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23rd
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I disturbi del linguaggio nel bambino (II parte)

Abbiamo già parlato in un precedente articolo delle afasie, cioè di quel disturbo linguistico (DL) che segue ad una lesione della corteccia cerebrale (area di Brocke e area di Wernicke). Si tratta di disturbi acquisiti che conseguono al danno del tessuto nervoso di alcune zone del cervello.

 

In altri termini ci stiamo riferendo ad una condizione in cui la patologia riguarda un sistema già sviluppato e quindi nel caso di disturbo nei bambini, stiamo considerando un’età superiore ai tre anni.

Le cause possono essere un’emorragia o un infarto cerebrale a livello dell’emisfero sinistro, eventi, cioè, che possono causare afasie acquisite. Pertanto, in questo caso non si parla di ritardo, perché il problema riguarda un sistema che si era sviluppato correttamente.

Quindi se c’è una patologia in alcune strutture cerebrali si può avere l’interruzione del loro funzionamento. Nel bambino ci sono delle afasie che non possono essere dichiarate analoghe in modo stretto a quelle dell’adulto, perché il cervello del bambino è più plastico. Tuttavia la maggior parte dei disturbi afasici acquisiti di questo tipo somiglia a quelle afasie dell’adulto di tipo “non fluente”, anche se la lesione è nelle aree posteriori del sistema cerebrale sinistro che sottostà alla capacità di capire e produrre il linguaggio.

Esistono poi altri disturbi del linguaggio, tra cui la “sindrome afasia-epilessia” che coinvolge bambini che soffrono di epilessia. Sappiamo che nel bambino uno o più episodi convulsivi non significano necessariamente una diagnosi di epilessia perché a volte questi sintomi spariscono senza lasciare traccia. In altri casi però si ha una vera epilessia, che in alcune circostanze si accompagna all’afasia, generalmente grave.

Si tratta cioè della sindrome di Landau-Kleffner: si ha un quadro afasico grave anche quando questo disturbo, con lo sviluppo e un’adeguata terapia, si riduce. Spesso, infatti, resta un disturbo linguistico grave. Le crisi afasiche a volte sono ictali, ovvero si verificano in corrispondenza di una crisi. C’è una correlazione tra il disturbo linguistico e certe anomalie epilettiformi rilevabili nell’EEG durante il sonno non REM. Tuttavia bisogna tener presente che la terapia con i farmaci standard dell’epilessia fa migliorare l’afasia e le anomalie del sonno.

Proseguendo nell’elencazione dei disturbi del linguaggio nei bambini dobbiamo citare le afasie congenite o prenatali, in genere legate ad encefalite perinatale. Infatti, in questi casi c’è già un problema nel feto o al parto o subito dopo. Queste afasie sono diverse da quelle acquisite in quanto molto precoci: si verificano prima della maturazione del linguaggio. Tuttavia le lesioni cerebrali sono limitate, in età molto precoce, infatti, possono portare al sorprendente risultato che il bambino non sviluppi nessun evidente disturbo linguistico.

Se la lesione è nell’emisfero sinistro il bambino sviluppa il linguaggio quasi a livelli normali, grazie alla grande plasticità del cervello e tutto l’apparato linguistico viene trasferito all’emisfero destro.

Comunque spesso, nelle afasie congenite in genere le lesioni o le malformazioni gravi si accompagnano a un ritardo mentale, perché non è alterata solo la funzione del linguaggio, ma anche una serie di altre funzioni cognitive.

Altre condizioni in cui il linguaggio si sviluppa male o non si sviluppa affatto sono quelle di un disturbo periferico. Un esempio è la sordità profonda (perdita di più di 90 decibel). Il bambino che non sente non è capace di sviluppare il linguaggio perché lo sviluppo è sì legato a un corretto corredo genico, ma devono esserci le condizioni per metterlo in atto. La sordità è una deprivazione che impedisce lo sviluppo del linguaggio. Può essere di tipo periferico[1], oppure esiste una sordità di tipo centrale, che è il caso più raro ed è causata da lesioni del sistema nervoso centrale. Ed infine la sordità può essere di tipo misto: riguarda la parte centrale, periferica e trasmissiva dell’orecchio[2].

Passiamo adesso ad un altro tipo di disturbi i cosiddetti disturbi specifici del linguaggio (DSL).

La caratteristica principale di questi disturbi è che l’intelligenza dei bambini che li manifestano è praticamente normale. E’ vero, hanno un problema a livello di comprensione e produzione del linguaggio, ma l’intelligenza non è intaccata. Attraverso i test tipo che valutano sia la parte verbale che la prestazione di cui abbiamo parlato in un altro articolo, si valuta lo scarto che deve risultare di almeno una deviazione standard tra i due tipi di prove. Nei disturbi specifici possiamo distinguere altrettante sindromi specifiche:

  • Il disturbo di comprensione del linguaggio. Tutto il resto è normale. Prevalentemente si presenta in forme abbastanza gravi e necessita una precoce diagnosi seguita dalla terapia logopedica, accompagnata dal trattamento farmacologico in caso della presenza di una patologia sottostante del tipo “epilessia focale”.
  • Il disturbo specifico dell’espressione: si tratta soprattutto dell’alterazione della produzione di parole e frasi. È necessario un test per ogni specifico aspetto del linguaggio.
  • Il disturbo dell’articolazione. In questo caso il bambino ha un’alterazione della capacità di produrre fonemi. Anche qui è necessario un approccio logopedico con reimpostazione dei fonemi e una terapia farmacologia in caso di patologia sottostante.

