«A tutti vorrei ripetere: non lasciatevi rubare la speranza. Ma vorrei dire anche: non rubiamo la speranza, anzi diventiamo tutti portatori di speranza.» Papa Francesco
Edizioni Lindau, Torino
pp. 384 – 19,00€
«Nel libro sono descritte le difficoltà vissute da Bergoglio nei rapporti con la Curia romana prima dell’elezione. Piqué scrive di un gruppo di persone che «comincerà a fargli la guerra» e annovera tra queste l’allora nunzio in Argentina, Adriano Bernardini (oggi nunzio in Italia) e l’allora Segretario di Stato Angelo Sodano. La maggior parte dei problemi avevano a che vedere con le nomine dei vescovi, dato che a Roma venivano bocciati i candidati proposti da Conferenza episcopale argentina. Del gruppo contrario a Bergoglio fanno parte monsignor Héctor Aguer, arcivescovo di La Plata, alcuni vescovi e istituti sacerdotali e laici, compresi alcuni professori della UCA. Chi opera nell’ombra – si legge nel libro – è l’ex ambasciatore menemista alla Santa Sede, Esteban Caselli, personaggio molto controverso, che ha facile accesso ai palazzi vaticani grazie alla sua amicizia con il cardinal Sodano, al punto da essere nominato “gentiluomo” del Papa nel 2003». Bergoglio viene accusato di non difendere la dottrina, di compiere gesti pastorali troppo audaci, di non discutere pubblicamente con il governo argentino di turno in modo più deciso.» Andrea Tornielli – «La Stampa», 16 novembre 2013
dal libro….
«La gente della bidonville lo sente suo. Si sono impadroniti del Papa. È il loro vescovo che si è recato in tutte le bidonville, che non sa le cose per sentito dire ma che conosce il dolore, le lotte, la gioia. Quando è stato eletto papa c’è stata una festa, e i commenti erano: “Il Papa ha mangiato il chipáche ho fatto io”. “Il Papa ha bevuto il mio mate”. “Il Papa mi ha cresimato, mi ha battezzato…” Non accade spesso che qualcuno ti telefoni per ringraziarti di un articolo. Lo fa Jorge Bergoglio alla fine di febbraio 2001, quando lo conosco durante un’intervista per «La Nación».L’arcivescovo di Buenos Aires è venuto a Roma per essere creato cardinale da Giovanni Paolo II nel concistoro del 21 febbraio di quell’anno… L’appuntamento è giovedì 15 febbraio alle 16.15. Quando accendo il registratore e cominciamo l’intervista, a poco a poco inizia a sciogliersi. Pensa attentamente a ogni parola. Parla in modo semplice, sono molte le frasi che potrebbero servire da titolo. Bergoglio non ha quell’atteggiamento superiore e un po’ misogino che avverto in altri prelati. Malgrado la difficoltà della situazione in Argentina, Bergoglio non perde la speranza. Dice di prevedere quella che chiama una «generazione trasversale»: uomini e donne in grado di dimenticare a che partito appartengono e di rendersi conto che bisogna difendere il paese, più che la riserva di caccia del proprio partito e dei propri interessi. «Invito i giovani a entrare in politica e a essere responsabili: la politica è una delle forme più importanti di carità, è lavorare per il bene comune, e bisogna riscattare la politica dalle circostanze che l’hanno infangata» dice. Non nasconde di essere un prete che preferisce le strade ai chiostri. Quando gli parlo di un eventuale conclave per eleggere il successore di Giovanni Paolo II, che è malato, e gli dico che lui per età potrebbe essere papabile, ride. «Non ci avevo pensato» assicura. E quando gli faccio notare che il numero dei cardinali latinoamericani è aumentato e gli chiedo se possiamo aspettarci che il prossimo papa sia latinoamericano, risponde con parole che – dodici anni più tardi – si rivelano profetiche: «Credo che sia una possibilità fra molte… Potrebbe essere chiunque, di qualsiasi continente. In genere quando si fanno congetture poi il risultato è un altro. Per esempio, nessuno pensava che sarebbe stato eletto Giovanni XXIII, e nemmeno che Luciani sarebbe diventato Giovanni Paolo I… e poi un polacco… Dall’interno le cose si vedono in un altro modo, si prega molto e si considerano le necessità della Chiesa». Giorni dopo, una volta pubblicato l’articolo, l’arcivescovo di Buenos Aires mi telefona a casa per ringraziarmi. La chiamata mi sorprende, non è cosa da tutti. E non immagino ancora che sia il punto di partenza di qualcosa che crescerà nel tempo. Le 6 di sera. Il Papa ha appena finito di scrivere