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Isidoro e Cassiodoro. Un passaggio dall’impero al medioevo

Regno dei Visigoti

Costruttori di ponti culturali dal mondo antico al mondo medioevale

Isidoro di Siviglia (santo, vescovo) e Cassiodoro (letterato) rimangono a tutt’oggi due grandi figure della storia che vissero tra il V° (Cassiodoro, corte di Teodorico in Italia) e il VI° secolo (Isidoro,  Spagna, periodo del regno visigoto).

Alcuni cenni storici

Al tempo di Cassiodoro

Nel V secolo profonde trasformazioni si erano ormai verificate nel territorio che un tempo costituiva l’impero romano. Infatti, dopo la morte dell’imperatore Teodosio (395) che emanò a Tessalonica un editto che proclamava il Cristianesimo religione ufficiale dello stato, l’impero è divenuto a poco a poco sede di nuovi regni, detti romano-barbarici in quanto retti da leggi e istituzioni romane, ma difesi dalle armi dei barbari. Tra questi ci furono i Visigoti.

Si tratta di un popolo che discende dal ramo occidentale della tribù germanica dei Goti, stanziatosi intorno al III secolo d.C. fra il Dniestr (Moldavia) ed il Danubio. Ma nel 375 al sopraggiungere degli Unni si spostò verso Sud, riuscendo a sconfiggere lo stesso imperatore romano Valente presso la città di Adrianopoli (Grecia). Fermati, però, dall’imperatore Teodosio, ottennero di potersi stabilire nella Mesia (Serbia e Bulgaria) e nella Pannonia (Ungheria) come federati dell’Impero dietro pagamento di un tributo e la concessione di forti contingenti di soldati agli eserciti imperiali.

Il regno dei visigoti

Successivamente nel 395, Alarico loro capo, si spinse verso i Balcani e poi in direzione dell’Italia dove nel 402 fu sconfitto a Pollenzo (Piemonte) dal generale Stilicone, ex fiduciario di Teodosio. Tuttavia, alcuni anni dopo i Visigoti invasero di nuovo l’Italia e nel 410 ci fu il primo sacco di Roma che durò 3 giorni. In seguito, Alarico proseguì la marcia verso Sud, ma morì nei pressi dell’attuale Reggio Calabria. Il  suo successore, Ataulfo, ritornò sui suoi passi e nel 412 invase la Gallia ed, in pochi anni, conquistò quasi tutta la penisola iberica. Il regno dei Visigoti resistette lì fino a quando cadde a seguito della conquista islamica  (711-713 d.C.).

Invece in Italia gli Ostrogoti arrivarono nel 488 con l’ariano Teodorico, che avviò una politica di fusione in un solo popolo tra goti e Romani. Perciò si fece aiutare da Cassiodoro e Severino Boezio, ma senza successo, così che alla sua morte la figlia Amalasunta consapevole che non poteva, come donna, ereditare il regno, sposò Teodato che però era contrario alla politica filobizantina della moglie e di Cassiodoro. Per tale motivo relegò la consorte  in un’isola del lago di Bolsena per farla alla fine strangolare (535). Tale delitto, però, costituì il pretesto per Giustiniano (divenuto imperatore d’oriente nel 527), che proteggeva la regina, per dichiarare la guerra ai Goti e per tentare la riconquista dell’Italia.

Cassiodoro, un letterato spirituale

Cassiodoro (nato a Squillace 490ca-583ca ).[1] Senatore e letterato di fama e politico. Era figlio di un alto funzionario di Teodorico. Fu questore (507), nel 514 divenne console, e nel 523 magister officiorum, ministro per la politica interna. In tale contesto,  divenne l’animatore dell’ideale di fusione tra Romani e Goti. Fu consigliere prudente di Amalasunta, di Teodato e di Vitige (che sostituì l’irresoluto ed ignavo Teodato), durante le critiche vicende della successione del regno goto. Tuttavia, una volta che Belisario, generale di Giustiniano, sconfisse Vitige nel 540 e lo fece prigioniero a Ravenna, crollò l’ideale di conciliazione tra romanesimo e germanesimo perseguito da Cassiodoro. Allora la politica gli apparve come dispersione funesta dal raccoglimento religioso, solo valore per l’uomo. Ritiratosi, a Squillace, fondò nella zona, a Vivario, un monastero che, fornito di una ricca raccolta di codici e di uno scriptorium, divenne il prototipo dei centri culturali monastici del Medioevo.[2]

Al tempo di sant’Isidoro[3]

Quando terminò la guerra con i Goti (553) Isidoro ancora non era nato. I suoi natali, infatti, sono datati a Siviglia (Spagna) nel 560 ca. La sua morte avvenne invece nel 636. [4] Fu teologo, scrittore e arcivescovo.  In tempi successivi sarà proclamato  per le sue opere Dottore della Chiesa.  Grazie a lui, il popolo visigoto, seguendo come di consueto la decisione del re, si convertì dall’arianesimo al credo niceno nel 589, in occasione del Concilio di Toledo. La Spagna visigotica riconobbe in Isidoro una paternità di rinascita culturale e di conservazione dei saperi del passato, che il santo racchiuse in compendi ed antologie. Non meno importante, però, è la sua opera vescovile. Infatti, mentre le popolazioni iberico-romane professavano un Cristianesimo ortodosso, i Visigoti  rimanevano ariani.

