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Valanghe e frane, masse di neve e di terra

La forza di gravità è il “motore” di due calamità naturali che ogni anno causano numerose vittime e gravi danni: le valanghe e le frane. La valanga (o slavina: le due parole hanno esattamente lo stesso significato) è lo slittamento verso valle di una massa di neve che, dopo essersi depositata su un terreno in pendenza, precipita a valle per la rottura degli equilibri interni che la tenevano ancorata al suolo. Le valanghe causano, solo sulle Alpi, una cinquantina di vittime all’anno. La frana è il distacco da un pendio di terriccio, pietre o roccia che scendono a valle accumulandosi a quota più bassa. In media nel nostro Paese cade una frana ogni 36 ore e dal 1950 a oggi in Italia più di 3.000 persone sono morte travolte da frane. L’ultimo drammatico episodio ha colpito il sud della Campania nel maggio 1998: le vittime sono state più di 200. Le cause e le circostanze che contribuiscono a produrre una valanga sono numerose: 1) una nuova nevicata, di almeno 30-60 centimetri, che va ad accumularsi sulla neve già a terra; 2) il vento, che ammucchia la neve in lastroni, cornici e accumuli instabili; 3) un aumento della temperatura, che fa fondere in parte la neve immettendo acqua tra i suoi cristalli e ne diminuisce così la coesione; 4) la formazione di uno strato scivoloso in superficie o in profondità, che favorisce lo slittamento di una parte della massa nevosa; 5) infine un fattore, anche piccolo, che innesca lo slittamento: può essere il passaggio di uno sciatore, uno sparo, caduta di un masso, un colpo di vento. A preparare la valanga sono alcuni cambiamenti che avvengono nella neve con il passare dei giorni e delle settimane. Vista al microscopio, la neve è costituita da cristalli di forma esagonale. All’inizio il cristallo è piccolissimo ma poi il vapore acqueo si raccoglie agli angoli del cristallo dando il via alla sua crescita. Nei fiocchi di neve fresca i cristalli hanno una struttura a stella, somigliano a fiori con petali sottili. Tra un cristallo e l’altro c’è quindi molto spazio: in volume il 90 per cento della neve fresca è aria, per questo è così soffice. 

Neve a 80 chilometri orari 

Ma via via che la neve si accumula il peso spezza i ”petali” e la neve diventa più compatta e farinosa: l’ideale per gli sciatori. Con una temperatura di 5 gradi sotto zero, il “fiore” appassisce e la neve diventa ancora più compatta. Questi cambiamenti portano alla formazione di uno strato di ”brina di profondità”, con cristalli dalla particolare forma a piramide esagonale. A questo punto uno strato di neve più fresca tende a slittare sulla brina sottostante, che è molto scivolosa. Basta un aumento di temperatura e lo strato superiore si distacca. Ma anche un improvviso raffreddamento è pericoloso, perché il congelamento dilata l’acqua e l’aumento di volume può far precipitare la valanga. A seconda del tipo di neve si hanno tre specie di valanghe: 1) valanghe a debole coesione e polverose; 2) valanghe di superficie o di lastroni; 3) valanghe di neve bagnata. Le valanghe polverose sono tipiche dell’inverno e cadono dopo le grandi nevicate. Le valanghe di neve bagnata sono tipiche del disgelo. Le velocità delle valanghe variano da 40 a 80 chilometri all’ora.
Se la valanga è di neve asciutta, la nube polverosa che precede la massa di neve può precipitare anche a 300 chilometri orari, abbattendo alberi, case e ponti. Le valanghe più rovinose del secolo sono cadute in Val Chisone (Piemonte) nel 1904, a Rochemolles (Piemonte) nel 1931 e a Primo Polentini (Lombardia) nel 1979. Le regioni più colpite sono il Piemonte, la Valle d’Aosta, il Cadore, la Carnia e le montagne dell’Adamello-Presanella e dell’Ortles-Cevedale. 

Come difendersi dalle valanghe 

La prudenza è la prima arma per difendersi dalle valanghe. Anche gli alpinisti più provetti devono stare attenti. Il famoso nivologo svizzero Andrea Roch diceva: «Esperto, fa attenzione: la valanga non sa che tu sei un esperto». Non si deve mai fare una gita sciistica senza consultare il Bollettino delle valanghe che ogni giorno comunica il rischio secondo una scala unificata da 1 a 5: 
1. corrisponde a rischio debole, le gite sono generalmente sicure; 

2. corrisponde a un rischio moderato, le gite devono avvenire su percorsi scelti con cura; 

3. corrisponde a un rischio marcato, sono possibili valanghe spontanee di media grandezza; 

4. corrisponde a un rischio di valanghe medio-grandi anche con un piccolo sovraccarico della neve; 

5. corrisponde a un rischio di grandi valanghe anche su un terreno poco ripido. 


Attenzione anche alle credenze sbagliate: non è vero che se la giornata è fredda si è al sicuro, che dove non sono mai cadute valanghe non ne cadranno mai, che due o tre giorni dopo la nevicata il manto nevoso è già stabile, che le tracce di altri sciatori o di animali sono una garanzia. Un sistema di difesa dalle valanghe consiste nel provocarne il distacco artificialmente per mezzo di una esplosione. All’estero si usano vere e proprie bombe al tritolo. In Italia, dove l’uso degli esplosivi è giustamente sottoposto a regole molto severe, si sono sperimentati con successo speciali cannoni a gas nei quali, per produrre l’esplosione, vengono mescolati ossigeno e propano contenuti in bombole. I cannoni, con una forma a imbuto e disposti parallelamente al terreno lungo il pendio dal quale si vuole far staccare la valanga, vengono fatti sparare a distanza, con un telecomando. L’onda di pressione che noi percepiamo come rumore fornisce la spinta necessaria a innescare la valanga. Questi cannoni sono già installati a Champluc e a Cervinia. Sotto una valanga, a un metro di profondità​, si può sopravvivere per circa tre ore. La rapidità dei soccorsi è quindi molto importante. Su cento persone travolte da una valanga, in media 35 perdono la vita. 

Come difendersi dalle frane 

Mentre le valanghe cadono prevalentemente in inverno e durante il disgelo, le frane possono cadere in ogni epoca dell’anno, ma in genere il pericolo è maggiore in primavera e in autunno, quando la pioggia è più frequente e abbondante. L’acqua, appesantendo il terreno, facilita infatti il distacco dei materiali meno coerenti. Perché i soccorsi siano efficaci è molto importante che l’allarme scatti con prontezza: a questo provvede una rete di stazioni radio, aiutate anche da satelliti artificiali, in collegamento con la Protezione civile. Poiché il 40 per cento del territorio italiano è collinare e il 39 per cento è montuoso, le frane costituiscono nel nostro Paese un pericolo grave e frequente. Solo raramente però le frane sono una fatalità. Nella maggior parte dei casi il pericolo potrebbe essere evitato, ma ciò non avviene perché, per speculare, si costruiscono case e strade anche in zone esposte al rischio di frane. Il disboscamento accentua la probabilità di frane: le radici degli alberi, infatti, trattengono il terreno e lo rendono più compatto. Il Consiglio nazionale delle ricerche e i Servizi geologici regionali hanno preparato carte della franosità che indicano con vari colori, dal rosso al rosa, al viola, all’arancio, il livello di rischio. Ogni nuova costruzione dovrebbe tener conto di queste mappe.

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