Continuiamo il nostro viaggio nel mondo del linguaggio e della comunicazione.
Negli articoli precedenti abbiamo sintetizzato da una parte la problematica connessa alle condizioni necessarie per comunicare incisivamente sull’ambiente circostante ed in particolare sulla necessità di avere quelle capacità strumentali per produrre/comprendere i messaggi dall’altra, dopo aver messo a fuoco le principali aree del cervello che vengono attivate nella comunicazione attraverso l’uso del linguaggio,
abbiamo fatto una rapida carrellata sulle tecniche d’indagine cerebrale utili per capire quali zone si attivano quando si compiono determinata atti comunicativi oppure vengono lese alcune parti del cervello.
Oggi vorremmo riflettere sui deficit a carico dei sistemi per produrre e comprendere i messaggi. Infatti, tutto ciò che viene pensato e vuole essere comunicato ha comunque bisogno di una trasduzione in azione. A tal fine l’organismo umano ha tutta una serie di apparati in grado di veicolare i comandi e tradurli, oltre che in vocalizzazione, anche in lettura, scrittura e nel caso di valutazioni numeriche, in calcoli.
A tali proprietà corrispondono, nello specifico, i disturbi più comuni così classificati:
– dislessia (difficoltà di lettura)
– disgrafia (scrittura incomprensibile)
– discalculia (difficoltà con numeri e calcoli)
– disortografia (incapacità di scrivere senza errori)
Oggi fissiamo la nostra attenzione sul processo di “lettura”. Si tratta di un processo standard che utilizza il sistema visivo, è un’abilità relativamente recente dal punto di vista filogenetico e si basa su una sorta di simultaneità dell’elaborazione del segnale.
Vengono datati i primi codici di lettura intorno a 10.000 o 12.000 anni fa, quindi se noi consideriamo che invece il linguaggio parlato sia comparso centinaia di migliaia di anni fa, almeno nelle forme prototipiche del linguaggio, comprendiamo la differenza fra questi due processi.
Da un punto di vista delle regole alfabetiche le lingue si dividono in due grandi categorie sulla base della loro rappresentazione ortografica:
- LINGUE TRASPARENTI o superficiali;
- LINGUE AD ORTOGRAFIA OPACA o profonda.
Le prime c’è una corrispondenza tra quello che noi leggiamo (grafema) e quello che traduciamo in codice uditivo producendolo (fonema), l’italiano è un esempio di questo genere.
Le seconde, nella maggior parte dei casi, quello che noi troviamo scritto non corrisponde al suo pronunciamento, cioè deve essere convertito in un fonema, un esempio è l’inglese.
I processi di lettura una volta appresi, e ammesso che non vengano appresi in modo spontaneo, è necessario essere immersi in un contesto di educazione formale per poter esprimersi in maniera corretta, come peraltro rivelato dal fatto che ci sono tanti bambini e adolescenti e anche qualche adulto che hanno problemi di dislessia, per esempio Einstein era, per sua dichiarazione, un dislessico.
Imparare a leggere comporta sia imparare dal contesto della lettura e sia imparare dal modo in cui si apprendono i meccanismi per convertire quello che si vede scritto in un suono (vocalizzazione). Si tratta di un processo quasi automatico che non tiene conto delle singole lettere ma di raggruppamenti di lettere che hanno significato e che, quindi, sono parole.
Per quanto riguarda la lettura a voce alta, i modelli a due vie sembrano i più adatti a dar conto delle numerose componenti che costituiscono questo processo, oltre ad essere quelli che permettono di spiegare la maggior parte dei disturbi acquisiti di lettura.
Secondo questi modelli le parole possono essere lette attraverso due vie, di cui una ulteriormente scomponibile: una via lessicale ed una fonologica, che operano in maniera indipendente.
Nel modello standard si ipotizza un primo stadio del processo, comune ad entrambe le vie, deputato all’analisi visiva dello stimolo. A questo livello sarebbero codificate le caratteristiche distintive dello stimolo oltre che la posizione delle lettere. Al secondo livello si trova un sistema deputato al riconoscimento delle lettere e a questo 2° stadio le vie di lettura si separano.
Lo stadio 2 può avere una via per così dire diretta, la via lessicale o un’altra via, una via non lessicale (detta sub lessicale), in cui non necessariamente si passa attraverso il lessico (probabilmente alcune delle cose che leggiamo non esistono nel lessico).
In particolare la via lessicale viene utilizzata per parole irregolari per le quali è stato necessario stabilire, formare una traccia lessicale, una traccia semantica (esempio: parole irregolari come Yacth).
Per gli italiani il lessico deve essere immagazzinato come un unico perché altrimenti non siamo capaci fare una conversione applicando delle regole che invece valgono nel caso in cui impariamo delle parole nuove, parole che non esistono nel nostro lessico, e per impararle dobbiamo scomporre quello che si leggerà e tradurlo in una suono.
Le parole nuove che impara il bambino, oppure le cosiddette “non parole” non posso accedere al lessico perché non c’è nulla nel cervello, almeno all’inizio, che lo rende codificato nel lessico, ma devo basarmi sulla conversione grafema/fonema.
