Nel breve giro di un trentennio i Normanni riuscirono a rendere effettiva l’investitura ricevuta da Nicolò II nel 1059. La concordia fra i capi e il forzato disinteresse della Chiesa e dell’impero per le cose meridionali furono i principali fattori di questa prepotente espansione. Non che i progressi normanni non destassero diffidenze: nel 1073, ad esempio, Gregorio VII negò al Guiscardo il titolo di «Patricius Romanorum » (il che spiega in parte il successivo comportamento del re). Roberto il Guiscardo (morto nel 1085) si dedicò alla conquista del Mezzogiorno; pose fine al dominio bizantino (presa di Bari, 1071) e liquidò gli ultimi residui longobardi (presa di Salerno, 1077). Suo fratello Ruggero detto il Gran Conte (1061-1113), quinto degli Altavilla, si volse invece alla conquista della Sicilia (1061-1091): magnifica preda, poiché l’isola sotto gli Arabi aveva conosciuto una splendida fioritura commerciale e agricola. L’ultimo caposaldo della resistenza araba organizzata, Siracusa, cadde nel 1091 (gruppi di Saraceni si sosterranno nell’interno fino al tempo di Federico II).
Ora le prospettive del regno normanno si allargano: ai tentativi del Guiscardo in direzione dell’Epiro e delle isole ionie risponde la reazione di Bisanzio e di Venezia, minacciata di soffocamento nell’Adriatico. Fra i prìncipi partecipanti alla prima crociata il più sgradito a Bisanzio sarà senza dubbio il figlio del Guiscardo, Boemondo di Taranto.
Nel 1127 si estingue la discendenza diretta del Guiscardo. Ruggero II (1128-54), figlio del Gran Conte, riunisce tutta l’Italia meridionale (1128) ed è già abbastanza potente da contrapporre ad Innocenzo II, candidato dell’imperatore Lotario II, un antipapa, Anacleto II, dal quale si fa incoronare a Palermo, la notte di Natale del 1130, re di Sicilia, duca di Calabria e di Puglia. Nel 1139 anche Innocenzo II riconoscerà l’incoronazione, in occasione di un accordo che fisserà i confini fra i due Stati al Tronto e al Garigliano.
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