Il Novecento è un secolo complesso, ricco di novità, ma anche di problemi e di aspetti, spesso contrastanti.
Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del nuovo secolo la rivoluzione industriale attraversa una nuova fase, da molti storici definita “seconda rivoluzione industriale”. Si apre l’era del petrolio e dell’ automobile, inizia lo sfruttamento dell’ energia elettrica derivante dalle acque di caduta e destinata agli usi più vari; la chimica compie enorme progressi, i capitali emigrano verso i paesi arretrati in cerca di investimenti più vantaggiosi; si moltiplicano le società di assicurazione; si fondano organismi internazionali, atti a facilitare i commerci e le comunicazioni (ad esempio nasce a Berlino nel 1874 un “unione postale universale”); nascono le prime agenzie di informazione; la pubblicità assume un’ importanza crescente.
Per meglio comprendere tutto ciò indichiamo schematicamente le fasi delle Rivoluzione industriale nel suo complesso:
PRIMA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE: due fasi
- Industria leggera (ultimi decenni del ‘700- primi dell’800)
- Industria pesante (1830-1870)
- 1870-1914 (petrolio,elettricità, industria chimica; invenzione del motore a scoppio, automobile)
SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE: due fasi
Dal 2° dopoguerra ai giorni nostri (tutt’ora in corso…)
Mentre la popolazione mondiale è in continuo aumento, le tendenze espansive del capitalismo industriale e il progresso dei mezzi di trasporto e di comunicazione favoriscono la formazione di un unico sistema economico mondiale. Navi, ferrovie, automezzi, aeroplani (ricordiamo il biplano dei fratelli Wright 1903; nel 1909 Louis Bleroit attraverso in aeroplano la Manica; nel 1910 Chavez precipita presso Domodossola), telegrafo (Guglielmo Marconi nel 1896 brevettò in Inghilterra il telegrafo senza fili e il 12 dicembre 1901 riuscì a trasmettere e a ricevere un messaggio radiotelegrafico attraverso l’ Oceano Atlantico, dalla Cornovaglia all’ Isola di Terranova. Questo risultato gli valse nel 1909 il Premio Nobel per la Fisica, telefono, (inventato da Bell nel 1877) e radio tendono a ridurre le distanze e a conferire al pianeta l’aspetto di un “villaggio globale”, in cui anche fra regioni separate da grandi distanze si instaurano rapporti di reciproca dipendenza.
Produzioni e commerci internazionali crescono a ritmo vertiginoso, ma il “sistema mondiale”, che pur sembra solidissimo, è in realtà minato dai contrasti fra i paesi capitalistici, nonché dalla stessa paradossale ripartizione dei compiti, in virtù della quale alla metropoli Europa industrializzata si contrappongono le regioni e i continenti ridotti alla condizione di colonia (imperialismo). L’ Europa d’altra parte incalzata dalla concorrenza degli Stati Uniti, avviati a loro volta a occupare posizioni di primissimo piano tra le potenze imperialiste, fra le quali emergerà più tardi anche il Giappone.
Alla proonda trasformazione delle strutture oggettive si lega a un non meno profondo mutamento dei costumi: la vecchia famiglia patriarcale contadina (gerarchie di diverse generazioni),perduto il tradizionale significato di unità produttiva, va scomparendo ed è sostituita dalla cosiddetta famiglia nucleare (composta solo da genitori e figli); le donne tendono a emanciparsi e in Inghilterra si forma un’avanguardia di suffragette che rivendicano il diritto di voto (il Movimento delle Suffragette è guidato da Emmeline Parkhust e il voto alle donne, in questo Paese, si avrà dopo il 1°conflitto mondiale).
La società si secolarizza, cioè si emancipa dalla soggezione alle Chiese, e adotta regole di vita più libere o più licenziose, le istituzioni democratiche si diffondono in gran parte dell’ Europa, masse crescenti di popolo partecipano alla vita politica (società di massa), talvolta con attiva consapevolezza, talaltra lasciandosi semplicemente trascinare da capi carismatici.
