La Chiesa nel corso dei secoli ha tradizionalmente avvertito come parte integrante del suo ministero la promozione, la tutela, la valorizzazione e la gestione delle più alte espressioni dello spirito umano in campo artistico. Questa costante attenzione della Chiesa ha arricchito l’umanità di un immenso tesoro di testimonianze dell’ingegno umano e della sua adesione alla fede, che costituisce parte cospicua del patrimonio culturale dell’umanità.
Per prima cosa è però indispensabile chiarire cosa si intende per “Bene Culturale della Chiesa”. Molti di noi sono concordi con l’enunciazione formulata dal Codice di Diritto Canonico: “L’insieme dei beni immobili e dei beni mobili sia preziosi, sia comunque riguardanti i beni culturali”, cioè quel vastissimo patrimonio architettonico-archeologico-storico-artistico-culturale formatosi nel corso dei venti secoli appena trascorsi e prodotto in appoggio alla missione evangelizzatrice della Chiesa.
Questi Beni sono patrimonio della comunità cristiana e, al contempo, dell’intera collettività umana: l’importanza dei Beni sta sia nella memoria storica che permette di riscoprire il cammino di fede delle varie generazioni, sia nel pregio artistico che manifesta la creatività di artigiani e artisti. Questi ultimi hanno quasi sempre operato imprimendo nelle opere che realizzavano il proprio senso artistico, ma anche la devozione propria e della comunità cristiana committente. In due millenni pittori, architetti, decoratori, ebanisti, mosaicisti, artigiani sono stati chiamati a manifestare la loro genialità nella realizzazione di fabbriche, sculture, quadri, manufatti e simboli, espressione materica di altrettanti concetti dottrinali.
Non possiamo tuttavia dimenticare scrittori, poeti, musicisti ed altri intellettuali che con la loro opera hanno cercato di trasferire culto, catechesi e carità. Per Giovanni Paolo II vanno infatti ricordati “I patrimoni artistici della pittura, della scultura, dell’architettura, del mosaico e della musica, posti al servizio della Chiesa. A questi vanno aggiunti i beni librari contenuti nelle biblioteche e i documenti storici custoditi negli archivi delle comunità ecclesiali. Rientrano infine in questo ambito le opere letterarie, teatrali, cinematografiche, prodotte dai mezzi di comunicazione di massa (Giovanni Paolo II, Plenaria 1995).
E’ anche evidente che i beni culturali hanno per la Chiesa un valore strumentale attuale in quanto servono alla liturgia, all’annuncio della Parola, alle opere di carità. Per lo più, infatti, essi sono stati concepiti e trasformati nel tempo in vista di specifiche funzioni pastorali a cui, in parte considerevole, continuano a servire. Peraltro tali beni, in quanto espressione di cultura, appartengono al patrimonio culturale di tutta la nazione italiana e, per volontà della Chiesa stessa, sono e vogliono sempre più essere a disposizione di chiunque intenda goderne e visitarli a scopo di contemplazione, studio, ricerca, turismo culturale.
I Beni Culturali ecclesiastici sono oggetto, da parte della Chiesa e da parte dello Stato Italiano rispettivamente, di interessi diversi tra loro connessi, per lo più di rango costituzionale e comunque incidenti sugli stessi beni, interessi di un clima di leale collaborazione possono utilmente essere armonizzati per favorire in ogni caso, la “promozione dell’uomo e il bene del paese” (art. 1 dell’Accordo di revisione del Concordato lateranense).
Tra queste, ad esempio, l’Intesa, fra il Ministero per i beni e le attività culturali e la Conferenza episcopale italiana, relativa alla conservazione e consultazione degli archivi d’interesse storico e delle biblioteche degli enti e istituzioni ecclesiastiche (esecuzione dell’intesa firmata il 18 aprile 2000 dal Ministro per i beni e le attività culturali, Giovanna Melandri, e il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Camillo Card. Ruini).
Particolarmente interessante anche l’Art. 9 Beni culturali di interesse religioso del Codice dei beni culturali, D.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, che al comma 1 afferma: “Per i beni culturali di interesse religioso appartenenti ad enti ed istituzioni della Chiesa cattolica o di altre confessioni religiose, il Ministero e, per quanto di competenza, le regioni provvedono, relativamente alle esigenze di culto d’accordo con le rispettive autorità”.
