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Ostia e il ‘600, tra cartografia e documentazione storica

I: Per una ripartizione tributaria  dell’Agro Romano ; il Catasto Alessandrino in Area Ostiense

In osservanza al bando emanato il 31 Gennaio 1660, dal presidente e dai maestri delle strade per ordine di Alessandro VII Chigi Barberini, venne istituito il Catasto Alessandrino.

Le 426 piante da cui è composto, furono consegnate agli uffici della presidenza delle strade tra gli anni 1660 e 1661 : non si tratta più della reale o interpretativa descrizione del rudere, ma della resa della destinazione d’uso di terreni e manufatti  per valutazioni economiche, oltre che della definizione di appartenenza del territorio nelle sue ripartizioni.[1]

 

Per rendere attuativo tale catasto, si prescrisse a tutti i proprietari di “vigne, canneti, horti, pediche, casali o terreni”, ubicati fuori dalle mura urbane, ossia in quella parte di territorio rurale in cui ricade anche la zona di Ostia, meglio conosciuto come Agro Romano, di consegnare la pianta delle loro effettive proprietà alla sede del notaio delle strade, al fine di procedere ad un’equa ripartizione delle tasse dovute per la manutenzione e il ripristino delle strade consolari, delle quali si servivano i suddetti proprietari per raggiungere i loro fondi. Il sopracitato bando stabiliva che le piante dovevano includere oltre al nome, il toponimo del fondo, l’estensione di esso, gli effettivi confini e la strada consolare che vi conduceva. Le piante dovevano essere rilevate da un pubblico agrimensore e consegnate nel termine massimo di trenta giorni. Molte di queste rappresentazioni grafiche vennero redatte in originale nel corso del 1660, altre copiate da originali più antichi, altre ancora invece erano state redatte alcuni decenni prima del 1660.[2]

Prima della loro entrata in vigore, gli elaborati grafici vennero inventariati a seconda delle strade consolari in essi rilevate, e delle porte urbane dalle quali gli stessi assi viari si dipartivano. Tali piante furono redatte dagli architetti sottomastri di strade, incaricati di redigere anche ulteriori piante riassuntive del tracciato delle strade consolari, indicando tutti i fondi presenti lungo il percorso e i rispettivi proprietari. Vennero inoltre realizzati dei prospetti delle porte relative a ciascuna o più strade. Tali prospetti, piante riassuntive e relativi elenchi dei fondi rilevati precedevano le piante particolareggiate dei fondi stessi.[3]

 

II: Il territorio di Ostia nella cartografia seicentesca

La seconda metà del ‘600 è caratterizzata da uno spiccato interesse per il territorio di Ostia attraverso l’elaborazione di numerose piante, che a causa delle scarseggianti informazioni riguardanti questi luoghi, e l’assenza di eventuali licenze di scavo, rappresentano ancora testimonianze fondamentali per chiunque si addentri nella storia degli scavi ostiensi.

La prima cartografia di cui disponiamo denominata “Tenuta di Porto” (fig. 1), venne redatta per il Catasto Alessandrino tra il 1658 e il 1660 nuovamente da Orazio Torriani, con la partecipazione di Benedetto Drei.[4] La presente carta non è altro che una fedele riproduzione di quella già rilevata dal Torriani stesso nel 1603, con la differenza che in quest’ultima, data la sua funzione catastale, viene riportato in pianta il territorio di Ostia suddiviso in particelle con annesse le relative misure, i confini e la loro destinazione d’uso.

