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Patologie acido-correlate: Gli inibitori della pompa protonica

Introduzione

La secrezione acida gastrica è un processo continuo e complesso nel quale molteplici fattori, centrali o periferici, contribuiscono ad un unico esito: la secrezione di H­+ da parte delle cellule parietali gastriche. Il sistema nervoso centrale ha un ruolo importante nel controllo della secrezione acida gastrica. La membrana della cellula parietale gastrica presenta il recettore istaminico (H2), quello per la gastrina, (CCK2) quello per l’acetilcolina (M3) e quello per le prostaglandine, che, al contrario dei primi tre, ha un effetto inibitorio sulla secrezione acida. La stimolazione dei primi tre recettori porta all’attivazione di una pompa protonica nota come H­­­+/k +-ATPasi. L’enzima, presente in forma inattiva nelle strutture tubulo-vescicolari intracellulari, è trasferito in fase di attivazione a livello dei canalicoli secretori, dove regola lo scambio fra ioni H­+, che fuoriescono nel lume gastrico, e in ioni K+, che entrano nel citosol. Gli ioni idrogeno originano dall’acido carbonico (H2CO3) tramite l’enzima anidrasi carbonica e HCO3­+ entra nel plasma scambiandosi con lo ione Cl­­­-. Gli ioni cloruro sono in seguito secreti nel lume gastrico con H+ grazie a un trasporto apposito. Il succo gastrico è prodotto per l’azione di stimoli vagali, stimoli psichici e meccanismi locali come la distensione gastrica, la presenza di alimenti e la loro acalinità nello stomaco. Intervengono nella regolazione della secrezione gastrica anche vari ormoni gastrointestinali (gastrina ad azione eccitatoria e somatostatina ad azione inibitoria). Cause che vanno a interferire con questa regolazione possono quindi produrre l’aumento della secrezione gastrica. (Tabella 1).

Errori o eccessi alimentari Uso cronico di sostanze irritanti quali fumo, spezie e alcol
Assunzione di alcuni farmaci: FANS  
Stress Infezioni batteriche o virali

La pepsina (enzima idrolitico presente nel succo gastrico) e il basso pH gastrico avrebbero un’ azione lesiva sulla mucosa gastrica se non intervenissero meccanismi di difesa, il più importante dei quali è rappresentato dallo strato di muco e bicarbonato( barriera mucosa). La barriera mucosa garantisce il mantenimento, in prossimità della mucosa gastrica, di un pH pari a 7.0 (pH neutro), anche quando il pH del lume è minore di 2.0, data la capacità del bicarbonato di neutralizzare chimicamente l’acido cloridrico prodotto. Lo squilibrio a livello della mucosa gastroduodenale tra fattori “aggressivi” (acido, pepsina) e fattori “difensivi” (muco, bicarbonato, sfinteri) può essere uno dei meccanismi  patogenetici per patologie gastrointestinali acido-correlate. I disordini acido-correlati del tratto gastrointestinale superiore comprendono varie condizioni patologiche dell’esofago, dello stomaco e del duodeno, quali la malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE), l’ulcera peptica (gastrica e duodenale), la gastropatia erosivo-emorragica indotta prevalentemente da farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS). Tutti questi disturbi hanno come denominatore comune l’eccessiva presenza di acido cloridrico nello stomaco, che irrita e danneggia la parete gastrica o la parete esofagea nel caso di reflusso. Questi sintomi sono espressioni di condizioni benigne. In questi casi vengono utilizzati gli inibitori di pompa protonica, farmaci dotati dell’azione più marcata in termini di soppressione della secrezione acida.

