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Omeopatia, facciamo il punto

L’omeopatia (dal greco ὅμοιος, simile, e πάθος, sofferenza) è un metodo terapeutico alternativo, i cui principi teorici furono formulati nel 1790 dal medico tedesco Samuel Hahnemann.

L’Omeopatia si distingue dagli altri metodi terapeutici fondamentalmente per i seguenti tre principi:

1. “similia similibus curantur”: la cosiddetta legge dei simili. Secondo tale principio il rimedio appropriato per una determinata malattia sarebbe dato dalla sostanza che crea in una persona sana gli stessi sintomi osservati nel paziente ammalato. Tale sostanza, detta “principio omeopatico”, deve prima subire il processo di omeopatizzazione che ne inverte le proprietà terapeutiche trasformandolo da agonista in antagonista. Il farmaco viene, infatti, somministrato al malato in una quantità fortemente diluita e la misura della diluizione è definita potenza.

2. la metodica della diluizione e della dinamizzazione. Il farmaco attraverso questi due procedimenti viene omeopatizzato. Il procedimento consiste nel diluire il farmaco di partenza in soluzione, impartendo successivamente progressive diluizioni intervallate da energiche succussioni (dinamizzazioni). L’opinione non dimostrata degli omeopati è che diluizioni maggiori della stessa sostanza non provocherebbero una riduzione dell’effetto farmacologico, bensì un suo ipotetico potenziamento. La diluizione viene detta in omeopatia potenza: le potenze sono in realtà diluizioni 1 a 100 o diluizioni 1 a 10. In una diluizione C una parte di sostanza viene diluita in 99 parti di diluente e successivamente agitata con forza secondo il procedimento di succussione; in una diluizione D, invece, una parte di sostanza viene diluita in 9 parti di diluente e sottoposta poi alla stessa dinamizzazione. Le critiche maggiori all’omeopatia vertono sul fatto che a potenze elevate (da 12C o da 24D), le leggi della chimica provano che la soluzione finale è così diluita, da non contenere più neppure una molecola della sostanza di partenza. Infatti, il numero di molecole contenuto in una mole di sostanza è fissato dal numero di Avogadro, che è uguale a circa 1024 molecole/mole: quindi, mediante una diluizione 12C o una 24D della stessa mole di sostanza, si raggiungerebbero livelli di concentrazione che prevederebbero mediamente, al più, una sola molecola del farmaco. A fronte di questi dati, gli omeopati hanno formulato la tesi della cosiddetta memoria dell’acqua, secondo cui le molecole per un determinato periodo di tempo, anche dopo numerose trasformazioni, mantengono l’informazione del principio attivo e gli stessi effetti terapeutici di una dose maggiore. Senza l’effetto memoria dell’acqua, le concentrazioni di principio attivo in queste soluzioni acquose sarebbero così basse, da non avere alcun effetto terapeutico. Non esiste tuttavia alcuna prova scientifica della presunta “memoria dell’acqua”.

3. la teoria costituzionale e diatesica: in Omeopatia, il terapeuta cura il paziente e non la malattia ed è per questo che non esistono “specializzazioni” dei terapeuti, come nella medicina convenzionale, ma si tende a classificare le tipologie dei pazienti nelle cosiddette costituzioni, una sorta di carattere morfologico e biologico, che una volta squilibrato tende a far ammalare i soggetti della medesima costituzione in maniera simile (diatesi). Le Diatesi sono classificazioni di tendenze morbose acquisite e congenite presenti in ogni individuo ovviamente in modo diverso. Infatti, una vera visita omeopatica non può prescindere dalla teoria dei miasmi, cioè dallo studio delle tendenze patologiche del paziente e del suo modo di “fare malattia” e dalla teoria delle Costituzioni che consente di conoscere la reattività del paziente alla malattia, indirizzando la cura verso consigli igienici e comportamentali mirati.

Estratto dall’articolo di Maurizio Rondanini pubblicato nel sito del CICAP

…….Nella pratica omeopatica si è infatti soliti usare le cosiddette diluizioni centesimali generalmente indicate con la sigla CH. Un grammo di sostanza sciolto in 100 ml di acqua rappresenta la prima diluizione centesimale ovvero 1CH; un centesimo di grammo sempre in 100 ml costituisce la 2CH e così via. E’ possibile dimostrare con un calcolo relativamente semplice che alla trentesima diluizione centesimale la concentrazione del farmaco è pari a quella che si otterrebbe sciogliendone 1 grammo in un volume di liquido pari a circa 714 milioni di miliardi di volte il volume del Sole.

Si tenga inoltre presente che per alcune specie chimiche, come il mercurio, si utilizzano soluzioni che arrivano alla 100 CH o addirittura alla 200 CH. In altre parole è possibile affermare che nei rimedi omeopatici, una volta effettuate le diluizioni, non esiste più alcuna molecola del farmaco in questione ed essi sono letteralmente indistinguibili dall’acqua pura. Verso la fine degli anni Ottanta una nuova apparente scoperta sembrò permettere di superare questo problema e dare un fondamento teorico all’omeopatia: la cosiddetta teoria della “memoria dell’acqua”. L’immunologo francese Jacques Benveniste affermò infatti di aver verificato l’efficacia di un antisiero incredibilmente diluito in una reazione immunologica in vitro. Il lavoro di Benveniste fu pubblicato (con riserva) dalla nota rivista Nature e si sostenne allora che l’acqua in cui veniva diluito il rimedio omeopatico conservasse la “memoria” di esso, grazie alle succussioni o “dinamizzazioni” (agitazioni) effettuate durante la preparazione, anche se chimicamente alla fine non ve ne fosse più traccia. In realtà l’esperimento di Benveniste fu poi ripetuto, oltre che da altri laboratori, alla presenza di una commissione e si rivelò un fallimento sanzionando così l’infondatezza della suddetta teoria. Altri tentativi di dare un fondamento teorico a questa pratica alternativa sono poi stati fatti negli anni seguenti ma nessuno di essi ha tuttora dato risultati positivi. Non esistono inoltre ancora sperimentazioni rigorose che consentano di affermare che l’omeopatia abbia una qualche efficacia non spiegabile con l’effetto placebo. Ciononostante la medicina omeopatica trova largo seguito in molti paesi europei e, laddove non siano già stati approvati (come in Francia), esistono diversi Disegni di Legge che prevedono la distribuzione assistita di questi farmaci da parte del servizio sanitario nazionale.



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