 

fig. 1 : Particolare della cartografia “Tenuta di Porto”,  redatta da Torriani O. e Drei B. tra il 1658 e il 1660

 

 

 

Oltre ad essere menzionate le Torri di Boacciana e di S. Michele, interessante è la presenza di una fabbrica menzionata con la singolare denominazione di “palazzo de’ Specchi” [5], identificabile probabilmente, essendo l’unica struttura che non venne mai interrata, con il più noto Capitolium. Non è da escludere che all’epoca fosse adibito a ricovero degli animali e di conseguenza annesso alle proprietà di qualche fondo rustico. Contemporanea è una cartografia di ignota attribuzione, redatta nel 1660[6] sotto il pontificato di Alessandro

 

 

fig. 2 : Particolare della cartografia “Sviluppo della via Ostiense da Porta S. Paolo fino a Ostia e della via verso Ardea fino a S. Procula”, redatta da Martinelli G. nel 1661

 

 

VII e denominata “Presidenza delle Strade fuori della Porta Portese”, nella quale però c’è una totale assenza dei resti archeologici.[7] Stesso stato dei fatti[8] riporta nel 1661 l’architetto, sottomastro di strada, Giulio Martinelli[9] nella planimetria del Catasto Alessandrino (fig. 2), denominata  “Sviluppo della via Ostiense da Porta S. Paolo fino a Ostia e della via verso Ardea fino a S. Procula”.

A mio avviso la completa assenza dei resti archeologici ostiensi (almeno per quanto riguarda la redazione di queste ultime due piante), non è da considerarsi una anomalia, o un fattore determinante, che ci spinga a pensare che le esplorazioni nella città antica fossero state irrilevanti. Tanto irrilevanti da essere documentate così poco che i tecnici preposti al rilevamento preferivano non farne menzione nelle loro restituzioni grafiche per evitare inutili inesattezze. Deduco che la mancanza delle strutture archeologiche nelle ultime due piante sia motivata dalla loro effettiva funzione, ossia quella “catastale”, in cui di norma vengono rilevati solamente terreni e fabbricati aventi un proprietario e una propria rendita catastale.

 

 

fig. 3 : Particolare della cartografia “Topografia geometrica dell’agro romano”,  redatta da Cingolani G. B. nel 1692

 

 

Un passo avanti verso la realizzazione di una pianta che rappresenti per intero l’area di Ostia, con le relative preesistenze archeologiche, venne redatta nel 1692, per volere di Papa Alessandro VII, dal perito agrario urbinate Giovanni Battista Cingolani. L’elaborato, denominato “Topografia geometrica dell’agro romano” [10], (fig. 3), riporta in pianta, con una certa completezza, i principali assi viari, e gli aspetti idrografici della zona, mettendo in primo piano il tracciato del fiume (compresa la vecchia ansa), la giacitura dello stagno di levante e le connesse saline e il tragitto dell’antico acquedotto fino alla struttura castellare papalina.[11] Con una certa approssimazione abbozza anche le strutture archeologiche, denominate “Rudera Ostiensia” e le torri di Boacciana[12] e di S. Michele, che all’epoca probabilmente erano dei beni immobili appartenenti allo stato Pontificio, e di conseguenza correttamente accatastati e riportatati in pianta.[13]

 

 

 

 

 

 

 

 

 


[1] ARNOLDUS HUYZENDVELD, 2004, p. 47.

[2] ASR : Le piante più antiche risalgono alla seconda metà del XVI secolo.

[3] Ulteriori approfondimenti  riguardanti la storia del Catasto Alessandrino sono in ASR, progetto Imago II, Catasto Alessandrino, documenti.

[4] Benedetto Drei è meglio conosciuto, almeno a  partire dal 1625 come Capo della Floreria Apostolica, fu lui stesso ad avviare la tradizione di decorare la Basilica di San Pietro con fiori disposti a mosaico, in modo tale di dare maggiore lustro alla festa di San Pietro e Paolo in Vaticano, l’ infiorata del Drei, o il “mosaico di fiori” come lo indica il Ferrari, consisteva in una composizione realizzata con petali di fiori adagiati su una tela precedentemente disegnata, l’ immagine così realizzata, veniva posta sul pavimento della confessione. Ulteriori approfondimenti sono in DELL’ARCO, 2004. Dalla bibliografia consultata dallo scrivente, dell’attività di Benedetto Drei cartografo (escludendo la sopracitata cartografia catastale), non risulta nulla.