  • Con il termine patologie acido-correlate si indicano tutti i disturbi che hanno come denominatore comune l’ eccessiva presenza di acido cloridrico nello stomaco, ossia ulcera peptica e reflusso gastroesofageo. La causa comune a questi di sturbi è uno squilibrio tra fattori “aggressivi” (acido, pepsina) e fattori “difensivi” (muco, bicarbonato, sfinteri) a livello della mucosa gastroduodenale. In questi casi l’acido prodotto dallo stomaco irrita e danneggia la parete esofagea nel caso di reflusso. Le ulcere gastriche possono essere causate anche da:
  • Infezione da parte di Helicobacter pylori, un microrganismo che, insediandosi nello stomaco, causa la gastrite cronica e successivamente l’ulcera;
  • Uso acuto o prolungato di farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS) o di cortisonici;
  • Fumo;
  • Eccesso di caffe, alcol o spezie (tutti fattori che riducono i meccanismi di protezione naturale della parete gastrica);
  • Il sintomo più comune in tutte queste patologie è il bruciore di stomaco, che può essere accompagnato da dolore e da disturbi della digestione (gastrite, ulcera, ecc.). Se non vengono curate, le lesioni ulcerose possono peggiorare fino al sanguinamento e alla perforazione dello stomaco. Il reflusso gastroesofageo si caratterizza per la risalita in esofago del contenuto gastrico, causata da alterata continenza gastroesofagea, cui può fare seguito un’irritazione dell’esofago. Durante il reflusso esofageo, l’acido cloridrico gastrico irrita il rivestimento esofageo e ciò può dare origine a sintomi e/o lesioni erosive della mucosa esofagea, determinando nel secondo caso una condizione definita esofagite da reflusso. La sintomatologia comprende rigurgito e bruciore retrosternale, e più raramente dolore toracico e difficoltà al passaggio del cibo lungo l’esofago. Con il termine di dispepsia organica si vuole far riferimento a un quadro patologico di tipo infiammatorio acuto o cronico, a carico dello stomaco e/o del duodeno, caratterizzato eventualmente da ulcere mucosali e perdite ematiche. Il disturbo è localizzato nella parte centrale dell’addome superiore ed è caratterizzato dalla presenza di sintomi quali dolore/ bruciore epigastrico sazietà precoce, ripienezza postprandiale. Il bruciore epigastrico è correlato all’acidità gastrica, tra i fattori predisponenti si possono citare:
  • Alcol;
  • Tabacco;
  • Acido salicilico o altro farmaco antinfiammatorio non steroideo;
  • Stress fisiologico (stress);
  • Helicobacter pylori.

L’eziologia, dunque, comprende l’esposizione a fattori scatenanti o flogogeni, ma anche la rottura dell’equilibrio fra gli elementi protettivi (integrità mucosale) e quelli aggressivi (secrezione acida.)

In pratica, gli agenti eziologici sono di tre tipi:

  1. Infettivi (Helicobacter pylori),
  2. Chimici (farmaci),
  3. Fisiologici (traumi, shock, malattie gastroenteriche concomitanti),

Le indagini strumentali possono rivelare la presenza di una malattia organica (ulcera gastrica o duodenale, calcoli biliari, pancreatite o neoplasie) responsabili dei sintomi (dispepsia organica o ulcerosa). Tuttavia, nella maggior parte dei pazienti dispeptici non è possibile riscontrare alterazioni patologiche responsabili della sintomatologia; si parla allora di dispepsia funzionale o dispepsia non ulcerosa. La dispepsia funzionale è solitamente definita come “dolore o malessere localizzato nella parte superiore dell’addome senza evidenze di malattie organiche responsabili dei suddetti sintomi”. Col termine ”malessere” si intende una serie di sintomi come la ripienezza post-prandiale, il senso di sazietà  precoce, il gonfiore addominale , la nausea  e il vomito.

 

 

Gestione della dispepsia

A un paziente con sintomi dispeptigci si deve consigliare prima di tutto, una sana alimentazione, la riduzione del peso e la riduzione/cessazione del fumo. Limitare cibi grassi, fritti, piatti particolarmente elaborati, bevande gassate, superalcolici, cibi e condimenti aciduli, caffè e cioccolato, assumere pasti regolari.

Nella forma simil-ulcerosa sono praticamente efficaci tre tipi di farmaci:

  1. Gli antiacidi;
  2. Gli antagonisti dei recettori H2 dell’istamina;
  3. Gli inibitori della pompa protonica.

Gli antiacidi sono tradizionalmente considerati i farmaci di primo impiego in caso di bruciore di stomaco e rigurgito acido, ma la loro efficacia nel trattamento della dispenea funzionale, come del placebo e il loro impiego è oggi giustificato solo in casi di episodi occasionali di pirosi gastrica postprandiale legata a un disordine alimentare. In soggetti con dispenea  dismotoria, in cui il sintomo predominante è il disagio localizzato a livello della regione superiore dell’addome, gonfiore, senso di ripienezza postprandiale e sazietà precoce, potrebbe verificarsi una riduzione dell’efficacia della terapia con antisecretori. La dispenea dismotoria si giova, di agenti procinetici, farmaci che favoriscono la motilità dell’apparato gastroenterico.

 

Helicobacter pylori e ulcera peptica

I dati epidemiologici sottolineano l’importanza di H.pylori nella patologia ulcerosa questo batterio è microaerofilo e possiede un’attività areasica che ha lo scopo principale di demolire l’urea per produrre ammoniaca, la quale cattura i protoni nello stomaco formando ioni ammonio  e abbassano l’ acidità luminale; il suo habitat è negli strati più profondi del muco, proprio sopra la superficie esterna del tappeto di cellule parietali. Una volta penetrato nell’organismo, sono diversi meccanismi che consentono al batterio di eludere l’attacco del sistema immunitario dell’ospite. Questi meccanismi consentono la proliferazione e la sopravvivenza del batterio attraverso la disattivazione dei sistemi di difesa dell’organismo ospite. La capacità di aderire alla mucosa gastrica e di produrre enzimi potenzialmente tossici dipende molto dalla virulenza del batterio. L’insorgenza d’infiammazione cronica è sicuramente una delle complicazioni più preoccupanti. Inoltre, l’afflusso di sangue, insieme all’aumentato turnover cellulare, garantisce al batterio un sufficiente sostentamento. H. pylori  può rimanere nello stomaco del suo ospite anche tutta la vita di quest’ultimo.

