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26th
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Dialetti Italici

Ogni nostra Regione ha un suo insieme di lingue proprie ed intime che DEVONO essere preservate. Il Dialetto discende da tempi antichi. Concentriamo la nostra attenzione sulle lin­gue che, prima della conquista della nostra peni­sola da parte di Roma, erano parlate nelle regioni della nostra penisola, e di cui alcune derivazioni ancora rimangono nei dialetti locali. I principali di essi erano:

Ligure         in Piemonte e Liguria;

Gallico            in Lombardia ed Emilia;

Venetico          nel Veneto e Venezia Giulia;

Etrusco            in Toscana e parte della Campania;

Umbro             in Umbria;

Latino              nel Lazio (Latium);

Osco                 in Campania, Basilicata, Puglia e Calabria;

Siculo            in Sicilia.

Cartina dei Dialetti Italici parlati nelle regioni della Penisola prima della formazione dell’Impero Romano

Possiamo ancora ricordare il fenicio o punito che era parlato in Sardegna, sostituendosi al cosiddetto paleosardo (sardo antico) a seguito della colonizzazione fenicia del XIV-XIII secolo a. C., mentre non possiamo non dare particolare risalto al greco che, per le colonie della Magna Grecia formatesi nel IX-VIII secolo a. C., si era diffuso lungo le zone costiere pugliesi, calabre e siciliane, persistendovi anche secoli dopo la con­quista romana e tuttora in alcune isole linguisti­che. Questi dialetti seguirono naturalmente gli eventi delle popolazioni che li parlavano: col passar dei secoli con esse si spostarono o spariro­no come l’etrusco, l’osco, il gallico, il ligure, op­pure si diffusero ed affermarono come il latino. Abbiamo detto col passar dei secoli e infatti bisogna notare che ancora nel III e II secolo a. C. quasi tutti tali dialetti erano normalmente parlati e solo al tempo di Augusto, cioè all’inizio della nostra era, si può dire che fossero scomparsi o ridotti, senza importanza, a limitatissime zone.

Influenza delle varie lingue sul latino

Saremmo indotti a pensare, conoscendo i sistemi di conquista degli antichi popoli, che anche i Romani usassero imporre ai vinti, con le loro leggi, la propria lingua. La diffusione del latino, sia in Italia sia poi in tutte le altre province del­l’impero, non avvenne invece in pochi anni per imposizione del vincitore sul vinto, ma fu un graduale, lento fenomeno di reciproca assimila­zione. Più che non alla conquista vera e propria dobbiamo darne il merito alla politica di coloniz­zazione romana: la distribuzione delle terre ai soldati veterani, quale premio per il lungo servi­zio da loro prestato in guerra, oltre a garantire una certa sicurezza politica alle nuove province, lasciava sul posto migliaia di soldati-agricoltori che parlavano il latino, o perché era la loro lin­gua-madre o per averla imparata ed usata per tanti anni sotto il servizio militare. L’amministra­zione locale, il commercio, i rapporti umani venivano quindi svolti in latino, ed anche la popolazione locale, in successive fasi, trovò più comodo abbandonare la lingua natia per adot­tare la nuova.

Abbiamo già visto, nell’introduzione a questo studio, come la lingua del popolo, e poi di conse­guenza quella letteraria, tenda ad assimilare pa­role ed espressioni dalla parlata delle popolazioni vicine e soprattutto dei conquistatori. Per il me­desimo fenomeno, anche la lingua di questi ultimi normalmente assorbe da quella del paese conqui­stato un certo numero di vocaboli, particolar­mente quelli che si riferiscono a piante, forme del suolo, animali, usi e costumi tipicamente locali.

Lo stesso fenomeno, che i filologi chiamano sostrato (cioè, letteralmente, ciò che sta sotto), avvenne naturalmente anche quando la lingua latina si diffuse nelle regioni assoggettate, pren­dendo il sopravvento su quella primitiva. Specialmente dall’osco, dall’umbro, dall’etrusco, dal gallico, dal celtico molte sono state le parole importate nella lingua latina e da questa succes­sivamente trasmesse al nostro italiano.



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