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Produzione energetica da biomasse ligno-cellulosiche

Il processo di gassificazione: La biomassa ligno-cellulosica rappresenta un patrimonio energetico emergente e qualificato dal punto di vista etico ed ambientale. La massa boschiva e forestale nazionale, censita dall’Università della Tuscia, Facoltà di Agraria, nel corso del 2009 e del 2010, è un bene primario da conservare per il benessere orografico e paesaggistico, per il bilancio ossigeno/carbonioso dell’atmosfera, ma deve essere tenuto sotto controllo ai fini della prevenzione incendi e della protezione degli ecosistemi che vi insistono. La pulizia del sottobosco e l’abbattimento o sfoltimento delle specie arboree sono essenziali per la sua salvaguardia.

Una corretta politica di gestione delle aree in argomento, ed una razionale filiera occupazionale che vi insista in modo continuativo e monitorato a seconda della stagionalità, della precipitazioni e degli eventi climatici porta all’ablazione di una biomassa annua di residui di potatura, sarmenti, foglie, masse legnose aeree e radicali ammontante a svariati milioni di tonnellate: una quantità di combustibile potenzialmente in grado di produrre, con le tecnologie note, almeno 10 milioni di MWh/anno di energia elettrica ed almeno altrettanti di energia termica. Con lo stesso approccio etico, di privilegio dello sfruttamento delle aree agricole per i bisogni alimentari piuttosto che con colture dedicate a mono specie oleose o mais per la produzione, rispettivamente, di olio combustibile o di Biogas, si sta procedendo, anche sulla base di studi come quelli portati avanti in Toscana dalla Facoltà di Agraria dell’Università di Pisa con la collaborazione dell’ARSIA (Agenzia Regionale per lo sviluppo e l’innovazione nel settore agricolo e forestale), a riqualificare estensioni finora coltivate a barbabietole da zucchero, inserendo colture di specie da Short Rotation Forestry come il Pioppo e suoi ibridi, o del Sorgo da fibra. Il bilancio ossigeno/carbonioso diventa vantaggioso per le comunità e l’ambiente, le lavorazioni diventano meno inquinanti ed in un ciclo triennale rotativo la produzione della biomassa ligno-cellulosica diviene redditiva. Anche in questo caso la quantità di combustibile derivata può produrre alcuni milioni di MWh/anno di energia elettrica e termica. Da quanto esposto risulta in tutta evidenza il potenziale economico rappresentato dalla biomassa: in caso di accesso alla tariffa omnicomprensiva determinata dal Gestore dei Servizi Energia (GSE) a €0,28 per ogni KWh prodotto da Impianti fino ad 1 MWh, il montante ricavi lordo è dell’ordine di alcuni miliardi di Euro l’anno. In considerazione di ciò la tecnologia produttiva diviene il discrimine di scelta industriale. I processi di produzione a combustione tradizionale, normalmente di potenze più alte di 1 MWh, che non possono accedere alla tariffa GSE citata, hanno comunque dei limiti connaturati alle proprie caratteristiche: un alto grado di impatto ambientale vista l’emissione in atmosfera di inquinanti (asfalti, bitumi e fuliggine), di particolati e di anidride carbonica. Il processo della gassificazione, al contrario, attraverso il quale la biomassa non viene combusta ma assoggettata al processo di pirolisi e produce un gas di sintesi (Syngas) che va ad alimentare i generatori sostituendosi al combustibile di origine fossile normalmente utilizzato, è assolutamente idoneo all’installazione di impianti piccoli e medi, comunque entro il MWh, che hanno un bassissimo impatto ambientale ed emissioni in atmosfera praticamente pari a zero. Lasciando l’illustrazione specifica di processo ad un’altra occasione, si può ricordare come la gassificazione permise in Italia, Germania ed Inghilterra, fin dal 1907, di sopperire alla carenza di petrolio contingente sia nel settore dei trasporti pubblici che in quelli privati, fra tutti citando e ricordando due capolavori dell’ingegneria automobilistica: l’Alfa Romeo 1750 Gasogeno 6c e la Lancia Omicron.



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