 

Diagnosi

Clinicamente il riscontro più frequente è il dolore o bruciore di stomaco; la sofferenza peggiora soprattutto qualche ora dopo i pasti, mentre l’assunzione di cibo o l’uso di antiacidi la diminuiscono; di notte si possono avere attacchi. Anche la nausea e il vomito si possono ritrovare sovente. La visita medica può rivelare una certa suscettibilità epigastrica, l’esame delle feci può essere utile per escludere la possibilità di perdite ematiche nel tubo digerente. L’endoscopia è l’esame diagnostico di prima scelta per evidenziare la presenza di ulcera.

 

Eradicazione dell’infezione da Helicobacter pylori

Il trattamento dell’infezione e le migliori terapie attualmente a disposizione  sono combinazioni di almeno 3 o 4 farmaci da assumere per una o due settimane. La terapia tradizionale per eradicare l’H. pylori è chiamata “triplice terapia” perché basata sulla somministrazione di una combinazione di 3 farmaci. Questi farmaci sono costituiti da un inibitore della pompa protonica, utile a ridurre l’acidità dello stomaco e quindi a creare un ambiente sfavorevole al batterio, associato a due antibiotici, mirati a uccidere il batterio.

 

Malattie da reflusso gastroesofageo: inquadramento clinico

Il reflusso gastroenterico è un fenomeno fisiologico che si verifica in tutti i soggetti, specialmente nel periodo postprandiale. La MRGE colpisce individui di tutte le età, sebbene i soggetti adulti siano quelli che più spesso richiedono un trattamento terapeutico. La malattia da reflusso può essere classificata in base alla gravità del danno della mucosa esofagea, al grado di esposizione all’acidità e alla relazione tra gli eventi di reflusso e i sintomi. Il reflusso gastroesofageo è un fenomeno che si manifesta quotidianamente ed è diffuso nella maggior parte della popolazione, anche in soggetti sani asintomatici. Generalmente, gli episodi sono di breve durata(circa 5 secondi) e sono legati ai rilasciamenti transitori dello sfintere esofageo inferiore, innescati dalla stimolazione di barocettori cardiali per effetto della distensione del fondo gastrico, che accoglie il cibo ingerito come un serbatoio. Quando questi episodi di reflusso divengono più frequenti e hanno una durata più lunga (circa 30 secondi), determinano sintomi e/o lesioni esofagee più o meno gravi.

 

Gli inibitori della pompa protonica: dalla farmacologia alla pratica clinica

La graduale comprensione della fisiologia della secrezione gastrica ha radicalmente modificato la terapia delle patologie-acido correlate, come ulcera peptica (gastrica e duodenale) e malattia da reflusso gastroesofageo. Oggi le patologie sono prevalentemente di pertinenza medica, mediante il ricorso a terapie comportamentali e farmacologiche. Inoltre, la scoperta del ruolo dell’H. pylori nella potogenesi dell’ulcera peptica ha favorito nuovi approcci preventivi e terapeutici. Oggi il paziente che soffre di disturbi acido-correlati può beneficiare di diverse opzioni terapeutiche per la risoluzione dei sintomi:

  • Gli antiacidi, come i Sali o gli idrossidi, sono in grado di neutralizzare nel lume gastro-duodenale gli ioni H­+ prodotti dalle cellule parietali gastriche, non interferendo direttamente con il processo di secrezione, bensì mediante interazione chimica diretta con il contenuto gastrico.
  • I procinetici, in grado di stimolare la motilità, sono consigliati nei casi in cui ci sia un dimostrabile ridotto svuotamento gastrico. La meclopramide è un farmaco antagonista del recettore dopaminergico-2 (D2) ad azione centrale e periferica: incrementa la risposta del primo tratto gastroenterico all’acetilcolina, aumenta il tono dello sfintere esofageo, accelera la velocità di svuotamento dello stomaco ed è stato usato nel trattamento della malattia da reflusso gastroesofageo; tuttavia, gli effetti collaterali neurologici (ansia, tremori) ne limitano l’impiego nei soggetti pediatrici. Il domperidone presenta un’azione simile a quella della metoclopramide, con un profilo di sicurezza maggiore, ma mancano prove certe di efficacia nella MRGE.
  • Il sucralfato, nonostante il sapore sgradevole, è un farmaco sicuro grazie allo scarso assorbimento a livello sistemico. La sua azione è proteggere la mucosa dello stomaco formando su di essa una specie di barriera nei confronti dei succhi acidi gastrici;
  • Gli alginati sono chimicamente degli eteropolisaccaridi, strutturalmente correlati alla pectina, che gelificano a contatto con l’acqua. Le proprietà farmacologiche degli alginati si basano sulla loro capacità di reagire con l’acido gastrico per creare un “tappo” viscoso a livello cardiale, formando così una barriera meccanica efficace contro il reflusso gastroesofageo. Si tratta di un meccanismo d’azione di tipo fisico, non dipendente dall’assorbimento del composto nella circolazione sistemica, che anzi risulta nullo. Quest’aspetto rende gli alginati sicuri e ben tollerati nel trattamento dei sintomi del reflusso gastroesofageo, come rigurgiti e bruciore di stomaco, in donne in stato di gravidanza o in donne in allattamento, senza rischio di reazioni avverse quali ipernatriemia o edema.