I disturbi specifici del linguaggio sono spesso accompagnati da “dislessia dell’età evolutiva”, che -come noto – è un disturbo specifico dell’apprendimento (DSA) riguardante la capacità di leggere e conseguentemente di scrivere, che colpisce bambini che invece per il resto sono normali.

Invece nella “dislessia dell’età evolutiva”, che è diversa da lingua a lingua a seconda che queste siano ad ortografia trasparente[3] od opaca[4], si distinguono:

– la dislessia di tipo linguistico (si deduce dall’analisi degli errori, che generalmente sono omissioni di lettere e trasposizioni di fonemi, ovvero riguardanti la natura linguistica del compito)

– la dislessia di tipo percettivo (i bambini non presentano una vera e propria dislessia, ma leggono molto lentamente). Una delle teorie è che la causa di questa dislessia sia una disfunzione di un sistema di analisi dell’input visivo, a livello dell’emisfero destro.

E’ bene comunque tener presente che molte dislessie sono di tipo misto, presentando componenti sia di tipo percettivo che di tipo linguistico.

Quando il bambino ha un vero e proprio ritardo mentale, ovviamente questo comporta anche un disturbo nel linguaggio.

Vi sono diverse sindromi che sono associate a grave ritardo: il danno è tale che il linguaggio è solo uno degli aspetti alterati. Ci sono casi più lievi, come la sindrome di Down, in cui il linguaggio è danneggiato in modo meno grave. Poi abbiamo la sindrome di Williams-Beuren. Presenta un ritardo più o meno moderato, quasi assente, ma con particolari disturbi del linguaggio. Si tratta di una malattia monogenetica legata al cromosoma 7: i bambini che ne sono affetti hanno gravi disturbi visuo-spaziali, sebbene l’intelligenza sia preservata. Il danno si manifesta ad esempio nell’incapacità di disegnare e fare costruzioni[5].

Un altro test usato per esaminare le capacità di produzione del linguaggio spontaneo è quello che richiede di descrivere una scena. Se si chiede a un bambino con questa sindrome di fare un disegno si rivelerà poco in grado di rappresentare le figure. Apparentemente è una dissociazione, e la casa è un’alterazione a livello del lobo parietale.

Siamo giunti così all’autismo, che causa vari tipi di ritardo mentale, in alcuni casi il QI può essere molto basso, in casi opposti, con la sindrome di Asperger, si hanno persone con intelligenza molto superiore alla media. In tutti i casi si ha la possibilità di alterazioni linguistiche che causano difficoltà nel linguaggio e nella comunicazione.

Ricordiamo a questo punto che la difficoltà in area comunicativa può essere quantitativa (il soggetto parla troppo o troppo poco o addirittura non parla) e qualitativa: fonetica, semantica, sintattica e prosodica.

Comunque il problema principale dell’autismo è, quindi, a livello comunicativo. Si possono avere:

  • Ecolalia, immediata o ritardata
  • Alterazione dei pronomi personali: frequente inversione di “tu” con “io”.
  • Disprosodia: assoluta indifferenza per l’intonazione, cioè un parlato monofonico.
  • Strutturazione morfosintattca: uso di frasi nucleari, legate al contesto di acquisizione e non generalizzate.

Dopo questa rapida carrellata possiamo dire che la definizione di ritardo o disturbo del linguaggio in età evolutiva è utilizzata per descrivere quadri clinici molto eterogenei, in cui le difficoltà linguistiche possono manifestarsi in associazione con altre condizioni patologiche (deficit neuromotori, sensoriali, cognitivi e relazionali) o isolatamente.

I DSL risultano avere una diffusione del 5-7 % in età prescolare e tendono a ridursi nel tempo con una incidenza dell’1-2% in età scolare. Va però considerato che i soggetti con DSA presentano un pregresso disturbo di linguaggio nel 30-40 % e, secondo alcuni, più della metà dei bambini con DSL presenta difficoltà di apprendimento nei primi anni scolastici.

Quindi è molto importante prendere in considerazione la necessità di una diagnosi ed un intervento precoce di questi disturbi che hanno una notevole ricaduta sociale.

 


 

[1] per esempio in caso di rosolia contratta dalla madre in gravidanza, si verifica un danno all’orecchio medio del feto.

[2] ad esempio otosclerosi grave.

[3] Per esempio l’italiano;

[4] Per esempio l’inglese;

[5] Altre abilità sono risparmiate, per esempio, possono essere molto dotati nella musica.



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