La conversione dei Visigoti

Tale divisione religiosa ebbe una ricomposizione con la conversione del re visigoto Recaredo I. L’episodio, avvenuto nel 587, fu seguito dal battesimo di gran parte del popolo.[5] In seguito, nel 589, il III concilio di Toledo costituì il momento ufficiale della svolta: il regno visigoto iberico abbandonò ufficialmente l’eresia ariana. Il re Recaredo I compì la professione di fede cattolica e condannò l’arianesimo, obbligando il popolo visigoto e quello suebo (a lui sottomesso, ma posizionato nel nord della Spagna) ad accettare il cattolicesimo; molti vescovi ariani abiurarono la propria eresia.[6]

Piccola antologia

1.     Al tempo di Cassiodoro, durante la guerra Gotico-Bizantina, il quarto anno della guerra avanzava verso l’estate e già il grano cresceva spontaneo non in tanta quantità, però, come prima, ma assai minore; poiché, non essendo stato interrato nei solchi né con l’aratro né con mano d’uomo, ma rimasto in superficie, la terra non poté fecondarne che una piccola parte. Né essendovi alcuno che lo mietesse, passata la maturità ricadde giù e niente poi più ne nacque.

La stessa cosa avvenne pure nell’Emilia, perché la gente di quei paesi, lasciate le loro case, si recarono nel Piceno pensando che quella regione, essendo marittima, non dovesse essere totalmente afflitta dalla carestia. Né meno visitati dalla fame per la stessa ragione furono i Toscani, dei quali, quanti abitavano i monti, macinando ghiande di quercia come grano, ne facevano pane che poi mangiavano. Ne derivava naturalmente che i più fossero colti da malattie di ogni sorta e che solo alcuni ne uscissero salvi. Si dice che nel Pireo in Grecia non meno di 50.000 contadini morissero di fame ed anche molti di più al di là del Mare Ionio.

Col progredire della guerra tutti diventavano sparuti e pallidi si riducevano pelle e ossa; veniva infatti a mancare nel corpo ogni umore e la pelle asciutta prendeva aspetto di cuoio e pareva pelle ed ossa; di bruna che era, si faceva addirittura nera e dava alle persone l’aspetto di torce abbrustolite. Nel viso tutti parevano istupiditi e avevano gli occhi stralunati. Molti morirono di fame; molti altri, spinti dalla fame, se vedevano sui campi un po’ d’erba, vi si buttavano sopra e, puntate in terra le ginocchia, cercavano di estirparla, ma erano così deboli che neppure a questo riuscivano e stramazzavano giù morti. E non c’era nessuno che pensasse a seppellirli e neppure gli uccelli rapaci si gettavano sui loro cadaveri, perché non c’era più un filo di carne da portare via.

Procopio di Cesarea (Storiografo del tempo di Giustiniano

2.     Al tempo di Sant’Isidoro: La conversione dei Visigoti[7].

“Io, re Recaredo, ho sottoscritto con la mia destra, con la protezione di Dio, questa santa fede e vera confessione, che l’unica Chiesa cattolica confessa per tutto il mondo, tenendola nel cuore, affermandola con la bocca.Io Badda, gloriosa regina, ho sottoscritto con la mia mano di tutto cuore questa fede, nella quale ho creduto e che ho accolto. […] Confessiamo che noi ci siamo convertiti con tutto il cuore, con tutta l’anima e tutta la nostra mente dall’eresia ariana alla Chiesa cattolica; non c’è alcun dubbio che noi e i nostri predecessori abbiamo errato [nel seguire] l’eresia ariana, e che ora abbiamo imparato la fede evangelica e apostolica entro la Chiesa cattolica. Perciò la santa fede che il già menzionato religiosissimo nostro signore professò nel mezzo del concilio e sottoscrisse di sua mano, questa anche noi teniamo, questa confessiamo ugualmente ed accogliamo questa, promettiamo di predicare e insegnare alla gente. Questa è la vera fede che tutta la Chiesa ora ha per tutto il mondo, crede che è cattolica e lo prova. Su coloro i quali questa fede non piace o non piacerà, anathema Maranatha all’avvento del Signor nostro Gesù Cristo”.

Note:

[1]  Vivarium è stato un monastero fondato nel VI secolo da Flavio Magno Aurelio Cassiodoro nei pressi di Squillace, in Calabria.

[2] F. Cardini, Cassiodoro il Grande. Roma, i barbari e il monachesimo, Jaca Book, Milano 2009.

[3] Isidoro di Siviglia. È uno dei santi nazionali della Spagna. Le Etimologie di questo vescovo furono considerate da più studiosi le prime vere opere letterarie del Medioevo. In venti libri si trova un’enciclopedia di tutto lo scibile del tempo, composta prendendo come spunto le etimologie dei vari termini. La mole dell’opera è imponente e i temi sono i più svariati: arti liberali, religione, medicina, diritto, lingue e popoli, l’uomo e gli animali, la geografia, l’architettura, l’agricoltura, la geologia, la guerra, le armi, l’abbigliamento e i mezzi di trasporto. Per Isidoro, l’etimologia è il vero cuore funzionante dell’opera, in quanto solo attraverso la conoscenza di quest’ultima si può accedere all’effettiva conoscenza di fatti, oggetti e fenomeni. Nel frattempo, la Chiesa, specie l’episcopato di Toledo, ebbe una particolare  influenza sociale e politica. Lo attesta il fatto che fu la Chiesa a legittimare il potere dei sovrani a partire dal 672.

[4] Isidoro è menzionato anche nella Divina Commedia (‘Paradiso’, X, 130-132).

[5] R. Altamira, La Spagna sotto i Visigoti, in: ‘Storia del mondo medievale’, vol. I, Garzanti, Milano 1999, pp. 743-779.

[6] P.L. Guiducci – A.M. Erba, Storia Della Chiesa, terzo volume (Epoca Medievale), Elledici, Torino 2007.

[7]  Il Concilio di Toledo, c. 18 –

https://rm.univr.it/didattica/fonti/anto_ame/cap_IV/IV_4_it_stampa.htm



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