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Ambrogio ed Ilario. Giganti dell’età imperiale (IV secolo)

Ambrogio a Milano

Ambrogio[1], santo e vescovo di Milano nonché dottore della Chiesa del IV secolo, fu protagonista di un episodio particolare.

Alla morte di Graziano, l’Imperatore cattolico, il suo successore Valentiniano II era troppo giovane, così sua madre, Giustina, resse l’impero in sua vece. Il fatto è che l’imperatrice era ariana[2]. Volle, perciò, dedicare agli ariani una basilica cattolica Basilica Portiana (oggi, S. Vittore in Colle) ed allora Ambrogio si oppose chiamando  a pregare nelle basiliche tutto il popolo, che a Milano era a maggioranza cattolica.

Intorno alla Basilica Portiana l’esercito dell’impero minacciava di entrare nel tempio e fare una strage.

La tensione era altissima, allora sant’Ambrogio cominciò ad intonare canti di lode a Dio, composti da lui stesso.

Gli Inni, canti di lode a Dio

Più tardi questi canti presero in nome di “Inni”, e, tuttora, fanno parte delle preghiere della tradizione della Chiesa Cattolica. Questo è un verso tratto dall’inno “Deus creator omnium” (Dio, creatore di tutti):

Ti cantino le profondità del cuore, ti conclami la voce squillante, ti ami il casto amore, ti adori la sobria mente.

Quel giorno, il giovedì santo del 386, improvvisamente, mentre il vescovo, nella basilica, spiegava il libro di Giona, venne interrotto dalla folla plaudente per la notizia che l’imperatore aveva dato ordine di ritirare i soldati, e di restituire le multe imposte ad alcune classi di cittadini di alto ceto, che sostenevano Ambrogio.

Vox populi, Vox Dei

Così la situazione volse definitivamente a favore di Ambrogio per molteplici ragioni, ma certamente la corte imperiale rinunciò alle proprie pretese sulle basiliche milanesi anche perché il Santo Vescovo aveva dalla sua parte e senza condizioni quasi tutta la popolazione.

Ilario a Poitiers

Un altro personaggio, anch’egli un santo e vescovo, nonché teologo di lingua latina, fu Ilario[3]. Egli intervenne direttamente nella controversia ariana; visse tra 310 circa ed il 367 a Poitiers (Francia occidentale). Le sue più grandi doti furono la fortezza e la mansuetudine. Questo era appunto il suo dono: coniugare fortezza nella fede e mansuetudine nel rapporto interpersonale.

Costretto all’esilio

Nel 356 Ilario assistette come vescovo al sinodo[4] ariano di Béziers (356), nel sud della Francia, il «sinodo dei falsi apostoli», come egli stesso lo chiama, dal momento che l’assemblea aveva una maggioranza di Vescovi filoariani, che negavano la divinità di Gesù Cristo.

In quell’occasione, questi «falsi apostoli» chiesero all’imperatore Costanzo[5], figlio di Costantino, la condanna all’esilio del vescovo di Poitiers. Così Ilario fu costretto a lasciare la Gallia durante l’estate del 356 per andare in Frigia, nell’attuale Turchia.

L’esperienza in oriente

Esiliato, Ilario si trovò a contatto con un contesto religioso totalmente dominato dall’arianesimo. Anche lì la sua sollecitudine di pastore lo spinse a lavorare strenuamente per il ristabilimento dell’unità della Chiesa, sulla base della retta fede che era stata formulata dal Concilio di Nicea nel 325.

Il libro sulla Trinità

A questo scopo, egli avviò la stesura della sua opera dogmatica più importante e conosciuta: La Trinità. In essa Ilario espone il suo personale cammino verso la conoscenza di Dio e si preoccupa di mostrare che la Sacra Scrittura attesta chiaramente la divinità del Figlio e la sua uguaglianza con il Padre, non soltanto nel Nuovo Testamento, ma anche in molte pagine dell’Antico, in cui già appare il mistero di Cristo.

Di fronte agli ariani egli insiste sulla verità dei nomi di Padre e di Figlio e sviluppa tutta la sua teologia trinitaria partendo dalla formula del Battesimo, donata dal Signore stesso: «Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo». Insomma, il Padre e il Figlio sono della stessa natura.

In ultima analisi il vescovo sant’Ilario, era talmente convinto della sua tesi che scrisse: «Sono più sante le orecchie dei fedeli che non le labbra dei sacerdoti»[6]. In effetti, l’eresia ariana fu professata più dai pastori che dal popolo cristiano e quest’ultimo rimase fermo  nell’ortodossia cattolica[7].


[1] Aurelio Ambrogio nacque ad Augusta Treverorum (l’odierna Treviri, nella Renania-Palatinato, in Germania), nella Gallia Belgica, dove il padre esercitava la carica di prefetto del pretorio delle Gallie, intorno al 339 circa da un’illustre famiglia romana di rango senatoriale, la gens Aurelia, cui la famiglia materna apparteneva inoltre al ramo dei Simmaci (era dunque un cugino dell’oratore Quinto Aurelio Simmaco). (wikipedia)

[2] Ario, un prete egiziano (280ca – 336), affermava che c’era stato un tempo in cui il Verbo, il Cristo, non era; quindi non ha la caratteristica propria di Dio, la innascibilitas, perciò non è Dio ed ha origine dal nulla come tutte le creature, pur essendo la prima delle creature perché generato dal Padre per essere strumento della creazione degli altri esseri. (P.L. Guiducci – A.M. Erba, Storia Della Chiesa, terzo volume (Epoca Medievale), Elledici, Torino 2007, p.135). Il 385 e il 386 sono gli anni della famosa “questione delle basiliche”.

La questione delle basiliche

L’imperatrice Giustina, la madre di  Valentiniano II, era rimasta attaccata alla confessione semi-ariana di Rimini e la corte era piena di generali e di funzionari di origine barbara ed ariani. Le basiliche furono letteralmente invase dalla popolazione, che vi si accampò per giorni al fine d’impedirne l’ingresso ai soldati, e non valsero né esortazioni, né minacce, né arresti in massa per vincerne la resistenza. 

https://www.culturacattolica.it/attualit%C3%A0/in-rilievo/ultime-news/2015/07/01/impariamo-da-ambrogio-lo-scontro-delle-basiliche

[3] Ilario ha il titolo di “Atanasio occidentale” (sant’Atanasio discusse nel concilio di Nicea del 325, la controversia ariana)

[4] Adunanza dei sacerdoti e dei chierici della diocesi, indetta dal vescovo

[5] Flavio Giulio Costanzo, meglio noto come Costanzo II (317 – 361), è stato un imperatore romano della dinastia costantiniana. Costanzo II ereditò dal padre, in ambito religioso, una visione del ruolo imperiale che lo voleva garante e promotore dell’unità della Chiesa; educato alla corte di Costantinopoli dai vescovi orientali, al contrario di suo fratello Costante I difese le posizioni dell’arianesimo in contrapposizione alle posizioni dei vescovi occidentali e del vescovo Atanasio di Alessandria

[6] Ilario di Poitiers, De Trinitate.

[7] P.L. Guiducci – A.M. Erba, Storia Della Chiesa, terzo volume (Epoca Medievale), Elledici, Torino 2007, p.137



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