Negli ultimi decenni le tecniche di indagine dell’attività cerebrale si sono moltiplicate. In sostanza i parametri su cui si basano le misure si riferiscono alla risoluzione spazio temporale, al grado d’invasività ed al tipo d’informazione (risposta) che può essere correlazionale o causativa.
Elenchiamo le varie tecniche che poi descriveremo brevemente:
- EEG – Elettroencefalografia – Standard. Tecnica elettrofisiologica NON Invasiva.
- ERP (Event Releyted Potential). Tecnica elettrofisiologica NON Invasiva.
- La stimolazione e la registrazione diretta del parenchima cerebrale. Tecnica elettrofisiologica Invasiva.
- TMS – Stimolazione Magnetica Transcranica. Tecnica magnetofisiologica NON invasiva.
- MEG – Magnetoencefalografia. Tecnica magnetofisiologiche Non invasiva.
- PET – (Positron Emission Tomography). Tecnica di bioimmagine morfologica invasiva
- RMI statica (Magnetic Resonance Imaging). Tecnica di bioimmagine morfologica NON invasiva
- TAC – tomografia assiale computerizzata. Tecnica di bioimmagine morfologica NON invasiva.
- fRMI funzionale – Risonanza Magnetica Funzionale. Tecnica di bioimmagine morfologica NON invasiva.
- OT – Topografia Ottica. Tecnica di bioimmagine morfologica NON invasiva.
Tecniche elettrofisiologiche NON Invasive
1) Con la tecnica dell’EEG si registra l’attività elettrica dei neuroni sottocorticali. Attraverso un numero variabile di elettrodi (da 10 a 20), posizionati su una cuffia che il soggetto indossa, si registrano i segnali (onde) in varie situazioni (veglia, sonno, occhi chiusi), che ogni area del tessuto sottostante emette. Lo strumento (che può essere analogico o digitale) fornisce un “tracciato” continuo (spesso su carta millimetrata) delle onde generate, che testimonia l’attività cerebrale. Poiché il segnale è molto debole, esso viene notevolmente amplificato.
Si tratta di un metodo NON invasivo, ma pratico. L’applicazione di questa tecnica riguarda l’analisi dell’Epilessia, gli Studi sul sonno e l’accertamento di morte cerebrale.
2) Poi esiste la tecnica d’indagine ERP (Event Releyted Potential – Potenziali Evento Correlati).
Questa tecnica rappresenta una variante dell’EEG: la registrazione della risposta elettrofisiologica dei neuroni sottocorticali avviene in corrispondenza di presentazione di stimoli.
Infatti, l’EEG è molto utile per alcune patologie, ma da sola non ha una grande importanza nelle scienze neuro-cognitive. Per questi scopi, infatti, si usa la tecnica che deriva dall’EEG standard, ovvero l’ERP.
Essa consiste in un EEG durante il quale si registrano i segnali (onde) che ogni area del tessuto sottostante emette in situazioni di diverse create da stimoli visivi o uditivi.
Ad esempio nel linguaggio sono stati identificati 2 picchi, N400 (a 400msec dallo stimolo e P600 (a 600 msec dallo stimolo), relativi rispettivamente alle presentazioni di stimoli di violazione semantica (prendo il caffè con zucchero e cane) e violazioni sintattiche (il gatto non vuole mangiando).
Si tratta quindi dell’osservazione di un effetto (risposta elettrofisiologica) correlato ad un evento.
Quindi è una tecnica con altissima risoluzione temporale ed è applicata alla ricerca neurolinguistica.
Tecniche elettrofisiologiche Invasive
3) Un altro sistema d’indagine è la stimolazione e la registrazione diretta del parenchima cerebrale.
Questa tecnica stimola elettricamente e direttamente l’area del cervello (parenchima) attraverso elettrodi in soggetti svegli.
Si tratta di una tecnica in vivo estremamente invasiva che necessita dell’apertura del cranio, previa anestesia locale dello scalpo e delle parti molli. Nella parte scoperta del cervello si sistema una griglia, un foglio con dei piccoli dischi, che serviranno a condurre lo stimolo elettrico. Il neurochirurgo, attraverso un elettrodo collegato ad una macchina che eroga elettricità, toccando uno di questi dischi, stimola un piccolo gruppo di neuroni sottostanti. La tecnica di STIMOLAZIONE consiste nell’inibire TEMPORANEAMENTE il funzionamento di un gruppo di cellule nervose, mentre la REGISTRAZIONE consiste nell’osservazione di un comportamento che lo stimolo elettrico produce. Quindi, nel primo caso, ad. es. mentre il soggetto parla o sta per dare una risposta ad uno stimolo, la piccola scarica elettrica può bloccare la lingua o inibire la comprensione di una parola, ecc. Nel secondo, il soggetto muove una mano, un piede, ecc..
Si tratta di una tecnica con risoluzione spaziale altissima, ma ovviamente è utilizzata in rarissimi casi.
