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Integrità morale cercasi!!!

La Divina Commedia è, probabilmente, la più importante opera della letteratura italiana e Dante Alighieri può essere considerato il padre della lingua italiana perché, attraverso la sua opera, la popolazione di tutta la penisola acquistò un comune denominatore linguistico. Non solo, ma Dante ha immortalato una moltitudine di personaggi che fino alla sua epoca hanno contribuito a fare della cultura dell’occidente quel “modus vivendi” di cui oggi ancora ne riceviamo i frutti.

 

Tra questi personaggi possiamo sicuramente nominare Catone perché è un esempio di grande integrità[1] morale. Marco Porcio Catone Uticense nacque a Roma nel 95 a.C. e morì ad Utica nel 46 a.C.; gli vienne dato l’appellativo di Uticense perché proprio ad Utica, nel suo esilio, si tolse la vita e per distinguerlo da quel Catone il Censore (234 a.C-149 a.C.)[2] di cui era pronipote.

Catone Uticense è descritto persino dagli scrittori a lui ostili, come un personaggio di somma rettitudine, incorruttibile ed imparziale. Viene elogiato come il “campione delle virtù romane”, uomo fuori tempo, citato ogni volta che si voleva lodare i romani dei tempi eroici. La figura dell’Uticense assunse, dunque già dai primi anni successivi alla sua morte, le proporzioni di un simbolo, prima nazionale, poi universale. Lusinghieri giudizi sull’onestà, dirittura morale, fermezza d’opinione e coraggio messi in atto per la difesa della legalità emergono in autori di ogni epoca classica (Livio, Seneca, Tacito, Quintiliano).

Invece nel medioevo l’Uticense ha una notevole importanza, come personaggio di primo piano, nella Divina Commedia. Egli, simbolo di dirittura morale e martire per la libertà, viene, infatti, posto da Dante a custodia del Purgatorio, dove stanno le anime alle quali è assicurata la beatitudine[3]. Infatti, agli antipodi della città di Gerusalemme, in mezzo all’oceano, sorge la montagna del Purgatorio, alla cui sommità si trova il paradiso terrestre, da cui un giorno vennero scacciati Adamo ed Eva. Dante e Virgilio, al quarto giorno dall’inizio del loro viaggio, approdano finalmente alla luce di “quel secondo regno/ dove l’umano spirito si purga e di salir in cielo diventa degno”. Dante formula la sua invocazione alle Muse e, ritrovata la vista, riconosce Venere e le quattro stelle simboleggianti le virtù cardinali.

Queste stelle illuminano il volto di un vecchio dalla barba e dai capelli brizzolati, che induce deferenza e che Virgilio, subito, riconosce. Appena si rende conto dell’identità del suo interlocutore, Virgilio costringe Dante ad inginocchiarsi. Si tratta di Marco Porcio Catone, detto l’Uticense, valoroso patriarca dai costumi austeri e fiero amante della giustizia, che si suicidò, in nome della libertà, quando l’armata anticesariana venne sconfitta a Tapso.

Nel Catone di Dante si fondono “i tratti dell’eroe romano a quelli più remoti del patriarca biblico”[4]: il suo personaggio risulta dunque più una figura ideale che una figura storica dai contorni definiti, divenendo modello dell’integrità morale raggiungibile con le sole virtù umane.

Come già detto, “le quattro luci sante”[5] , che fanno risplendere il volto di Catone, simboleggiano le virtù cardinali (Prudenza, Giustizia, Fortezza, Temperanza) che, però, possono sussistere anche senza la grazia della rivelazione. Le ragioni che spinsero Dante a porre come custode del Purgatorio un pagano, per di più suicida, sono state al centro di una grande questione critica. Non si può sapere, infatti, se nel Giudizio Universale, Catone debba ritornare nel Limbo e non, invece, salire nel Paradiso.

Tuttavia, il Catone dantesco è simbolo di libertà morale, di fermezza di carattere, di senso della giustizia e della responsabilità del singolo per il bene comune, tutte qualità queste che rendono vano il suo esser pagano e che oggigiorno sono, sempre più, meno rintracciabili.

Inoltre, quanto poi al suicidio, Catone non si uccise per motivi personali, futili ed egoistici, ma per dare un esempio di amore per la libertà; ecco perchè Dante nel salire la montagna del Purgatorio si accinge ad un processo di distacco dagli istinti e sceglie Catone come guardiano del Purgatorio, un personaggio adatto per iniziare questo processo, avendo superato per amore della libertà, l’istinto più grande, quello di autoconservazione.

 


 

[1] Stato di ciò che è intero, completo||fig.: Onestà, rettitudine: integrità di vita, di costumi;

[2] Rimase alla storia per la severità di costumi dimostrate quando, nel 184 a.C., ricoprì la carica di Censore, e famosissimo per aver ostinatamente proposto la distruzione di Cartagine ( “Delenda Chartago est”);

[3] Nella stessa epoca tuttavia, influenzati prevalentemente da Sant’Agostino (De civitate Dei), Tommaso d’Aquino ed anche lo stesso Francesco Petrarca valutano negativamente l’estremo gesto di Catone;

[4] E. Raimondi;

[5] Purgatorio Canto I, verso 37.



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