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Immigrato o rifugiato?

L’immigrazione è il trasferimento permanente o temporaneo di gruppi di persone in un paese diverso da quello di origine; dal punto di vista del luogo di destinazione il fenomeno prende il nome di immigrazione, da quello di origine si parla di emigrazione. Si possono includere le migrazioni di popolazioni ed i movimenti interni ad un paese (le cosiddette migrazioni interne e il fenomeno dell’urbanizzazione).

 

Col termine di “immigrato” si trova nel dizionario italiano la seguente definizione: “agg. Che si è trasferito in un paese diverso da quello d’origine, specialmente per trovare lavoro”.

Invece “rifugiato” (o, più diffusamente, rifugiato politico) è un termine giuridico che indica chi è fuggito o è stato espulso a causa di discriminazioni politiche, religiose o razziali dal proprio Paese e trova ospitalità in un Paese straniero.

A differenza del concetto di profugo, espressione priva di un contenuto giuridico usata per definire genericamente chi si è allontanato dal Paese di origine per le persecuzioni o per una guerra, ciò che caratterizza il rifugiato è l’aver ricevuto dalla legge dello Stato che lo ospita o dalle convenzioni internazionali questo status e la relativa protezione attraverso l’asilo politico.

Nel 1950 l’Organizzazione delle Nazioni Unite ha istituito un organismo appositamente chiamato a tutelare i rifugiati, l’Alto Commissariato per i Rifugiati (ACNUR; in inglese United Nations High Commissioner for Refugees, UNHCR) e nella Convenzione firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 si legge:

« Colui che, (…) temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese, di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese: oppure che, non avendo la cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di tali avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra. »

(Convenzione sullo status dei rifugiati, Cap. 1, Art. 1 “Definizione del termine di ‘rifugiato'”, Ginevra, 28 luglio 1951)

L’accordo internazionale sancisce inoltre l’equiparazione fra i cittadini dello Stato ospitante e i rifugiati in materia civile, di esercizio della professione e di assistenza.

E in Europa? Cosa succede? Possiamo dire che a partire dagli anni Ottanta, le politiche in materia di immigrazione sono divenute sempre più convergenti in tutti gli stati dell’Europa occidentale.

Oggi, il secondo Trattato sull’Unione Europea, firmato ad Amsterdam il 2 ottobre 1997 ed entrato in vigore il 1° maggio 1999, contiene importanti novità nelle materie dell’immigrazione e dell’asilo (titolo IV, artt. 61-69, Trattato CE)

Invece per quanto riguarda la condizione giuridica dello straniero (colui che non ha cittadinanza) l’ordinamento italiano si conforma ai trattati ed alle norme internazionali (art. 10 Cost.). Lo straniero che non può esercitare le libertà democratiche nel suo paese, ha diritto d’asilo in Italia, secondo le condizioni stabilite dalla legge e non può essere estradato per motivi politici.

La legge n. 40 del 6 marzo 1998 sull’immigrazione fissa gli indirizzi gli obiettivi e le regole, mentre affida al Governo e dell’amministrazione, tramite delegificazione, l’attuazione. La tipologia di legislazione adottata non evita necessità di correzioni e innovazioni ma, nell’evoluzione delle politiche dell’immigrazione, conserva le norme fondamentali con effetti di certezza sulle procedure amministrative.

Tante leggi, tante buone intenzioni. E’ giusto che gli uomini e le organizzazioni si impegnino quanto meno a fissare dei paletti “giuridici” che aiutano poi come grimaldelli da utilizzare per difendere la dignità di tutte persone a prescindere dall’etnia o dalla zona geografica di provenienza.

Ma quanta fatica occorre per difendere i diritti inalienabili così altisonanti nella dichiarazione internazione dei diritti dell’uomo! E’ proprio vero: la libertà non è mai conquista una volta per tutte! Ma ogni giorno occorre lavorare per ricostruirla per aumentarla, per migliorarla, per manutenerala.

Infatti, non si riflette mai abbastanza su come difendere tali principi, sui metodi da applicare per facilitare la sussidiarietà (aiuto dallo stato)e la solidarietà tra i popoli ed in sostanza e non in ultimo sulle strategie ad ampio respiro necessarie per allargare, nel senso di “dare spessore”, il bene comune e non solo quello pubblico.

Forse già è un piccolo passo mettere i puntini sulle “i” e non confondere lo straniero con il profugo, o l’immigrato con il rifugiato. Si, è già un piccolo passo di civiltà; anche questo significa manifestare una sensibilità verso la dignità dell’altro diverso da noi, ma in fondo con i nostri stessi bisogni.



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