Al nobile patriottismo del 1°Ottocento si sostituisce un nazionalismo aggressivo, incompatibile con un’ autentica vita democratica e spesso unito ad ideologie razziste. La brutale tendenza dei gruppi umani a chiudersi in se stessi e a perseguitare le minoranze comprese nei loro territori , pretende di assumere dignità di teoria nelle opere del francese Gobineau e dell’ inglese naturalizzato tedesco Chamberlain, genero di Wagner (teorici della razza).
Le minoranze ebraiche stanziate nelle regioni occidentali dell’ Impero russo sottoposte a durissime vessazioni e a ricorrenti, alimentano un continuo flusso migratorio diretto principalmente verso l’ America dove la Diaspora conquista presto posizioni di notevole prestigio e potenza.
Nel 1897 viene fondato a Basilea un movimento sionista ad opera dell ebreo ungherese Theodor Herzl, inteso a rivendicare il diritto degli Ebrei ad una patria (egli nella sua qualità da giornalista visse a Parigi il dramma dell’ affaire Dreyfus nel quale si manifestò la virulenza dell’antisemitismo).
Nel 1917 si avrà la “dichiarazione di Balfour” (ministro degli esteri britannico) nella quale si riconosceva il diritto degli Ebrei ad una sede nazionale in Palestina (che si otterrà solo dopo il 2°conflitto mondiale).
La crisi degli ideali liberal democratici che ha nel razzismo la più clamorosa manifestazione è altresì legata a un profondo mutamento degli orizzonti culturali. Tramonta il razionalismo della filosofia positivistica e sorgono teorie come quella di Nietzche ispirate ad un irrazionalismo che attraverso opportune manipolazioni, può essere agevolmente usato come strumento per giustificare deliri dei regimi totalitari.
Freud rileva che la civiltà stessa, in quanto implica norme e divieti, pùò generare disagio o nevrosi (“Il disagio della civiltà”) e da questa tesi alcuni desumono che il rimedio al disagio sia l’ abolizione delle norme e dei divieti.
Lo stesso marxismo può dar luogo ad interpretazioni che degenerano in aperta apologia della violenza (G. Sorel). Nell’ ambito del movimento proletario interessante è il dibattito tra i “marxisti ortodossi” che come Rosa Luxemburg non rinunciano alle prospettive rivoluzionarie delle origini, “i marxisti revisionisti” che puntano sul metodo delle riforme graduali e vedono nel socialismo la piena e completa attuazione del liberalismo.
Anche il mondo cattolico dopo l’ enciclica “Rerum Novarum” (1893) di Leone XIII, partecipa attivamente al dibattito politico e culturale. In Italia l’ economista Giuseppe Toniolo parla addirittura di “democrazia cristiana”, da lui concepita però secondo una prospettiva piuttosto paternalistica.
Più autenticamente democratica è invece l’ ispirazione del sacerdote Romolo Murri, che traduce in impegno politico l’ azione dei cattolici nei confronti delle classi meno abbienti. Altrove e soprattutto in Francia, i più vivaci ambienti cattolici alimentano il “movimento modernista”, inteso a svecchiare le modalità d’ azione della Chiesa e a renderle più atte ad incidere sulla realtà dei tempi. Essi tendono però ad attribuire gli stessi dogmi un significato storic suscettibile di modificazioni e approfondimenti, tanto che per questo e per l’ altro saranno condannati da Papa Pio X nell’ Enciclica “Pascendi dominici gregis “ (1907).
Il Novecento è dunque un secolo ricco di ambivalenze: è il secolo della progressiva espansione della civiltà industriale, della scolarizzazione di massa; della partecipazione di masse sempre più consistenti alla vita politica; del crollo degli imperi coloniali, dello sviluppo dei media, della globalizzazione di processi economici e culturali.
È il secolo doi nuove grandi conquiste della scienza e della tecnica: della teoria einsteiniana, della relatività elaborata tra il 1905 ed il 1915, della scoperta del DNA, delle conquiste dell’ astronautica, della cibernetica e dell’ informatica,….., ma il Novecento è anche il secolo del razzismo, del totalitarismo, delle due guerre mondiali, dei genocidi (degli Armeni, degli Ebrei, e dei Curdi) e di tante altre guerre.
© 2la.it - Riproduzione riservata.