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Udire è obbedire? Gli esperimenti di Milgram

 

Come noto, nel 1945, a pochi mesi dalla fine della guerra in Europa, gli Alleati iniziarono i processi ai principali responsabili dei crimini nazisti[1]. I primi processi ebbero luogo a Norimberga, invece nei decenni seguenti sarebbero stati condotti vari altri procedimenti penali, tra cui ricordiamo quello di Gerusalemme (contro Adolf Eichmann, responsabile di diversi crimini nei Campi di Auschwitz)[2].

Successivamente, Stanley Milgram, psicologo sociale statunitense, tentò nel 1961 di dare una risposta alla domanda: “È possibile che Eichmann e i suoi milioni di complici stessero semplicemente eseguendo degli ordini?” e a tal fine, tre mesi dopo l’inizio del processo a Gerusalemme, fece un esperimento di psicologia sociale.

Lo scopo dell’esperimento era quello di studiare il comportamento di soggetti a cui un’autorità (nel caso specifico uno scienziato) ordina di eseguire delle azioni che confliggono apertamente con i valori etici e morali dei soggetti stessi.

Infatti, la tendenza ad uniformarsi alla volontà altrui non si evince solo nel caso di gruppi (vedi articolo su questa testata giornalistica: Influenza della disapprovazione sociale – l’Esperimento di Asch), ma anche quando si tratta di sottomettersi alla volontà di coloro che esercitano una qualche forma di potere e/o d’autorità; esiste, cioè, una forma di autorità “distruttiva” che permette di compiere atti di crudeltà o violenza verso gli altri solo perché ci si convince che siano azioni legittime; in sostanza si commettono delle azioni che vengono eseguite perché sono state ordinate da persone che si ritengono superiori.

Milgram focalizzò l’attenzione sul potere che deriva dall’autorità legittima e cercò di spiegare questo fenomeno. Cosicché, attraverso i giornali, convocò 40 volontari, spiegando che voleva effettuare uno studio sugli effetti della punizione per incarico di una prestigiosa università. Quindi  assegnò a loro il ruolo di “insegnanti” che erano incaricati di punire gli “allievi” (i quali però erano già in precedenza istruiti dallo sperimentatore) e spiegò anche che lo scopo era quello di studiare l’effetto delle punizioni sull’apprendimento.

Quindi mise gli insegnanti davanti a dei pulsanti il cui azionamento provocava delle scariche elettriche fino a 450 volt. L’allievo era, invece, collocato su una sedia nella sala affianco a quella degli insegnanti.

Milgram spiegò che le scariche erano fondamentali per la riuscita dell’esperimento e che se non avessero seguito le sue direttive l’esperimento non avrebbe avuto senso. Durante l’esperimento si osservò che persone normalissime inviavano scariche elettriche anche fino a 300 volt (anche se, a loro insaputa, le scariche erano solo una simulazione) e questo succedeva perché gli insegnanti eseguivano tutte le direttive di Milgram.

Dai risultati dell’esperimento si dedusse che persone normali, sotto dei precisi comandi rispetto alle autorità, riescono a compiere atti inumani.

Milgram si aspettava che solo pochi soggetti avrebbero continuato, obbedendo allo sperimentatore, a dare scosse fino all’intensità massima prevista. Invece 26 persone con il ruolo assegnato di “insegnante” su un totale di 40 volontari somministrarono shock di intensità massima (450 volt), invece 14 “insegnanti” si fermarono a livelli compresi tra 300 e 375 volt.

Successivamente, in una serie di esperimenti, noti come “esperimenti sulla prossimità della vittima”, Milgram ha, sistematicamente, variato il livello di salienza della vittima per i partecipanti/insegnanti. Cioè ha svolto lo stesso esperimento in 4 condizioni sperimentali diverse:

1)“allievo remoto” rispetto al insegnante,

2) insegnante con la possibilità di ascoltare la reazione vocale dello studente una volta inviato lo shock elettrico;

3) condizione di prossimità (le vittime e l’insegnante erano seduti a poca distanza nella stessa stanza);

4) condizione “prossimità di contatto” (la vittima per essere punita doveva mettere la mano su una piastra metallica mediante la quale viene trasmesso lo shock elettrico). Siccome però, dopo una scarica di 150 volt, la vittima si rifiutava di farlo spontaneamente, il partecipante/insegnante doveva prendere la mano della vittima e metterla con forza sulla piastra.

I risultati dei diversi sperimenti indicano una progressiva riduzione delle percentuali di obbedienza al crescere della prossimità e della salienza della vittima.

Inoltre Milgram osservò che anche la “prossimità dello sperimentatore” sembrava influenzare la percentuale di obbedienza: infatti, se questi non è presente nella stanza nella quale si trova il partecipante (insegnante) e si limita ad impartire le istruzioni tramite telefono, la percentuale di obbedienza si riduce a poco più del 20%.

Infine, Milgram, per analizzare gli effetti prodotti sull’obbedienza dalla struttura della situazione dell’influenza sociale, ha realizzato esperimenti nei quali la procedura sperimentale prevedeva che i partecipanti nel ruolo di insegnanti siano tre, due dei quali complici dello sperimentatore, addestrati a mostrare obbedienza oppure ribellione nei confronti degli ordini dello sperimentatore: nel caso in cui gli altri presunti partecipanti si ribellavano, la percentuale di obbedienza dei partecipanti ingenui si riduceva al 10%, confermando, così, i risultati in analogia a quelli di Asch nei suoi studi sulla pressione della maggioranza.

Sembra quindi che la presenza di un sostegno sociale consenta ai partecipanti di resistere alla pressione della maggioranza, nel caso degli studi di Asch, ed, alla pressione dell’obbedienza, nel caso degli studi di Milgram.

Tuttavia il sostegno sociale è una componente importante ma è bene tener presente anche la componente dovuta alla rielaborazione intrapsichica del soggetto all’interno di una relazione di sostegno autentica e libera e questo per evitare di introdurre una ulteriore categoria ‘ideologica’ proposta dall’esterno.


[1] Sterminio sistematico di oltre 6 milioni di ebrei europei, di migliaia di zingari e di numerosi omosessuali, portatori di handicap e oppositori politici

[2] Condannato a morte, Eichmann fu impiccato il 31 maggio 1962. Tra i numerosi giornalisti che assistettero all’intero procedimento, si trovava allora a Gerusalemme anche Hanna Arendt, che dedicò al processo uno dei libri più importanti che siano stati pubblicati sulla Shoah: La banalità del male. Con tale espressione la Arendt riuscì a mettere a fuoco che Eichmann era un criminale di tipo nuovo, speciale e modernissimo, nella sua qualità di assassino amministrativo. Eichmann, infatti, agiva dietro una scrivania: non era un bruto, sadico e assetato di sangue, bensì uno specialista nell’organizzare convogli ferroviari, uno zelante impiegato, un’efficiente rotella di un ingranaggio burocratico, senza il quale la Shoah non avrebbe mai potuto assumere le dimensioni che assunse.



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