Ulisse, come è noto, è il nome di un eroe dell’antica Grecia. Le sue gesta sono narrate da Omero nei 2 poemi epici: Iliade ed Odissea.
Ulisse aveva un’intelligenza al di sopra del comune tanto che riusciva in imprese dove molti altri hanno o avrebbero fallito. Ma è anche opportuno ricordare che si tratta di un eroe nel quale, a dir la verità, ci riconosciamo un po’ tutti noi …
Infatti questo personaggio porta nel cuore il grande desiderio di conoscere l’ignoto, di esplorare l’universo, di capire l’infinito (trovare Dio). Per soddisfare questo desiderio Ulisse si mette in viaggio affrontando diverse peripezie. Praticamente, dopo la guerra tra greci e troiani (10 anni), s’imbarca di nuovo solcando il Mar Mediterraneo per altri 10 anni.
Ma, anche quando ritorna nella sua patria, Itaca, non resiste al desiderio di soddisfare la sua sete di conoscenza. Perciò, senza riguardo per i suoi familiari, si sente libero da legami affettivi e riparte con i suoi vecchi e fedeli compagni per scoprire cosa c’è al di là dell’universo allora conosciuto. In altri termini vuole attraversare tutto il Mar Mediterraneo e andare oltre i suoi confini, attraversando le famose colonne di Ercole[1].
Tuttavia, potremmo chiederci, invece, perché Dante nella sua Divina Commedia lo colloca nella cantica dell’inferno e, più precisamente, nel girone dei condannati fraudolenti? Qui gli fa pronunciare appunto la famosa frase che ce lo fa sentire in modo speciale nostro compagno di viaggio: “fatti non foste a viver come bruti (come bestie), ma per seguir virtute e canoscenza” [2]. Probabilmente, la risposta più spontanea che ci verrebbe da dire è: “Dante lo ha collocato nell’Inferno, perché il successo di tante sue imprese lo ha ottenuto ingannando il prossimo”…
In realtà, se scrutiamo con più attenzione il lessico dei versi del Canto XXVI dell’Inferno, riferiti ad Ulisse, si notano tre parole (acque – piacque – nacque) che sono le stesse che Dante usa all’inizio della seconda cantica, il Purgatorio.
Sulla spiaggia del Purgatorio, rappresentato dalla montagna dove Ulisse non riuscì a sbarcare dopo aver superato le colonne d’Ercole, Dante, insieme a Virgilio, viene cinto con un giunco (vedi immagine), segno dell’umiltà[3].
Ma leggiamo i versi delle due cantiche e mettiamoli a confronto:
Canto XXVI, Inferno. Attori: Ulisse e compagni.
Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto; |
Canto I Purgatorio. Attori: Dante e Virgilio.
Venimmo poi in sul lito diserto, |
ché de la nova terra un turbo nacque | che mai non vide navicar sue acque |
e percosse del legno il primo canto. 138 | omo, che di tornar sia poscia esperto. 132 |
Tre volte il fé girar con tutte l’acque; | Quivi mi cinse sì com’altrui piacque: |
a la quarta levar la poppa in suso | oh maraviglia! ché qual elli scelse |
e la prora ire in giù, com’altrui piacque, 141 | l’umile pianta, cotal si rinacque 135 |
infin che ’l mar fu sovra noi richiuso”. | subitamente là onde l’avelse[4]. |
Pertanto, con questa coincidenza lessicale, sembra che Dante voglia dirci che non basta aver lo slancio vitalistico di voler buttare il cuore oltre l’ostacolo, non basta farsi coraggio, cercar Dio con tutte le proprie forze, ed impegnarsi nel vivere adeguati al proprio desiderio (dignità di essere umano).
Infatti il viaggio, intrapreso per acconsentire alle esigenze del proprio desiderio, “per scrutare le profondità della propria interiorità” (n.d.r), ha bisogno di un buon viatico e cioè di un grande atto di umiltà.” In altri termini, l’umiltà è la virtù che permette l’incontro con l’Infinito[5].
[1] Viaggio intrapreso per varcare le colonne d’Ercole (lo stretto di Gibilterra), cioè “osare là dove nessun uomo aveva osato prima”.
[2] Divina Commedia, Inferno, Canto XXVI, 119-120.
[3] le stesse tre parole che rimano fra loro usate per il naufragio di Ulisse: acque – piacque – rinacque. Unico caso del Purgatorio e nell’Inferno. https://pellegrininellaverita.com/2016/12/03/franco-nembrini-ulisse-e-lerronea-ricerca-di-dio/
[4] il g. per la sua flessibilità è l’unica pianta che può vivere sull’orlo della spiaggia in quanto si piega alle percosse delle onde, così come l’anima ricolma di umiltà si piega a ” subire le pene espiatorie ” (Scartazzini-Vandelli): https://www.treccani.it/enciclopedia/giunco_%28Enciclopedia-Dantesca%29/
[5] Franco Nembrini [Trescore Balneario (BG), 1955], insegnante di italiano: https://www.franconembrini.it/chi-sono/
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