Prima di procedere all’asportazione di un tumore o di un focolaio di epilessia non trattabile con farmaci, il neurochirurgo deve scegliere con cura il tessuto da asportare.
Tecniche magnetofisiologiche Non invasive
4) TMS – Stimolazione Magnetica Transcranica
Sfrutta la legge di Faraday secondo cui una corrente elettrica in uno stimolatore produce un campo magnetico, e questo induce un flusso di corrente nei conduttori vicini, inclusi i tessuti umani.
Si adotta per lo studio correlazionale delle aree del cervello con determinati comportamenti. Attraverso una bobina (coil) posizionata sul cranio, si possono generare campi magnetici e correnti elettriche perpendicolari che stimoleranno le cellule nervose. La stimolazione è in grado di provocare “lesioni virtuali” temporanee, ovvero, come nel caso della stimolazione diretta del parenchima, ma senza una prassi così invasiva.
Non è una tecnica invasiva, ma non bisogna eccedere nella stimolazione poiché potrebbe anche provocare crisi epilettiche, pertanto occorre seguire scrupolosamente le linee guida. Non ha una buona risoluzione spaziale, e l’impulso, propagandosi a profondità di soli 20 mm, non ne fa uno strumento adatto per controllare aree sottocorticali.
In ogni caso questa tecnica permette sia studi correlazionali che studi di neurolinguistica.
5) MEG – Magnetoencefalografia.
E’ un apparecchio che deve stare in cabine altamente schermate. Si potrebbe pensare come logicamente imparentata con la tecnica dell’EEG. Ma quando un neurone genera un potenziale d’azione, quindi uno stimolo elettrico, genera anche per induzione un campo magnetico. Pertanto la macchina sfrutta questo principio ma pone due tipi di problemi diversi: il campo magnetico generato dai neuroni è debolissimo ed è necessario isolarlo da altri campi magnetici molto più intensi come quello terrestre.
Quindi, in primo luogo si sono realizzati gli SQID, singoli moduli semiconduttori immersi nell’elio a bassa temperatura per l’amplificazione. Inoltre la macchina è posizionata in cabina altamente schermata e chiaramente non si deve avere nessun metallo.
E’ possibile associare la MEG con la risonanza magnetica morfologica RMI per ottenere una mappa del cervello e delle aree che si attivano, con una risoluzione temporale ottima. La tecnica dà la possibilità di vedere le varie attivazioni consequenziali nel tempo, nonché quali aree e in che sequenza vengono attivate.
Sembra che la MEG possa influire sui movimenti dell’occhio e sul ritmo cardiaco, a causa dei sistemi di forte amplificazione. Per questo l’uso deve essere limitato nel tempo.
Questa tecnica è usata sia negli studi correlazionali sia negli studi di neurolinguistica. Viene utilizzata da tempo, anche come strumento diagnostico per l’epilessia e nell’analisi dei disturbi uditivi.
Tecniche di bioimmagine morfologica invasive
6) PET – (Positron Emission Tomography) Tomografia ad Emissione di Positroni.
Si utilizza per ottenere mappe funzionali del cervello e del corpo.
In questo caso è necessario un tracciante instabile ad emivita breve. Può essere un isotopo radioattivo (atomo instabile con numero di neutroni differente) dell’ossigeno (O15) iniettato in vena sotto forma di acqua. Il soggetto quindi è sdraiato all’interno del tomografo e sottoposto ad un compito (visivo od uditivo).
L’isotopo dopo 30-60 secondi emette un positrone, tornando alla forma stabile H2-O16. Ciascuno positrone emesso reagisce con un elettrone (si annichilisce) e genera 2 fotoni che vanno in direzioni opposte, che verranno rilevate dall’anello di sensori dello strumento. Quest’ultimo ricostruisce una mappa tridimensionale del cervello (o altri organi) che risentirà della quantità di radiazioni rilevate in quel punto. Considerando che nelle aree cerebrali attivate dal compito dato al soggetto vi sarà un maggiore apporto di sangue.
E’ una tecnica invasiva poiché utilizza un elemento radioattivo. Pertanto, pur essendo particolarmente utile e con risoluzioni temporali molto alte (30-60 sec, a seconda dell’isotopo usato) e spaziale (ricostruzione funzionale tridimensionale molto precisa), non viene quasi più usata.
E’ utile nell’identificazione di tumori, lesioni e diagnosi differenziale delle demenze.
Tecniche di bioimmagine morfologica NON invasive
7) RMI statica (Magnetic Resonance Imaging – Risonanza Magnetica Statica).
Questa tecnica è detta anche tomografia a risonanza magnetica, è una tecnica di bioimmagine morfologica, basata sulla risonanza magnetica.
