Apr
28th
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Quanto fa 2 più 2?

“Quanto fa 2 più 2? “Pierino?!?” domandò il maestro “Dipende signor maestro” rispose Pierino. “Come …dipende?!?” incalzò il maestro. “Si, Signor Maestro.

Se sommiamo il risultato allora 2 più 2 è 4, ma se mettiamo 2 accanto all’altro 2, allora il risultato è 22!” Invece, sempre a scuola, un’altra maestra chiese a Pierino: “chi ha inventato la pila?” Subito Pierino: “Pilato” E la maestra: “e allora, Volta cosa ha inventato?” Pierino: “lo sterzo!”

Come si può arguire da queste due barzellette è evidente che l’ilarità, suscitata dai due dialoghi, sottende un difetto di comunicazione tra l’emittente (maestro/a) ed il ricevente (Pierino) in quanto lo stesso stimolo (domanda) viene percepito dal ricevente in modo tale da essere interpretato secondo un contesto ambientale e un funzionamento neurologico diversi dalle aspettative dell’emittente.

Tuttavia le logiche sottese ai ragionamenti dei 2 interlocutori sono ineccepibili. Ciò fa pensare al fatto che siamo dotati di diversi tipi di intelligenza che ci permettono di adattarci all’ambiente e di comunicare con gli altri.

In altri termini, grazie alla capacità della nostra intelligenza possiamo condurre e sviluppare una vita sociale.

Esisterebbero, quindi, diversi tipi di intelligenza, non solo quella logico matematica.

Da un punto di vista etimologico l’intelligenza può essere definita come “Quel complesso di funzionalità e abilità psichiche e mentali che consente ad un soggetto in primo luogo di capire, ovvero di giungere autonomamente a delle conoscenze reali per merito di proprie elaborazioni di informazioni”.

Tuttavia, sebbene gli sviluppi dello studio sull’intelligenza mettono in luce tre aspetti della prestazione cognitiva efficiente:

  • la competenza che deriva dall’esperienza (expertise),
  • il contesto (context) e
  • la pratica (pragmatics),

gli studiosi che inizialmente cominciarono ad occuparsi di intelligenza, hanno diretto la loro attenzione sulle capacità espresse nell’esecuzione di particolari compiti, di giudizio, di comparazione, di memoria e di comprensione, compiti di diversa difficoltà col fine anche di indagare se fosse possibile aumentare e migliorare l’intelligenza.

I primi studi sull’intelligenza risalgono a Alfred Binet[1] e Thedore Simon[2] che hanno introdotto il concetto di età mentale e che per primi hanno esaminato le differenti abilità intellettive di bambini in età scolare.

Successivamente fu introdotto la nozione di Quoziente Intellettivo[3] (Q.I.):

Dove:         Em =  Età mentale e Ec = Età cronologica

In altri termini se un soggetto ottiene 100 come Q.I. allora è un soggetto che ha un’intelligenza nella media della popolazione a cui appartiene, invece, una persona che ottiene meno di 100 è leggermente inferiore alla media ecc.

Questo Q.I. veniva e viene usato come test di ingresso per accedere a particolari istituti di istruzione o a determinate tipologie di lavoro. Praticamente se si è al di sotto della media non si può accedere (per esempio, nel film “Forrester Gump”, il protagonista doveva superare una prova sul Q.I. per poter entrare nella scuola dove lo voleva iscrivere sua madre).

Invece un altro studioso sostenne la tesi che l’intelligenza è sempre composta da un fattore G, cioè da un fattore d’intelligenza generale, e da una varietà di componenti specifiche relative ai compiti che, di volta in volta vengono affrontati dal soggetto (componenti denominate “fattori di gruppo” – 1927) [4].

Queste prime valutazioni dell’intelligenza hanno suggerito l’idea, accennata in premessa, e cioè che non  esiste una sola intelligenza “generale”, ma ne esistono diverse.

