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Intervista a Ponzio Pilato

Procuratore dell’Impero romano in Giudea per 10 anni (26-36 d. C.), Ponzio Pilato fece eseguire la condanna a morte di Cristo. Dopo il suo rientro a Roma non si hanno più notizie di lui.

  • Quali erano i compiti di un Procuratore romano?

«Il Procuratore era un magistrato che con pieni poteri, a nome dell’Imperatore, governava la nazione assoggettata. Principalmente provvedeva agli interessi di Roma mandando i tributi. Per questo era molto forte, capo dell’esercito occupante. Inoltre gli si chiedeva di essere un buon politico per mantenere buoni rapporti, si fa per dire, con le autorità locali».

  • Era facile la vita in Giudea?

«Tutt’altro. C’erano numerosi gruppuscoli armati contro Roma che bisognava soffocare continuamente. E poi quella loro religione con un Dio unico non l’ho mai capita. Come non capivo perché fossero assolutamente proibite le immagini del nostro dio imperatore. Inoltre ero un pessimo politico, perché disprezzavo i grandi sacerdoti, che d’altronde mi ricambiavano cordialmente. Mi facevo rispettare con l’esercito».

  • Gesù Cristo era un giudeo e non era un violento. Perché l’hai condannato a morte?

«Perché me lo chiedeva una folla inferocita. Non avevo scelta. O ordinavo ai miei soldati di fare una strage o sacrificavo lui. In realtà Gesù era già stato condannato a morte dal Sinedrio, il gran consiglio che gestiva il potere presso il popolo. Allora era sommo sacerdote Caifa, un tipo spregevole».

  • Per la storia la responsabilità è tua, vero?

«Si, lo so. Quel Gesù mi ha rovinato la vita. Praticamente la mia carriera politica finì quel giorno, e poi non ho più dormito una notte in pace. Nel sonno rivedevo i suoi occhi, sentivo la sua voce… il mio regno non è di questo mondo».

  • Ma tu non hai tentato di salvarlo?

«Ho fatto poco. Ho offerto Barabba al suo posto. Ho detto che non trovavo nessuna colpa in lui. Ma lo facevo per tacitare la mia coscienza e, soprattutto, per far sapere a Roma il mio comportamento corretto. Veramente non lo facevo per lui. Mi sono lavato le mani perché la colpa fosse addebitata ai giudei, volevo che Roma lo sapesse. C’erano tante spie dell’Imperatore in Giudea».

  • Non hai da dire null’altro a tua giustificazione?

«A che serve? Posso vantarmi di una cosa, di aver infranto una legge vigente e di aver consegnato il corpo di Gesù ad un certo Giuseppe di Arimatea, invece di farlo buttare nella fossa comune. Poi, cosa strana, mi hanno raccontato che era risorto. Baggianate. Mia moglie invece me lo ripeteva sempre, forse, per farmi passare gli incubi. Io sapevo con sicurezza che la condanna era stata eseguita».



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