[5] Una denominazione simile venne successivamente riproposta nel 1804 da Giuseppe Verani e Vincenzo Feoli nella loro “Pianta Topografica della antica e moderna Ostia colle adiacenze fatte per ordine della Santità di Nostro Signore Papa Pio VII felicemente regnate” in cui nel punto “11” della relativa didascalia viene riportato : “Avanzi di magnifico edifizio quadrato forse la Curia, detti ora Tor de’ Specchi” (con vignetta che riproduce il Capitolium circondato ancora da monticelli di terra con alberelli). E’ singolare la denominazione datagli di Tor de’ Specchi che non si ritrova in altro luogo invece dell’altra di “Casa Rossa” o “Tempio di Giove”, con cui più comunemente si designava”. Ulteriori approfondimenti sono in CALZA, BECATTI, GISMONDI, DE ANGELIS D’OSSAT, BLOCH, 1953, p. 59. Valutando tale considerazione con molta probabilità gli autori sopra citatati non erano a conoscenza della pianta di Torriani – Drei.

[6] Risalente allo stesso anno vi è un’ulteriore pianta acquerellata rappresentante gli abitati di Ostia e Porto appartenente al Catasto Alessandrino, redatta da Borrella Antonio denominata “Territorio di Ostia” in cui vengono menzionati : case isolate, chiesa, torri, acquedotto, vigne, macchia, stagno, “paese morto acquoso”, “pantani d’acqua salata”, “tomboletto”, salare, mare. Ulteriori approfondimenti sono in ASR, progetto Imago II, fondo : Presidenza delle strade, serie : Catasto Alessandrino, segnatura : 432 / 52.

[7] MANNUCCI, 1995, p. 34, BIGNAMINI, 2004, p. 42.

[8] MANNUCCI, 1995, p. 34, BIGNAMINI, 2004, p. 42 : una ulteriore pianta in cui non viene registrato lo stato delle preesistenze archeologiche è databile al 1680, e redatta da Cornelio Meyer, connessa agli studi per la navigabilità del Tevere denominata,“Esame dello stato presente di Fiumicino”.

[9] FRUTAZ, 1972, p. 59 : è l’autore medesimo ad attribuire la suddetta pianta al Martinelli.

[10] ALMAGIA’, 1960, pp. 40 – 41 : papa Alessandro VII, dava l’incarico a diversi topografi ed agronomi di formare il catasto dell’Agro Romano, conferendo al gesuita Francesco Eschinardi il compito di dirigere la parte cartografica. L’Eschinardi affidò l’incarico a Giovanni Battista Cingolani, il quale realizzò un pregevole rilievo, che venne alle stampe per la prima volta nel 1692, edito da Matteo Gregorio de Rossi ed incisa da Pietro Paolo Girelli. Una seconda identica edizione della carta, edita questa volta da Domenico De Rossi, viene stampata nel 1704. Successivamente Padre Ridolfino Venuti pubblica la carta con una addenda che contiene il catalogo alfabetico delle tenute col nome dei possessori e l’area di ciascuna.

[11] MANNUCCI, 1995, p. 34, BIGNAMINI, 2004, p. 42.

[12] Sono certo dell’ effettiva proprietà di Torre S. Michele allo stato Pontificio, meno su quella di Torre Boacciana, di sicuro è solo l’intervento edilizio voluto dal pontefice Martino V nel 1420 in concomitanza della costruzione del torrione del successivo Castello di Giulio II. Ulteriori approfondimenti sono in LORENZATTI, 2007.

[13] MANNUCCI, 1995, p. 34, BIGNAMINI, 2004, p. 42 : medesima organizzazione territoriale, anche se con maggiore approssimazione, viene riprodotta nelle cartografie di Giacomo Filippo Ameti, denominate “Il Lazio con le sue più cospiscue strade antiche” (1693), e il Patrimonio di S. Pietro (1696), continuano ad essere evidenziati l’andamento del fiume morto e i “rudera Ostiensia”.



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