tal punto che operò contro di lui favorendo il suo esilio. Ciò avvenne con l’ aiuto di Papa Bonifacio, il papa traditore.
L’ intero VII capitolo è dedicato alla sua figura e carisma. Fu un pontefice teocratico che conseguì il piano di Papa Innocenzo III. Per confermare che la chiesa era superiore al qualsiasi potere sia spirituale che temporale,ebbe dei contrasti con il re francese Filippo IV,detto il Bello. Per migliorare con lui i rapporti ed estendere il territorio pontificio, mandò a governare Firenze,suo fratello, Carlo di Valois.
I Bianchi, dopo essere stati allontanati dalla loro patria, tenteranno più volte, come nella battaglia di Pulicciano, di ritornarci ma senza riuscirci. Dante non ci mise più piede, a seguito dell’ esilio, vivendo perciò senza patria e famiglia.
Da questo passo in poi Tobino ci narra i vari personaggi e luoghi che lo avevano ospitato, e le speranze che egli portò con se fino alla morte.
L’ intero 23 capitolo è dedicato alla sua figura. Era un guerriero sul campo di battaglia, il più dotto nella sua corte, con il quale Dante discuteva di filosofia, di scienze. Fu riconoscete alla sua amicizia ma anche alla sua dimora. Quella infatti eccelleva a livello culturale. C’erano dotti, giullari, profughi politici, ghibellini, che discutevano di filosofia, astrologia, teologia, astronomia. E qui che ,la nostalgia di Firenze, degli amici e nemici, è cosi forte da ispirargli i primi episodi dell’Inferno.
Dante poi soggiornò a Bologna, a Ravenna, a Venezia dove morì per una malattia, forse la malaria, la notte tra il 14 e il 15 settembre 1321.
Il libro ripercorre la vita di Dante in modo esaustivo, dettagliato negli eventi principali. È di facile lettura.
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