Il principio di funzionamento si basa sul sottoporre il paziente ad un forte campo magnetico statico. Infatti, in condizioni di assenza di campo magnetico, i protoni hanno un orientamento casuale. Invece esposti ad un campo magnetico le particelle assumono la stessa direzione, secondo l’asse del campo. Se, improvvisamente, si interrompe il campo magnetico le particelle tendono a riassumere il loro orientamento casuale ed EMETTONO SEGNALI RADIO.
Vi è una parte dello strumento che induce il campo magnetico ed una parte in grado di rilevare i segnali emessi dai protoni durante il loro riassestamento casuale.
La tecnica permette di tradurre il segnale in scale di grigio o colorate e identificare le aree che lo emettono.
Abbiamo quindi un’ottima risoluzione spaziale e temporale (la ricerca sta ulteriormente migliorando questo tipo di macchine); e rappresenta un ottimo strumento per la diagnosi di tumori, ictus, e altre lesioni.
8) TAC – Tomografia Assiale Computerizzata.
Si basa sul diverso assorbimento dei raggi X da parte di varie strutture del cervello e, in particolare, si evidenziano le differenze fra zone con lesioni e il cervello sano.
Consente di riprodurre sezioni (tomografia) corporee del paziente ed elaborazioni tridimensionali. Per la produzione delle immagini è necessario l’intervento di un elaboratore di dati (computerizzata). Poiché le immagini prodotte sono di tipo digitale, il corpo studiato viene suddiviso in una serie discreta di elementi di volume (voxel), ai quali corrisponde un elemento unico d’immagine (pixel), seguente la scala dei grigi. Quanto più piccolo è il volume rappresentato da un singolo pixel tanto maggiore è la risoluzione spaziale. L’aggettivo “assiale” è attualmente inappropriato perché le nuove metodiche non acquisiscono più in un piano assiale, cioè trasversale, cosa che permette di produrre un’immagine alla volta, ma viene adottata una tecnica a spirale, così da ottenere più immagini in una scansione.
Essendo comunque un’esposizione a raggi X, questa tecnica non può essere usata per periodi ravvicinati o prolungati.
La sua applicazione prevede l’analisi di ictus, emorragie e tumori.
9) fRMI funzionale – Risonanza Magnetica Funzionale.
Si tratta sempre della RMI ma utilizza un metodo SOTTRATTIVO fra una condizione di riposo ed una di attivazione.
Si basa sul fatto che un’area che lavora maggiormente ha un flusso sanguineo maggiore e consuma più ossigeno. L’emoglobina, infatti, esiste in due forme: ridotta o ossigenata. Si considerano quindi le DIFFERENZE. In condizioni normali (a riposo, senza eccitazioni da stimoli) abbiamo un livello normale di emoglobina ridotta, di flusso basale, quindi un segnale MRI normale. Quando il flusso aumenta, diminuisce l’emoglobina ridotta a favore di quella ossigenata. Il flusso CVB (volume cerebrale del sangue) aumenta e il segnale MRI cambia (aumenta). Le proprietà paramagnetiche della em. ossigenata e ridotta sono diverse. Avrò un segnale BOLD (Blood Oxygen Level Dependent Contrast) diverso. Si definiscono così le aree ATTIVATE del cervello, in un dato momento. La scansione viene fatta a “fette” e ricostruita in un modello tridimensionale. Viene considerato il pixel poiché è questo volume grafico, la zona tridimensionale che darà la rappresentazione della variazione di stato. Nel linguaggio si adottano gli stimoli semplici poiché dobbiamo avere un paragone con un compito semplice per differenziarlo dal compito sperimentale.
Rispetto alla PET, ha una risoluzione temporale migliore (nell’ordine di 1 secondo), spaziale eccellente (minore di un millimetro) e, se si escludono i portatori di pace-maker, denti e protesi fisse metalliche, è totalmente innocua. Negli ultimi anni vi sono macchine “aperte” che consentono l’esame anche a pazienti claustrofobici. per questo la fRMI è lo strumento più utilizzato al momento per le ricerche cognitive. Si usa sia in diagnostica che in studi cognitivi
10 ) OT – TOPOGRAFIA OTTICA
Fornisce informazioni sul consumo di ossigeno nei tessuti cerebrali.
Si basa sulla diversa trasparenza dei tessuti alla luce in zone dello spettro prossime all’infrarosso. Questo tipo di luce penetra per qualche millimetro nei tessuti del corpo. Nei neonati i tessuti risultano particolarmente trasparenti a questa luce, che attraversa anche le ossa del cranio e illumina la corteccia. Analizzando la lunghezza d’onda della luce inviata e di quella ricaptata dai tessuti, è possibile misurare il consumo di ossigeno nella struttura “illuminata”.
Poiché non c’è bisogno di star fermi (si indossa una specie di elmetto), questa tecnica può essere usata per periodi di tempo anche lunghi e soprattutto con i bambini molto piccoli.
Le applicazioni riguardano gli studi cognitivi e quelli neurolinguistici.
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