Al comma 2 si riporta: “Si osservano, altresì, le disposizioni stabilite dalle Intese concluse ai sensi dell’art. 12 dell’Accordo di modificazione del Concordato lateranense firmato il 18 febbraio 1984, ratificato e reso esecutivo con Legge 25 marzo 1985, n. 121, ovvero delle leggi emanate sulla base delle Intese sottoscritte con le confessioni religiose diverse dalla cattolica, ai sensi dell’art. 8, comma 3, della Costituzione”.
Infatti, solo in presenza di una Intesa, o altra forma di accordo preliminare, può essere consentito alle esigenze di culto di influire sulle determinazioni assunte dal Ministero in materia di tutela. In mancanza, si può prevedere solamente un obbligo di “sentire” i rappresentanti delle confessioni religiose ogni qual volta l’intervento in funzione di tutela sia suscettibile di incidere sulle esigenze di culto.
Si è anche ritenuto di dover introdurre la previsione circa la possibilità che le Regioni adottino norme e stipulino intese ed accordi con gli enti di culto interessati per la valorizzazione dei beni culturali di interesse religioso.
In quanto destinati all’azione della Chiesa volta alla lode di Dio e alla santificazione dei fedeli, i Beni Culturali ecclesiastici sono anche Beni Cultuali: da qui la ricchezza e complessità di nozioni di questo particolare patrimonio, che va incrementato, gestito, fruito, studiato, conservato, tutelato e restaurato.
Con lo svilupparsi della consapevolezza della Chiesa, della specificità dei propri Beni Culturali, e con l’approfondirsi della riflessione teologica su di essi e sul senso della loro funzione e fruizione, anche la legislazione canonica in materia si è fatta più efficace e puntuale. Così se la normativa del primo Codice di diritto canonico manifestava la propria inadeguatezza, successivamente grazie all’apporto del legislatore universale, tramite gli interventi di alcuni dicasteri della curia romana e di quello particolare a livello soprattutto di conferenze episcopali nazionali, la tutela giuridica dei Beni Culturali della Chiesa è venuta acquisendo una maggiore sistematicità e organicità. Questo positivo sviluppo è stato favorito sia dagli insegnamenti del concilio Vaticano II che dall’attività concordataria e internazionale in genere della Santa Sede, attività che, in qualche misura, ha consentito all’ordinamento canonico di interagire utilmente con il diritto internazionale.
L’ordinamento canonico non può trascurare quanto prodotto dalle legislazioni civili e dal diritto internazionale in materia, ma nel contempo deve garantire e incentivare una tutela e una valorizzazione dei Beni Culturali Ecclesiastici che siano rispettose della loro specifica identità e che pur favoriscano ogni possibile e leale sinergia con gli ordinamenti civili.
Per questo, ad iniziare da una legislazione universale di riferimento, necessariamente essenziale e sintetica, le conferenze episcopali nazionali o regionali e i singoli vescovi potrebbero e dovrebbero articolare le normative più adeguate ai diversi contesti locali, ricercando ogni possibile collaborazione con le autorità civili, in particolare le Soprintendenze territoriali del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, ricercando ogni possibile collaborazione con i soprintendenti di settore e con le autorità civili, anche in vista di accordi e determinazioni di carattere pattizio da affiancare alla legislazione unilaterale.
D’altro canto la disciplina concordataria dei beni culturali in Italia è un caso speciale ed emblematico del rapporto tra Stato e Chiesa in materia. E’ facile riconoscere nella Chiesa italiana un caso unico e inconfondibile rispetto alle Chiesa di altre Nazioni, europee ed extraeuropee, questo anche perché i beni culturali ecclesiastici in Italia sono diffusi in ogni luogo, essendo il segno visibile di una presenza di fede plurisecolare, capillare e molto creativa.
Al di là di ogni restrizione mentale e di ogni schematismo ideologico occorre riconoscere che i Beni Culturali in Italia in larga misura presentano specifiche connotazioni religiose ed ecclesiali, perché generati nell’alveo della tradizione culturale cattolica.