Infatti, successivamente si ipotizzò che l’intelligenza avesse due aspetti fondamentali[5]:

Intelligenza fluida: cioè abilità, indipendente dall’apprendimento e dalla cultura, di individuare soluzioni complesse e nuovi modi di pensare. L’intelligenza fluida non è influenzata dalla cultura, probabilmente è molto più simile all’intelligenza generale alla versione originale di Spearman;

Intelligenza cristallizzata: cioè una forma di intelligenza che invece rispecchia l’influenza dell’apprendimento, delle conoscenze acquisite delle pratiche della cultura, abilità, conoscenze, modi di pensare acquisiti.

Ma mentre con l’invecchiamento l’intelligenza fluida rischia di declinare a motivo di processi naturali che riducono la velocità, la rapidità e la destrezza cioè a causa del deperimento di processi che si ripercuote poi anche nelle attività intellettive di comprensione analisi e decisione ecc., l’intelligenza cristallizzata, che invece dipende dalle pratiche e dalla cultura, può continuare a funzionare bene e a compensare le perdite che si hanno a livello di intelligenza fluida.

Nella prospettiva anche di poter intervenire e potenziarne le componenti, diversi studiosi hanno posto sempre più attenzione alle componenti dell’intelligenza studiandone le diverse espressioni.

I psicologi cognitivisti[6], per esempio, sono andati a cercare quali erano le componenti fondamentali della prestazione intellettiva per capire se era possibile, intervenendo su di esse, migliorarne poi la prestazione.

Ecco allora che gli individui si differenziarono[7] sulla base di come:

  • si rappresentano mentalmente i problemi;
  • manipolano le rappresentazioni mentali;
  • eseguono i vari passaggi di elaborazione dell’informazione.

Un difetto intellettivo può essere imputato a uno di questi livelli; ne consegue allora che un miglioramento dell’intelligenza può interessare un potenziamento di tutti questi tre livelli.

Invece, altri autori ritengono che l’intelligenza non è una qualità statica che risiede nella mente di ognuno, ma è una capacità adattiva, con cui si trasformano e si risolvono i problemi della vita quotidiana.

Si tratta di una capacità distinta in tre tipologie di componenti[8]:

  • Metacomponenti:        sono componenti che stabiliscono quali problemi affrontare e che monitorizzano le strategie da impiegare;
  • Componenti esecutive:           queste classificano, confrontano, combinano e sorreggono l’azione;
  • Componenti acquisitive:         che provvedono all’apprendimento delle conoscenze per la soluzione dei problemi.

Evidentemente il “buon educatore” deve essere in grado di intervenire e sostenere delle prestazioni ottimali ai diversi livelli distinguendo di conseguenza i seguenti tre tipi di intelligenza:

  • Analitica, implicata nel ragionamento astratto e nella valutazione delle idee
  • Pratico-contestuale, implicata nella soluzione dei problemi quotidiani
  • Creativo-sintetica, implicata nello sviluppo di soluzioni nuove e creative.

Forse gli studi recenti più famosi sull’intelligenza sono quelli di Gardner (1983) secondo il quale ciascuna intelligenza va contestualizzata ed è divisibile in sette tipologie:

  • logico – matematica
  • linguistica
  • musicale
  • spaziale
  • corporea
  • inter-personale
  • intra-personale

In questa linea si colloca anche il contributo di altri studiosi[9] che parlano di intelligenza SOCIALE o interpersonale, che corrisponderebbe alla competenza con cui le persone affrontano i problemi della vita quotidiana. Si tratta della capacità di acquisire delle buone pratiche e di interagire efficacemente con gli altri, adattando il comportamento alle circostanze. Quindi intelligenza intesa come sistema di adattamento alla realtà.

Infine ci sono autori che parlano di altri tipi di intelligenza.

