Per fortuna in ufficio ci si ritrova ogni tanto a spezzare il ritmo di lavoro invitando un collega a prendersi un caffè al distributore automatico che l’azienda ci ha messo a disposizione. Passa un collega davanti al tuo ufficio: “prendi un caffè?” Un gesto semplice che distende le relazioni in ufficio ed aiuta a vivere. Ma dietro quei trenta centesimi … quanto lavoro !!!
Innanzitutto, in Italia, il caffè, che nelle macchine distributrici più sofisticate è conservato in grani così che su richiesta viene macinato lì per lì, è tutto importato. Quanto lavoro: raccolta, packaging, distribuzione, tostatura. Si dice che la parola provenga dall’arabo Qahwa che in origine indicava una bevanda dal colore rosso scuro prodotta dal succo estratto da alcuni semi e che provocava effetti eccitanti e stimolanti tanto da essere utilizzata anche in qualità di medicinale. Oggi questa parola in arabo indica il caffè. Dal termine arabo si passò lentamente al termine turco Qahvè, successivamente italianizzato in caffè. Altri dicono che il termine derivi strettamente dalla regione in cui questa pianta era diffusa spontaneamente: l’altopiano di Caffa nell’Etiopia sud-occidentale.
Secondo la Camera di commercio di Milano (dati 2010), l’import-export di caffé in Italia rispetto al 2009, diminuisce passando da più di 412 milioni a quasi 382 milioni (-7,5 %). In particolare, nel primo trimestre 2010 è stato importato caffé per un valore di oltre 228 milioni di euro ed esportato per 153 milioni (-15,2% l’import e +7,2% l’export rispetto allo stesso periodo del 2009).
Ma da dove arriva il caffé che viene lavorato in Italia? Il caffé non torrefatto e non decaffeinizzato viene importato principalmente dal Brasile (42,4%), dal Vietnam (13,2%) e dall’India (8,3%). Quello invece decaffeinizzato proviene quasi totalmente dalla Germania (94%). Del resto è principalmente svizzero (il 66%) il caffé torrefatto che arriva nel nostro Paese.
Tuttavia non basta il caffè per goderci un break davanti ad un distributore automatico. C’è bisogno di tanti altri componenti, per esempio dell’acqua. Quindi abbiamo sparsi per il territorio tanti bacini di raccolta dell’acqua, abbiamo da mantenere una rete idraulica di adduzione, condotte, tubi, e, infine, il rubinetto al muro con tubicino di gomma che entra nel distributore.
Ma non basta ancora, abbiamo bisogno anche di corrente elettrica per manovrare i meccanismi che predispongono il bicchiere di carta plastificata, che facciano scendere lo stecchino di plastica per girare lo zucchero, per bollire l’acqua, per far funzionare il chip che gestisce i comandi cassa/opzioni.
Quanto lavoro!!! Quanta gente coinvolta dietro la produzione di corrente elettrica: importare i combustibili fossili, raffinarli, bruciarli per movimentare le macchine elettriche per produrre la corrente, predisposizione e manutenzione della rete elettrica. Secondo Terna spa produttrice di energia elettrica in Italia, nel nostro paese, come sistema fisico nazionale comprendente le proprie centrali e le proprie stazioni di pompaggio, nel 2009 ha avuto consumi per circa 337 601 GWh di energia elettrica. Tale dato è il cosiddetto “consumo o fabbisogno nazionale lordo” e indica l’energia elettrica di cui ha bisogno il Paese per far funzionare qualsiasi impianto o mezzo che abbisogni di energia elettrica. Per quanto riguarda invece la potenza richiesta, l’Italia ha bisogno mediamente di circa 38,5 GW di potenza elettrica lorda istantanea (36,4 GW di potenza elettrica netta istantanea). Tali valori oscillano tra la notte e il giorno mediamente da 22 a 50 GW, con punte minime e massime rispettivamente di 18,8 e 51,8 GW.
Per la nostra tazzina di caffè, però, ci sono tanti altri contributi … tutti predisposti per farci godere di questa piccola pausa. Vogliamo citare uno su tanti altri: i chip necessari per gestire la cassa del distributore automatico. Secondo i dati reperibili nel sito del Ministero dello sviluppo economico, l’Italia ha importato componenti elettronici e schede elettroniche per 5.922.000 euro nei primi dieci mesi del 2010.
Da oggi ci sembrerà più buono il caffè del distributore automatico, anche se non c’è la tazzina in ceramica di casa nostra … Potremo goderci la pausa con più consapevolezza pensando al progresso che ha fatto della nostra civiltà quella di cui oggi possiamo godere.
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