ABSTRACT – This paper addresses the ethical and social implications of neurotechnologies and artificial intelligence, with a focus on brain-computer interfaces (BCIs) such as Neuralink. While these technologies hold therapeutic promise—helping patients regain movement, speech, or autonomy—they also pose critical risks: breaches of mental privacy, coercion, surveillance, and the deepening of social inequalities through cognitive enhancement. Drawing on the concept of phronesis (practical wisdom) and on UNESCO’s recent call for global governance of neurotechnologies, the paper argues for the urgent recognition of “neuro-rights” as a new habeas mentem, a framework capable of protecting cognitive liberty and personal identity. The central challenge is to ensure that technological progress serves human dignity rather than undermining it. Ultimately, the question is whether neurotechnology and AI will empower human emancipation or enable a new colonization of the mind.
Premessa
Oggi siamo chiamati a riflettere su una frontiera che segna una svolta radicale nel rapporto tra tecnologia e condizione umana: il dialogo tra computer, intelligenza artificiale e la nostra intimità mentale.
Già in un nostro precedente intervento (2012) su questa testata avevamo (https://www.2la.it/legislazione-e-economia/494-etica-nel-marketing-cercasi/) accennato al neuro marketing come un’ultima frontiera … si tratta di rilevare mediante misure effettuate con la risonanza magnetica le risposte della mente all’esposizione di un certo stimolo (immagine di un prodotto, di una marca). In altri termini capire la mente “registrando le reazioni del nostro subconscio e la nostra attività celebrale stimolata dai prodotti o dalle marche (brand)”.
Le interfacce computer cervello
Poi dal 2016, con l’avvento di Neuralink1 e dei primi impianti BCI – Brain Computer Interface – l’orizzonte delle possibilità si è esteso fino a toccare ciò che di più inviolabile possediamo, cioè i nostri pensieri.
Del resto il potenziale terapeutico di queste tecnologie apre scenari impensabili fino a pochi anni fa: si tratta di poter restituire funzioni perdute o ridare dignità a chi l’aveva smarrita. Eppure, a fianco delle promesse si stagliano le domande. I fili ultrasottili2 che captano i segnali neuronali, i chip3 che li trasmettono al mondo esterno, i robot chirurgici concepiti per inserirli nel cervello: tutto ciò non è soltanto una sfida ingegneristica, ma anche e soprattutto una sfida etica che ci pone alcune domande: Qual è il grado di invasività tollerabile? Qual è la durata prevedibile di questi impianti? E quale dev’essere la loro finalità ultima?
Sappiamo che la phronesis4 – la saggezza pratica evocata dal pensiero classico – ci ricorda che la tecnica non basta a guidarci. Infatti la prima regola, secondo l’etica ippocratica5, deve restare primum non nocére: ovverosia, anzitutto, non nuocere. Ma il vero nodo risiede nelle implicazioni sociali e politiche. Infatti proviamo ad immaginare, per ipotesi, un mondo in cui i dispositivi neurotecnologici non siano solo strumenti terapeutici, ma dispositivi di potenziamento cognitivo. Ne potrebbe derivare un tessuto sociale sempre più sfaldato, cioè da un lato una classe di individui “aumentati/potenziati” nelle capacità produttive ed educative, dall’altro masse escluse, condannate a un ulteriore aggravamento delle disuguaglianze. Inoltre, anche nell’uso militare, si potrebbe venire a dotare alcuni soldati di capacità “transumane”6.
Vi è poi la questione della privacy mentale. In altri termini se i dati neurali divenissero accessibili, chi ci garantirebbe che non vengano utilizzati per scopi di marketing, per la manipolazione dei consumi e, persino, per influenzare orientamenti politici? Si aprirebbe così la strada a nuove forme di coercizione invisibile se non anche di hackeraggio7 della coscienza.
I neuro diritti
Proprio per questo, nell’aprile di quest’anno8, l’UNESCO ha ritenuto urgente avviare la predisposizione di una prima bozza di “Raccomandazione sull’etica delle neurotecnologie”, un codice per le neurotecnologie in rapporto all’intelligenza artificiale. In quell’occasione si è parlato della necessità di affermare dei neuro-diritti: il diritto alla libertà cognitiva, alla privacy mentale, persino al diritto all’opacità dei pensieri. Perché dopo la colonizzazione del corpo, del linguaggio e del genoma, si profila il rischio di una nuova colonizzazione: quella della mente.
Pertanto sembra evidente che la questione non è meramente tecnica, ma antropologica. In altri termini, se così si può dire, chi controlla i neuro-flussi, controlla la libertà. Ed è per questo che occorrerebbe una nuova Magna Carta per la mente, un “Habeas mentem: ius ad secretum cogitationis” che difenda la nostra identità personale, l’autodeterminazione, la capacità di pensiero e di decisione, ma anche che non influenzi le decisioni ancora da prendere … In altre parole sembra sempre più necessario costruire una governance globale delle neurotecnologie, che stabilisca regole di protezione e preservazione del cervello umano. Tuttavia, non si tratta soltanto di disciplinare una tecnologia, ma si tratta di salvaguardare la dignità dell’essere umano, la libertà di pensiero e, in definitiva, la nostra stessa umanità.
