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27th
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Duccio di Buoninsegna (1255-1319) Incontro con la samaritana

Duccio di Buoninsegna (Siena, 1255 circa – 1318 o 1319) è stato un pittore italiano, tradizionalmente indicato come il primo maestro della scuola senese. L’arte di Duccio si dispiega in due periodi abbastanza contraddistinti:

in origine fondata su una solida componente bizantina (che imponeva schemi fissi e invariabili, nessuna o scarsa attenzione alla dimensione umana) e una notevole conoscenza di Cimabue (quasi sicuramente il suo maestro nei primi anni di attività), alle quali aggiunse una rielaborazione personale in senso gotico, con forme slanciate verso il cielo, una linea morbida e una raffinata gamma cromatica.

Successivamente il suo stile raggiunse esiti di sempre maggiore naturalezza e seppe anche aggiornarsi alle innovazioni introdotte da Giotto, quali la resa dei chiaroscuri, la volumetria delle figure e la resa prospettica, in questo secondo periodo, inoltre, si palesa l’attività di Duccio come miniaturista. Il suo capolavoro, ovvero la Maestà del Duomo di Siena, è un’opera emblematica dell’arte del Trecento Italiano.

Tuttavia il Duccio ha compiuto tante altre opere sempre su temi religiosi (come l’annunciazione, la natività, l’adorazione dei magi, la madonna in trono, la vocazione di San Pietro e di Sant’Andrea, le nozze di Cana, l’incontro con la samaritana, la guarigione del cieco e la resurrezione di Lazzaro). Concentriamoci, ora, su “incontro con la samaritana” (1308 -‘11). Qui vediamo la Samaritana che va a prendere l’acqua al pozzo

Il Vangelo secondo San Giovanni (cap. 4) ci racconta che il Signore si mise a parlare con lei presso il pozzo fuori della città. Duccio, nel collocare lei al centro del dipinto, desidera che gli spettatori, cioè, noi peccatori, ci mettiamo in una condizione ideale per accogliere la misericordia, percepire lo zelo del Redentore per la nostra salvezza. Pertanto, Duccio non dipinge il Signore Gesù al centro della scena, bensì ci mette la Samaritana. La Samaritana sembra gesticolare e guarda Nostro Signore. Egli, a sua volta, le rivolge lo sguardo decisamente, e col braccio destro ricambia il gesto analogo a quello della donna. Le due braccia sembrano ravvicinarsi, la conversione della peccatrice è vicina.  Gesù conosce così profondamente il cuore dell’uomo che porta quasi spontaneamente a creare un’intensa comunicazione. Duccio, tuttavia, vuole completare la storia evangelica con altri elementi con cui mostra la sua straordinaria capacità narrativa e della descrizione degli ambienti. La costruzione della porta della città turrita da cui esce una folla di gente e’ davvero straordinaria per l’epoca e Cristo arriva a sedere sul bordo di un pozzo costituito da un recinto ottagonale visto in uno scorcio che rende con grande efficacia l’idea di una terza dimensione. Dalla cittadina tipicamente medievale e, dunque, di un’architettura familiare per gli spettatori, vengono fuori alcuni discepoli, scettici nei confronti dell’azione del Maestro. Infatti, i discepoli sono giudei, e per loro i Samaritani sono eretici, anche se discendenti da un unico padre, Giacobbe. Tutto questo pregiudizio Duccio lo esprime sui volti dei discepoli, tutti diversi tra loro. Chi è sbigottito. Chi è ammirato. Chi si dispiace….In sintesi la figura della Samaritana funge da fulcro fra i due gruppi principali e amplificando la sensazione di distanza del primo piano da quelli retrostanti; questa insistente ricerca di una terza dimensione raggiunge il suo apice nel difficilissimo scorcio della brocca poggiata sulla testa della donna.



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