Gli antisecretori sono in grado di ridurre la secrezione acida mediante il blocco dei recettori H2 e muscarinici o della pompa protonica H­+/K+-ATPasi.

La neutralizzazione dell’acidità gastrica con antiacidi o/e la riduzione della secrezione acida ad opera di antagonisti selettivi dei recettori H2 dell’istamina (cimetidina, ranitidina, nizatidina  e famotidina) hanno rappresentato l’ approccio terapeutico standard dei vari disordini acido-correlati prima dell’avvento degli inibitori della pompa protonica gastrica. L’introduzione dei PPI nella pratica clinica può essere considerata come una delle più brillanti conquiste nel campo della farmacologia gastrointestinale, che ha fortemente influenzato la gestione e la conoscenza delle patologie acido-correlate. Gli studi clinici effettuati negli anni su diversi PPI hanno dimostrato un’efficacia terapeutica largamente superiore a qualsiasi altra opzione farmacologica, sia nei trattamenti a breve sia in quelli a lungo termine, mostrano un cospicuo vantaggio in termini sia di guarigione dell’ulcera sia di sollievo della sintomatologia. Ciò ha portato a considerare i PPI come farmaci di prima scelta nel trattamento della MRGE facendone la classe farmaceutica maggiormente prescritta. Dei cinque attualmente in commercio, omeprazolo pantoprazolo e lansoprazolo rappresentano i composti di prima generazione, mentre per rabeprazolo ed esomeprazolo è maggiormente  appropriata, in virtù del loro profilo farmacologico e farmacodinamico, la definizione di farmaci di seconda generazione.

 

 

Farmacologia di base

 

Gli inibitori della pompa protonica in commercio sono cinque: omeprazolo, esomeprazolo, lansoprazolo, pantoprazolo e rabeprazolo.  Si tratta di molecole labili all’acido, pertanto formulate in preparazioni gastroresistenti, in grado di resistere alla degradazione acida dello stomaco e consentire l’assorbimento sistemico, si accumulano selettivamente nei canalicoli altamente acidi delle cellule parietali. Il bersaglio naturale dei PPI è rappresentato dall’enzima H+/k+-ATPasi, la cosiddetta pompa protonica gastrica, che è localizzata nella membrana canalicolare delle cellule parietali. Questa pompa enzimatica, che rappresenta la via finale della secrezione acida nello stomaco, secerne HCL e i risultati ioni H+ sono scambiati con gli ioni K+ con relativo dispendio di energia. L’accumulo dei PPI è ristretto allo spazio canalicolare, dove l’estrema acidità del lume del canalicolo secretore (pH=1,0) favorisce la rapida protonazione dei PPI e la loro conversione nelle molecole inibitrici attive: acido sulfenico e sulfenamidi cicliche. Tutti i PPI sono dei profarmaci che devono trasformarsi in composti intermedi protonati prima di legarsi alla pompa protonica. I PPI sono praticamente efficaci quando le pompe protoniche sono attive e ciò avviene in seguito all’assunzione dei pasti giornalieri. Per questo l’assunzione è consigliata abitualmente la mattina prima di colazione, o comunque a digiuno almeno 30 minuti prima del pasto. Un PPI non è un farmaco da assumere al momento del bisogno, ma da assumere con costanza per tutto il periodo previsto dalle indicazioni riportate nella scheda tecnica. Il follow-up del paziente permette inoltre al farmacista di verificare il miglioramento della sintomatologia e inviare al medico il paziente che non risponde alla terapia. Solo in questo modo si può sperare di ottimizzare l’efficacia terapeutica di questa classe di farmaci, riducendo al minimo gli abusi che potrebbero derivare da una scorretta assunzione.

 

Dott.ssa Di Paolo Angelina

Dott.ssa De Nicola Stefania



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