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Intervista a Richard Wagner

Compositore e drammaturgo tedesco morto all’età di 70 anni a Venezia.

-Wagner: genio e sregolatezza?
«La definizione non mi piace».

-Allora definisciti da solo.
«Un romantico che è riuscito a sintetizzare l’esperienza musicale di quattro secoli: da Palestrina a Bach, da Mozart a Beethoven, sino all’opera comica francese».

-Hai avuto anche molti fiaschi. Come li spieghi?
«È il destino di tutti gli innovatori. Opponendomi all’estetica teatrale del mio tempo, ho realizzato un’opera d’arte totale».

-In che senso?
«Le singole arti, poesia, musica, recitazione, scenografia, dovevano rinunciare alla propria individualità per concorrere unitariamente ad una nuova e più efficace sintesi espressiva».

-In altre parole, volevi fare tutto tu. Non è megalomania?
«Il creatore deve avere l’intera responsabilità del progetto drammatico, dal libretto alla musica, dalla regia alla messa in scena».

-Hai disegnato persino un teatro. Un modo come un altro per spillare quattrini ai tuoi protettori?
«Non essere insolente, ragazzo».

-Senza l’aiuto del giovane sovrano di Baviera, Luigi II, oppresso com’eri dai debiti, avresti avuto una vita molto dura, no?
«La mia vita non è stata facile, ma intensa. Non ho conosciuto mio padre, sono stato educato dal patrigno pittore e attore, ma a vent’anni ero già direttore d’orchestra, a ventuno ho sposato la cantante Minna Planer. Ho viaggiato molto, ho partecipato ai moti insurrezionali del 1848 e 1849…».

-Una vita felice?
«La felicità è come la musica: una perfezione irraggiungibile».



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