La saggezza pratica
In conclusione, se ci chiediamo se la neurotecnologia e lo sviluppo dell’intelligenza artificiale possano essere strumenti di emancipazione o, al contrario, veicoli di colonizzazione della mente, la risposta non dipende solo dalle possibilità tecniche, ma dalla nostra capacità di esercitare una saggezza pratica all’altezza di questa epoca. Come sottolinea Papa Francesco nella famosa enciclica sulla “casa comune”: Laudato si’ (2015)9, la tecnologia può essere un dono straordinario o una minaccia, a seconda della responsabilità morale con cui viene impiegata. La sfida è dunque quella di porre al centro della nostra azione la dignità umana, la libertà del pensiero e il bene comune, affinché gli strumenti del futuro amplifichino la nostra umanità anziché ridurla a mero strumento di controllo. Solo così la mente potrà essere tutelata nella sua intimità, nella sua libertà, e la promessa di una nuova emancipazione non resterà una possibilità teorica, ma diventerà un impegno concreto della nostra epoca.
Testi di riferimento in italiano
Benanti, P., Homo Faber. Il mestiere di uomo: Etica, tecnologia e futuro dell’umano, San Paolo, Cinisello Balsamo, 2018.
Bertolaso, M., Possati, L. (a cura di), Neuroetica. Le sfide delle neuroscienze contemporanee, Carocci, Roma, 2018.
Dominici, P., Dentro la società interconnessa. Prospettive etiche e pedagogiche della cittadinanza digitale, FrancoAngeli, Milano, 2019.
Floridi, L., La quarta rivoluzione. Come l’infosfera sta trasformando il mondo, Raffaello Cortina, Milano, 2017.
Galimberti, U., Psiche e techne. L’uomo nell’età della tecnica, Feltrinelli, Milano, 1999.
Ienca, M., Neurodiritti. Etica e diritti fondamentali al tempo delle neurotecnologie, Raffaello Cortina, Milano, 2021.
Jori, A., La filosofia antica. Una guida storica e tematica, Carocci, Roma, 2019.
Lavazza, A., Sartori, G., Neuroetica. Scienze del cervello, filosofia e libero arbitrio, Il Mulino, Bologna, 2011.
Lecaldano, E. (a cura di), Bioetica. Le frontiere della vita, Laterza, Roma-Bari, 2010.
Papa Francesco, Laudato si’, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano, 2015.
UNESCO, Ethical Issues of Neurotechnology, UNESCO, Parigi, 2025.
Nota: Alcune parti di questo articolo sono state realizzate con il supporto di strumenti di intelligenza artificiale, sotto la supervisione e revisione del giornalista autore
- 1. Neuralink è un’azienda neurotecnologica fondata dall’imprenditore Elon Musk che sta sviluppando dei dispositivi impiantabili (chip) in grado di interfacciarsi con il cervello umano, con l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita di pazienti affetti da alcune malattie cerebrali. ↩︎
- 2. Elettrodi del diametro di 1/20 di capello umano chiamati Thread che vengono innestati all’interno del cervello e registrano l’attività cerebrale ↩︎
- 3. detto il “Link” ovvero il guscio contenente il chip che riceve gli impulsi elettrici dai thread, li codifica (ovvero li trasforma in dati binari comprensibili da un computer) e li invia ad un dispositivo esterno come un PC o uno smartphone ↩︎
- 4. la saggezza pratica, una virtù intellettuale che consiste nella capacità di discernere l’azione giusta e di prendere decisioni concrete e adeguate nelle situazioni della vita quotidiana, con l’obiettivo di vivere bene. A differenza della sophia (la sapienza teorica), la phronesis si applica al mondo umano e contingente, adattandosi al contesto specifico e orientando la scelta verso il bene. ↩︎
- 5. insieme di principi morali e professionali attribuiti a Ippocrate (460 a.C.), il padre della medicina occidentale, che enfatizzano il benessere del paziente e la condotta responsabile del medico ↩︎
- 6. Il transumanesimo è un movimento intellettuale e culturale che promuove l’uso della ragione e delle tecnologie per trascendere i limiti della condizione umana, migliorando le capacità fisiche e cognitive e combattendo le sofferenze come la malattia e l’invecchiamento, con l’obiettivo di raggiungere una condizione “postumana”. Si focalizza sullo sviluppo di capacità superiori, la longevità e l’integrazione tra uomo e tecnologia, attraverso discipline come la biologia, l’informatica, la nanotecnologia e l’ingegneria genetica. ↩︎
- 7. attività di accesso non autorizzato a sistemi informatici, reti o dispositivi, volta a manipolare, sottrarre, alterare o bloccare dati e informazioni. Nel contesto delle neurotecnologie, indica il rischio di intrusioni nei flussi neurali e quindi nella sfera più intima dei pensieri e delle emozioni ↩︎
- 8. Già nel 2023 Unesco aveva redatto alcune raccomandazioni sull’uso dell’Intelligenza artificiale – https://www.unesco.it/wp-content/uploads/2023/11/Brochure-su-Raccomandazione-UNESCO-sullIntelligenza-Artificiale-1.pdf ↩︎
- 9. Numeri: 104, 105 sulla tecnologia come strumento ambiguo; 110 e 111 sulla necessità di una saggezza pratica;
64-66 sulla visione cristiana dell’uomo; 43-47 sulla responsabilità verso il bene comune. ↩︎
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