Il gioco dei dadi che fece infuriare san Luigi di Francia
Anche il Medioevo amava
l’azzardo. E aveva le sue slot machine:
si chiamavano dadi. Si tiravano accompagnandoli a scommesse sul numero che sarebbe uscito. Il passatempo era già
noto tra gli antichi Romani e apprezzato in tutte le classi sociali. Nel
Medioevo si diffuse ancora di più
grazie ai cavalieri erranti e ai menestrelli, che ne fecero lo svago preferito
nelle taverne.
Vizio. Ma non tutti li amavano. Sulla nave che lo riportava a San
Giovanni d’Acri dopo la sua liberazione (era stato fatto prigioniero dai
musulmani) il re crociato Luigi
IX (1214-1270) chiese cosa stesse facendo il fratello, Carlo d’Angiò. Saputo
che giocava “alle tavole” (cioè a dadi) con Gualtiero di Nemours, andò su
tutte le furie. Provato dalla morte in guerra dell’altro fratello (Roberto d ‘Artois) si recò da Carlo e gettò in
mare tavole e dadi, furioso.
Guerra di secessione, su misura
La guerra civile americana (1861-1865) non fu solo un conflitto
fra due diversi modelli di società (sudista schiavista e nordista
abolizionista). Fu anche un
‘occasione di progresso tecnologico. La guerra fornì infatti
l’opportunità di sperimentare nuove armi e tecniche militari e fu un impagabile
incentivo allo sviluppo dell’industria nordista.
Su misura. Nella guerra
civile, per esempio, fu introdotto il sistema delle taglie per gli abiti
(inizialmente ideato per le uniformi). Inoltre, si avviò la produzione in serie delle scarpe (con misure numerate, prima sconosciute).
Dietro a tutte queste innovazioni c‘era una sola necessità: standardizzare.
La “squinzia” del Seicento
In passato non erano Internet o la televisione a
influenzare la lingua parlata: ci pensava il teatro. Molte espressioni passarono
infatti dal palcoscenico delle commedie all’ uso quotidiano È il caso della
parola “squinzia” nata dal Consigli di Meneghino del milanese Carlo Maria Maggi
(1630-1699). Fu Maggi, infatti, a inventare il personaggio di Donna Quinzia,
una dama tronfia, altezzosa e smorfiosa.
Anni’80. Il termine tomò in voga negli Anni ’80. Ma la“squinzia” assunse allora un significato diverso. “Hanno tutte unimprinting, quello televisivo degli show della seconda serata, vestiti, toni divoce, lunghezze, certezze e tacco a spillo: nella squinzia tutto è esagerato”scrisse in quel periodo la giornalista di costume Lina Sotis. Aggiungendo: “Lasquinzia è l’eterna tacchinata e mai presa “.
Giù le mani dalle mani di Glenn Gould
Il grande pianista canadese Glenn Gould (1932-1982) passò la suavita imbottendosi di antidolorifici che forse contribuirono a provocarglil’ictus che lo stroncò a soli 50 anni. Gould, infatti, soffriva di ipocondria:era terrorizzato dai raffreddori (indossava abiti pesanti anche d’estate), masoprattutto era ossessionato dall’idea di danneggiare le sue preziosissimemani.
Nervosetto. L’8 dicembre 1959 un tecnico della fabbrica di ipianoforti Steinway lo salutò conuna pacca sulla spalla. Mai avrebbeimmaginato le conseguenze dei suo gesto. II maestro, che non aveva certo unbuon carattere, lo apostrofò duramente. Poi, qualche settimana dopo, Gouldcancellò tutti i concerti. Si era convinto che la pacca avesse irreparabilmentecompromesso un nervo delle vertebre cervicali.
Paranoia. Dopo aver consultato decine di specialisti, si fece immobilizzare il collo e in seguito
sì sottopose a 117 manipolazioni ortopediche,finendo per denunciare per danni la Steinway, il cui tecnico era stato troppo “manesco”.
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