Questi beni costituiscono tuttora un patrimonio inestimabile da tutelare e valorizzare ad ogni costo con un forte impegno che richiede una fattiva e sincera collaborazione tra le comunità cristiane e gli enti e organismi pubblici, secondo i valori e i principi sedimentati nella stessa Costituzione della Repubblica italiana e nel Codice dei beni culturali.
Pur tra difficoltà e complessità si deve istituire tra comunità ecclesiale e comunità civile, quindi in qualche misura tra ordinamento canonico e civile, circa la cura dei Beni Culturali Ecclesiali, la promozione di una tutela congiunta, e quindi davvero efficace, del ricco patrimonio dei Beni Culturali esistenti nel territorio della nazione, beni che, a prescindere dal soggetto di dominio, tutti noi abbiamo l’obbligo di conservare e tramandare con amore ai nostri figli.
L’Università eCampus
I beni culturali realizzati dalla tradizione cattolica costituiscono una ricchezza inestimabile nella quale arte e fede si fondono tra loro, dando vita ad un patrimonio la cui conservazione richiede un oneroso impegno, rispondente tuttavia ai fini propri della promozione culturale della società e alle esigenze dell’attività ecclesiastica.
La complessità socio-culturale del mondo contemporaneo impone di investire sulla formazione anche nel settore dei beni culturali ecclesiastici, affinché possano concorrere efficacemente nello svolgimento della sua missione.
Per la “lettura” dei beni culturali ecclesiastici come patrimonio di fede, per la salvaguardia e la gestione di un così vasto patrimonio, necessitano professionisti che abbiano acquisito strumenti conoscitivi ed interpretativi, competenze professionali specifiche di carattere teologico-storico-metodologico e tecnico-operativo, capaci di “dialogare” con il particolare settore dei beni culturali ecclesiastici. Il numero di questi professionisti deve essere elevato, altrimenti c’è il rischio della manomissione, alterazione, dispersione del “nostro” patrimonio artistico.
Per rispondere a queste esigenze l’Università Telematica eCampus ha appena attivato uno straordinario Master post-laurea biennale in “Tutela, valorizzazione e restauro dei beni culturali della Chiesa”.
L’Università eCampus annovera 5 Facoltà con 49 Corsi di Laurea, senza test di ammissione e iscrizioni sempre aperte, Tutor in presenza e lezioni online, simulazione d’esame.
Le Facoltà attive sono: Giurisprudenza, Ingegneria, Economia, Psicologia, Lettere.
L’Università eCampus è uno dei principali atenei online d’Italia, conta circa 45.000 studenti iscritti e un numero di corsi in crescita costante. La sede principale è situata a Novedrate (Como), nell’ex Centro di Formazione Europeo IBM, in un campus immerso nel verde, le altre sedi sono distribuite su tutto il territorio italiano, anche a Roma.
eCampus è strutturata come un ateneo tradizionale per quanto riguarda le sessioni d’esame e il titolo di studio rilasciato, ma ha una diversa modalità organizzativa delle lezioni: gli studenti possono seguirle online dal proprio computer o dall’App Mobile in qualsiasi momento, hanno a disposizione un tutor personale online e le uniche attività che è indispensabile svolgere in presenza – nelle sedi accademiche – sono gli esami e la discussione della tesi. Nello stesso modo è assicurata allo studente l’assistenza in presenza – grazie al metodo blended/misto, di tutor, cultori e docenti.
La struttura tecnologica dell’Ateneo, tra le più avanzate, è progettata per realizzare un VLE (Virtual Learning Environment, Ambiente Virtuale d’Apprendimento) in grado di integrare tutte le funzioni che il web rende disponibili per ogni allievo (lezioni, verifiche, ricevimenti, placement, stage, servizi bibliotecari, servizi amministrativi, etc).
