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Morse? In pensione.

Il primo messaggio in alfabeto Morse fu trasmesso con un telegrafo elettrico il 24 maggio 1844 da Washington a Baltimora e diceva: «Così ha permesso Iddio». La Guardia Costiera americana il 2 aprile 1995 ha ricevuto via etere un ultimo messaggio in alfabeto Morse e poi ha chiuso per sempre le sue stazioni di ricezione. Addio alfabeto Morse: radio, Tv, telefono e satelliti artificiali lo hanno mandato per sempre in pensione.
Certo, tra il vecchio telegrafo e le antenne paraboliche che ci fanno vedere in diretta le Olimpiadi ci sono 150 anni e un balzo tecnologico enorme. Ma la loro essenza è la stessa: diffondono le notizie istantaneamente. Il tamburellare del pennino sul nastro telegrafico mise allo scoperto i nervi del mondo, li rese terribilmente sensibili, nel bene e nel male. Da allora in poi, qualsiasi fatto, dovunque si verificasse, fu in grado di scatenare reazioni immediate a migliaia di chilometri di distanza: attentati, crolli in Borsa, sommosse di piazza, ma anche spedizioni di soccorso.
L’archiviazione dell’alfabeto Morse ci può apparire inevitabile e persino tardiva, ora che ci sono costellazioni di satelliti artificiali per guidare aerei e navi con la precisione di un metro. Per non parlare della povertà dei messaggi Morse. Da Internet, possiamo in pochi secondi estrarre tante informazioni quante ne contiene un’enciclopedia.
I telegrafi ottici dei Greci
In alfabeto Morse i messaggi viaggiano a pochi bit al secondo. Nel tempo necessario per battere un S.O.S., però, un clic del mouse ti pesca tante informazioni che un buon telegrafista non riuscirebbe a trasmetterle neppure in tutta la vita. Eppure anche da questo punto di vista l’alfabeto Morse è qualcosa di glorioso: il moderno linguaggio dei computer è binario, 0 e 1, due soli segni, come il punto e la linea del Morse. Proprio per questo i segnali Morse rimangono tuttora i più comprensibili quando la trasmissione è fortemente disturbata.


La storia è curiosa. Primi vennero i telegrafi “ottici”: la caduta di Troia fu annunciata in Grecia da una serie di falò accesi di isola in isola attraverso il Mar Egeo; gli indiani comunicavano con nuvole di fumo. L’ingegnere francese Claude Chappe ideò un telegrafo “a vista”, che nel 1791 trasmise un messaggio tra due castelli separati da 15 chilometri e il suo sistema funzionò fino alla guerra di Crimea del 1855.
L’idea del telegrafo elettrico ha più di un padre: Henry, che non lo brevettò perché era un gran signore e voleva che i progressi della scienza fossero a disposizione di tutta l’umanità; il francese George Lessage; gli inglesi William Cooke e Charles Wheatstone, che sperimentarono un telegrafo in cui aghi magnetici indicavano le lettere su un quadrante simile a quello di un orologio. Tutti fallimenti.
Ci voleva qualcosa di più semplice, e la soluzione la trovò Samuel Morse nel 1832 mentre tornava dall’Europa negli Stati Uniti a bordo della nave Sully. Di mestiere Morse era professore di disegno a New York. Lo aiutò il suo meccanico, Alfred Vail, e anzi pare che proprio lui suggerì il codice a linee e punti.
Nasce l’inviato speciale
La notizia della morte dello zar Nicola (1855) si seppe a Londra 4 ore dopo l’accaduto. Nel 1801 per lo zar Paolo I c’erano voluti 21 giorni. Nasceva così l’inviato speciale. William Russell seguì la guerra di Crimea trasmettendo dispacci telegrafici, e il Times salì a una diffusione di 60 mila copie. L’era della simultaneità era iniziata.
Nel 1854, dieci anni dopo il primo telegramma in Morse, l’italiano Antonio Meucci sperimentò il primo telefono, ma l’invenzione gli venne contesa dallo statunitense Alexander Graham Bell. Il 19 luglio 1887 un giudice americano chiude la questione: a Meucci riconosce la priorità dell’idea, a Bell il merito di averle dato realizzazione pratica. E attribuisce il brevetto miliardario a Bell. Inutile il ricorso dell’italiano, che morì in miseria due anni dopo.
Il telefono facilita enormemente le comunicazioni a distanza ma ha ancora un limite: occorre un cavetto di rame tra i due interlocutori. Con il telegrafo senza fili il problema è superato. Questa volta non rimangono dubbi: è Guglielmo Marconi a costruire il primi apparecchi in grado di trasmettere onde radio a distanza: prima nel 1895, tra due colline nei dintorni di Bologna, e poi, il 12 gennaio 1901, tra l’Europa e gli Stati Uniti, scavalcando l’Oceano Atlantico.
Quelli di Marconi erano ancora segnali in alfabeto Morse, ma poco dopo, grazie all’invenzione della valvola da parte dell’ingegnere americano Lee De Forest, il canadese Reginald Fessenden riesce a trasmettere direttamente parole e musica. Il primo programma radiofonico è del 24 dicembre 1906: Fessenden mette in onda due brani musicali e un discorso.
Passano 25 anni e tocca alle immagini in movimento: la prima trasmissione televisiva, merito dello scozzese John Logie Baird, avviene il 28 gennaio 1926. Ma l’apparecchio di Baird è elettromeccanico, rudimentale, difficilmente perfezionabile. Il passo decisivo lo fa il russo Vladimir Zworykin ideando l’iconoscopio e quindi la televisione elettronica. Le prime trasmissioni sono del 1931 e nel 1940 arrivano anche le prime immagini a colori.
Dal Morse ai cellulari
A partire dagli anni Sessanta i satelliti artificiali per telecomunicazioni completano il sistema per trasmettere immagini, voci e dati in qualsiasi parte del mondo in tempo reale. Ormai i canali che possiamo ricevere con un’antenna parabolica sono alcune centinaia. E i telefonini cellulari, dopo averci liberati dai cavi, incominciano anch’essi a funzionare con l’aiuto di satelliti, permettendoci di parlare con il resto del mondo anche quando ci troviamo nel deserto del Sahara o in mezzo all’oceano.
Il futuro? Probabilmente una Tv interattiva, nella quale non soltanto riceveremo immagini e messaggi, ma potremo anche trasmetterne. In una certa misura, Internet ci permette già oggi di farlo attraverso il nostro computer. Ma nei prossimi anni computer e televisore diventeranno una cosa sola. E i messaggi potranno viaggiare sia via etere sia su fibre ottiche. Pensate che su un fibra di vetro sottile come un capello teoricamente è possibile trasmettere un milione di canali televisivi.



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