un appunto e vuole che qualcuno glielo trascriva al computer. Cerca un funzionario negli uffici del Vaticano, ma ormai non c’è più nessuno. Tuttavia, le luci sono accese. Francesco inizia a spegnerle, stanza per stanza. E inveisce: «Con tutto questo spreco di luce, in America Latina un sacerdote ci vive un anno!». La scena è stata vista e raccontata da persone vicine al Papa. Ed è del tutto verosimile. Quando viveva in un appartamentino al terzo piano della curia metropolitana di Buenos Aires,in pieno inverno, durante i fine settimana, nei momenti in cui era solo nell’edificio, padre Jorge non accendeva il riscaldamento per evitare gli sprechi. Gli bastava una stufetta elettrica. Il suo desiderio di una «Chiesa povera per i poveri» rivoluziona da subito il Vaticano. Nella curia romana, che in gran parte si adegua a questo nuovo vento del sud, diventano improvvisamente di moda anelli e crocifissi d’argento. Non si usano più catene e crocifissi d’oro (peggio ancora se carichi di pietre preziose). Meglio regalarli ai poveri o, in ogni caso, conservarli in cassaforte. La nuova linea di austerità che il Papa impone con la sua decisione di vivere a Santa Marta e con il suo stile sobrio – niente limousine né Mercedes Benz, viaggia su un’auto normale, una Ford Focus blu metallizzato – comincia a notarsi nei fatti. Per esempio nel 2005, con la morte di Giovanni Paolo II, gli impiegati del Vaticano avevano ricevuto mille euro a testa, oltre a un assegno di 500 euro dopo l’elezione di Benedetto XVI. Francesco decide di destinare questa somma, circa sei milioni di euro, a opere di carità per i più bisognosi. Ma è solo l’inizio. Il 16 maggio, a due mesi e tre giorni dall’elezione, nel suo primo grande intervento riguardo alla crisi finanziaria mondiale, ne traccia una radiografia implacabile.Con un tono molto energico, denuncia l’esistenza della «dittatura di un’economia senza volto né scopo», che ha come risultato una «precarietà quotidiana con conseguenze funeste». Si scaglia poi contro lo «squilibrio promosso dall’autonomia assoluta dei mercati e dalla speculazione finanziaria» e la «corruzione tentacolare e l’evasione fiscale egoista, che hanno assunto dimensioni mondiali». Reclamando una «riforma finanziaria che sia etica» e che promuova allo stesso tempo una riforma economica salutare per tutti, invita la classe dirigente mondiale a cambiare atteggiamento per porsi «davvero al servizio del bene comune della popolazione». «Il Papa esorta alla solidarietà disinteressata e a un ritorno all’etica in favore dell’uomo nella realtà finanziaria ed economica» assicura durante un discorso molto duro in occasione della presentazione delle credenziali degli ambasciatori di Kirghizistan, Antigua e Barbuda, Lussemburgo e Botswana alla Santa Sede, un messaggio in realtà rivolto alla comunità internazionale. «La crisi finanziaria che stiamo attraversando ci fa dimenticare la sua prima origine, situata in una profonda crisi antropologica, nella negazione del primato dell’uomo» afferma Francesco. Quello che comanda oggi non è l’uomo, è il denaro! Dio nostro Padre ha dato il compito di custodire la terra non ai soldi, ma a noi. Invece uomini e donne vengono sacrificati agli idoli del profitto e del consumo: è la cultura dello scarto. Se si rompe un computer è una tragedia, ma la povertà, i drammi di tante persone finiscono per entrare nella normalità. […]
“Francesco. Vita e rivoluzione”: è il titolo del libro di Elisabetta Piqué, giornalista argentina del quotidiano La Nacion pubblicato in Italia dall’editrice Lindau, in uscita il 21 novembre. Il libro raccoglie numerose testimonianze, spesso inedite, di persone vicine a Jorge Mario Bergoglio fin dagli anni giovanili. La stessa autrice del libro conosce Papa Francesco da oltre dieci anni.Laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali all’Università Cattolica Argentina, è stata corrispondente di guerra dal Medio Oriente e dal 1999 è corrispondente del quotidiano argentino «La Nación» per l’Italia e il Vaticano. È stata l’unica giornalista a anticipare l’elezione a Papa di Jorge Bergoglio, che conosce e segue da quando è stato creato cardinale nel 2001. Collabora con i canali in spagnolo della Cnn e di Deutsche Welle.
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