Per esempio l’intelligenza “emotiva” che coincide con la capacità di comprendere le emozioni e i sentimenti propri e altrui, di discriminare tra essi e di usare tali informazioni per guidare il pensiero e le azioni.

D. Goleman[10], successivamente, ha individuato sette aspetti del comportamento emotivamente intelligente:

  1. autocoscienza,
  2. automotivazione,
  3. persistenza di fronte alle avversità,
  4. controllo degli impulsi,
  5. regolazione dell’umore,
  6. empatia
  7. ottimismo

E pertanto con intelligenza emotiva si indica la capacità di gestire al meglio le proprie emozioni, le proprie relazioni, le proprie potenzialità e le opportunità che si offrono dalle circostanze.

Dopo questo breve excursus sui contributi più rilevanti nella ricerca sull’intelligenza, possiamo rimanere affascinati da questa capacità umana pensando inoltre a quante altre proprietà potrebbe avere la nostra mente;

veniamo sollecitati sicuramente a pensare con più attenzione a cosa effettivamente la esponiamo quando le somministriamo un certo tipo materiale/informazioni da elaborare, piuttosto che un altro. Infatti la mente non si ferma mai e, come la macina di un mulino sminuzza il grano per dare la farina, così, se alla nostra mente diamo cose belle da elaborare allora cresceremo e svilupperemo nel bene, perché “fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza”.[11]

 

 

 

 


[1] Alfred Binet, nato Alfredo Binetti (Nizza, 1857 – Parigi, 1911), è stato uno psicologo francese, inventore del primo test di intelligenza utilizzabile, base dell’odierno test QI.

[2] Théodore Simon (Digione, 1873 – Parigi, 1961) è stato uno psicologo francese. Insieme ad Alfred Binet ideò nel 1905 la scala metrica per la valutazione dell’intelligenza Simon-Binet.

[3] Lewis Madison Terman (Contea di Johnson, 1877 – Palo Alto, 1956) è stato uno psicologo statunitense. Professore di psicologia e pedagogia alla Stanford University, a lui si deve la realizzazione di uno dei più importanti e diffusi test di efficienza mentale: la scala metrica Stanford, costituita da un’accurata revisione dell’originale Scala Binet-Simon proposta dallo psicologo Alfred Binet. Tale scala è stata descritta in uno dei suoi primi lavori, The Measurement of Intelligence (“La misurazione dell’intelligenza”, del 1916), e ulteriormente perfezionata nel 1937.

[4] Charles Edward Spearman (Londra, 1863 – Londra, 1945) è stato uno psicologo e statistico britannico. Noto per i suoi lavori in ambito della statistica e pioniere dell’analisi fattoriale. Condusse inoltre ricerche nell’ambito dell’intelligenza umana, scoprendo il fattore G. Le procedure statistiche da lui descritte sono diventate standard nell’ambito delle scienze comportamentali.

[5] Raymond Bernard Cattell (Hilltop, 1905 – Honolulu, 1998) è stato uno psicologo inglese naturalizzato statunitense.

[6] Il cognitivismo può essere definito come un indirizzo della psicologia scientifica che si propone di studiare i processi mentali considerandoli analoghi a processi di elaborazione dell’informazione.

 [7] Earl Hunt Earl B. Hunt (1933) è uno psicologo americano specializzato nello studio dell’intelligenza umana e artificiale.

[8] Robert Sternberg (New Jersey, 1949) è uno psicologo statunitense. Si tratta di uno dei maggiori studiosi attuali dell’intelligenza e dello sviluppo cognitivo. Ha pubblicato oltre un migliaio di scritti, tra articoli su riviste e quotidiani, e diversi libri, alcuni dei quali tradotti anche in italiano.

[9] N. Cantor e J. Kihlstrom (2000)

[10] Daniel Goleman, nato nel 1946 in California, è uno psicologo e giornalista scientifico, autore del best-seller Intelligenza Emotiva.

[11] Dante, Divina Commedia. Canto 26mo dell’inferno.



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