Quando questi due meccanismi la via lessicale o la via sub lessicale hanno dei problemi, si hanno delle alterazioni nei processi di lettura il più conosciuto è la dislessia.
Intelligenti come e più delle altre persone, i dislessici si differenziano dagli altri per il fatto che fanno molta fatica a leggere. Hanno, infatti, un disturbo, la dislessia, che li rende lenti e scorretti nella decodifica delle lettere: le scambiano, le invertono, ne inseriscono di nuove. La dislessia può essere evolutiva o acquisita. Quest’ultima compare in seguito a un trauma cranico che ha provocato danni alle varie strutture cerebrali preposte alla lettura e alla scrittura, può quindi colpire chiunque e a qualsiasi età.
Personaggi famosi che hanno sofferto di dislessia, oltre a Einstein, sono Leonardo da Vinci, Raffaello, Picasso, Kennedy, Winston Churchill, Walt Disney, Tom Cruise.
Tuttavia esistono vari tipi di dislessie.
La dislessia profonda è caratterizzata dalla concomitanza di due tipi di dislessia: la dislessia superficiale e la dislessia fonologica.
Nella dislessia superficiale vi è un’alterazione a livello del sistema semantico e quindi si avrà un particolare tipo di errore, invece nella dislessia fonologica c’è una alterazione del meccanismo di conversione grafema- fonema.
Allora gli errori saranno diversi, errori semantici del tipo:
io leggo “arbusto” e lo pronuncio “albero”, poi possono esserci errore visivi in cui si scambiano le lettere, oppure errori derivazionali in cui invece di “divertimento” pronuncio “divertire”, ci sono, cioè, alterazioni in tutti i livelli del modello.
Nella lingua inglese, poi, per quanto riguarda la dislessia superficiale ci sono problemi nel leggere le parole irregolari che hanno la stessa pronuncia, invece nella lingua italiana questa sindrome in caso di lesioni è molto meno frequente perché in italiano gli errori per omofoni e non omografi sono pochi, tipo “l’ago” intende una certa cosa, l’oggetto sottile che punge oppure “lago” che è invece la distesa d’acqua.
Pertanto ci sono errori molto più frequenti per l’inglese dove ci sono degli omofoni che sono non omografi, si pronunciano alla stessa maniera, ma non sono scritti nella stessa maniera.
Altri errori, invece, in italiano possono essere gli errori di accentazione, per esempio si legge “sabàto” e non “sabato”, e questo succede anche quando c’è le parole con lo stesso grafema hanno significati diversi come “ancora” o “ancòra”.
Nella dislessia fonologica gli errori riguardano fondamentalmente la procedura sub lessicale e, quindi, i soggetti sbagliano nel leggere parole, le cosiddette “non parole”, oppure parole sconosciute, parole in una lingua straniera, il bambino impara parole nuove per le quali non è stata formata una traccia lessicale.
Recentemente con le attuali tecniche di misura è poi stato dimostrato che in caso di soggetti con dislessia c’è un’alterazione dei movimenti oculari, anche se non è ancora chiaro se sia una causa o sia un effetto di alterazione cerebrale.
Dal punto di vista dell’architettura neurale della facoltà di leggere, l’incidenza, la frequenza di ciascun tipo di dislessia varia a seconda dei tipi di lingua presa in considerazione (per esempio, è decisivo se si tratta di un’ortografia opaca o trasparente).
Ad ogni modo i soggetti che abbiano un problema dislessico diagnosticato secondo criteri specifici, possono essere sottoposti a test di lettura, anche di lettura silente, mentre sono sottoposti ad una misura con l’apparecchio della risonanza magnetica funzionale (come abbiamo in un precedente articolo è una tecnica non invasiva che da informazioni importanti sulle attività cerebrali e che quindi può essere usata anche in compiti di lettura).
Nei soggetti dislessici si noterà subito che l’attività cerebrale non è standard, in particolare quello che accade è che nell’emisfero sinistro c’è molta meno attività e invece c’è un’attività massiccia che riguarda strutture temporali parietali, anche nell’emisfero di destra.
Questo potrebbe indicare che per la normale lettura l’emisfero sinistro ancora una volta gioca un ruolo importante e che quando ci sono alterazioni di questi processi è chiamato in gioco l’altro emisfero e non possiamo dire che avere più attività cerebrali rende più bravi di fare una cosa, ma ragionevolmente è possibile che questa attività sia il tentativo di portar a buon fine il processo di lettura, ma senza riuscirci nei soggetti dislessici.
In definitiva la diversa organizzazione nervosa nel cervello nei normo-lettori rispetto ai dislessici comporta che l’attività è meno focalizzata, ma, soprattutto, è spostata maggiormente verso l’emisfero di destra con il significato plausibile di tentare un recupero della capacità di lettura attingendo alle risorse dell’emisfero cerebrale destro. Pertanto, in sintesi, possiamo dire che la dislessia è una sindrome classificata tra i Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA) con il codice F81.0, e la sua principale manifestazione consiste nella difficoltà che hanno i soggetti colpiti a leggere velocemente e correttamente ad alta voce. Tali difficoltà non possono essere ricondotte a insufficienti capacità intellettive, a mancanza di istruzione, a cause esterne o a deficit sensoriali.
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