Il Master
Il Master universitario di 2° livello Biennale in “Tutela, valorizzazione e restauro dei beni culturali e architettonici della Chiesa” prevede:
OBIETTIVI: il Master propone un percorso formativo finalizzato all’acquisizione di competenze specialistiche per la tutela, valorizzazione e restauro dei beni culturali ecclesiastici. Il Master intende formare delle professionalità specifiche, in grado di interpretare le esigenze, oggi lasciate inevase, che provengono dalla tutela e valorizzazione dell’ingente patrimonio culturale della Chiesa. In particolare l’attività d’insegnamento sarà volta a fornire conoscenze sui più recenti indirizzi normativi per la tutela dei Beni Culturali ecclesiastici e fornire ai discenti una preparazione ampliata da competenze multidisciplinari, competitiva e strategica nell’ambito della materia.
DESTINATARI: la figura professionale che si intende formare necessita di una competenza specialistica certificata oggi sempre più richiesta dalla committenza e dal mercato, anche in vista delle trasformazioni interculturali e multireligiose della società contemporanea.
Il Master si propone di formare precise competenze e figure professionali:
-Responsabili dei beni culturali ecclesiali;
-Responsabili della tutela e valorizzazione dei beni architettonici del territorio, nonché dei beni paesaggistici, dei parchi culturali ecclesiali;
-Guide ed Esperti di didattica museale e di educazione all’immagine;
-Guide di percorsi artistici qualificati e di pellegrinaggi;
-Operatori di turismo culturale e religioso;
-Organizzatori di eventi culturali.
REQUISITI DI AMMISSIONE: laurea quinquennale (Specialistica o Magistrale). Possono iscriversi al Master laureati di alcune discipline: Architettura, Ingegneria Civile, Ingegneria Edile e Architettura del Paesaggio, Pianificazione Territoriale Urbanistica e Ambientale, Laurea in Lettere Moderne e Classiche (DM 509/99 e DM 270/04), Conservazione dei Beni Culturali, Storia e Beni Culturali della Chiesa della Pontificia Università Gregoriana, Scienze Religiose, Teologia. La partecipazione al Master è incompatibile con l’iscrizione ad altri master, corsi di laurea, dottorati e scuole di specializzazione (L.270/04, art.5 c.2)
DURATA E STRUTTURA: il master ha durata biennale, per un totale di 1.500 ore per ogni anno. La modalità di erogazione didattica è full online con piattaforma informatica accessibile h24. Il conseguimento del titolo finale richiede il superamento di tutti gli esami previsti per ogni anno e una prova finale, che potrà configurarsi anche come elaborazione di un progetto legato alla tutela, salvaguardia e restauro di uno specifico bene ecclesiastico e potrà coinvolgere anche più corsisti (e supervisionata da docente tutor). L’esame finale consisterà nell’esposizione del progetto alla presenza di una commissione appositamente riunita in una delle sedi dell’Università eCampus.
Al candidato verrà assegnato un punteggio in cento decimi, risultato dalla media complessiva degli esami sostenuti e dalla votazione ottenuta nell’esposizione finale.
INSEGNAMENTI DEL I ANNO
Insegnamento | SSD | CFU |
Storia dell’architettura sacra 1 | ICAR 18 | 10 CFU |
Teoria e storia del restauro architettonico 1 | ICAR 19 | 10 CFU |
Tutela e conservazione dei beni architettonici | ICAR 19 | 12 CFU |
Legislazione dei Beni Culturali | IUS 10 | 6 CFU |
Degrado e dissesti statici degli edifici storici religiosi | ICAR 10 | 12 CFU |
Tutela del paesaggio e delle aree archeologiche | ICAR 19 | 10 CFU |
INSEGNAMENTI DEL II ANNO
Insegnamento | SSD | CFU |
Storia dell’architettura sacra 2 | ICAR 18 | 10 CFU |
Teoria e storia del restauro architettonico 2 | ICAR 19 | 10 CFU |
Principi di conservazione dell’arte sacra | ICAR 19 | 6 CFU |
Museologia e Museografia | L-ART/ 04 | 10 CFU |
Aspetti economici di gestione dei beni ecclesiastici | SECS-P/08 | 6 CFU |
Iconografia e Storia dell’arte sacra | L-ART/ 02 | 12 CFU |
Tesi finale | 6 CFU |
Locandina del Master “Tutela, valorizzazione e restauro dei beni culturali e architettonici della Chiesa” realizzato dall’Università Telematica eCampus
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