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Il ruolo di Fermi nella Fisica Quantistica in Italia

 

Una data – sia pure indicativa – per sancire la diffusione della fisica quantistica in Italia può essere considerata il 1927, anno nel quale viene in particolare pubblicato il vol. 4 del Nuovo Cimento: su di esso si trovano infatti numerosi articoli, come quelli di G. Wataghin, A. Carrelli, G. Polvani ecc., che si incentrano su problematiche della nuova fisica.

Il pioniere di tale interesse era stato Enrico Fermi, fin dal 1923[1]; nel 1926 egli costruì la “sua” statistica[2] a partire dal principio di esclusione di Pauli. I primi segnali di tale interesse da parte del fisico italiano per la quantistica si evidenziano nello scambio epistolare intercorso con l’amico Enrico Persico[*] fin dai tempi dell’università, nonchè in un quaderno di appunti del 1919[†]. Inoltre, già nel 1922 Fermi si occupa di “quantentheorisch Betrachtungen” in base alle quali è giunto a giustificare la formula spettrale di Planck alla luce della teoria di Bohr. Una volta conseguita la laurea, con una tesi sui raggi Röntgen, nel 1923 Fermi di reca a Gottinga grazie a una borsa di studio; durante questo periodo perviene alla generalizzazione del principio adiabatico di Ehrenfest; l’anno dopo si reca a Leida, dove frequenta Ehrenfest e Lorentz e conosce Einstein.

Il ruolo di Fermi nella diffusione della fisica quantistica in Italia è senza dubbio determinante poiché, cimentandosi in essa con notevoli risultati, mostra ai suoi coetanei un nuovo percorso per raggiungere traguardi ambiziosi, a condizione di lasciare alle spalle lo “strumentalismo” che, fino a quel momento aveva caratterizzato la fisica italiana. In questo modo nasce una giovane scuola teorica che, accanto a E. Fermi, vede E. Persico, G. Racah, G. Wataghin, A Carrelli e altri, e che si confronterà “ad armi pari” con le altre scuole teoriche europee e mondiali. Il “punto di partenza” può essere considerato proprio l’interesse da parte della comunità scientifica internazionale per la nuova statistica proposta da Fermi del 1926.

E’ evidente che i fisici delle generazioni precedenti sono renitenti all’idea di abbandonare le concezioni classiche, ma del resto la stessa cosa avviene anche negli altri paesi. In proposito è particolarmente indicativa una conferenza tenuta all’Associazione Elettrotecnica Italiana nel 1927 da O.M. Corbino, uno dei fisici italiani che, come abbiamo visto, almeno a livello conoscitivo ha seguito più da vicino lo sviluppo della fisica quantistica. Con toni piuttosto foschi egli affronta il tema de “La crisi odierna della fisica”[3]: sottolinea lo sconcerto che ha colpito il mondo scientifico alla scoperta che le sicurezze che sembravano definitive e acquisite con la seconda metà del XIX secolo hanno in realtà messo in luce tutta la loro provvisorietà. Pur consapevole che l’abbandono della fisica classica è ormai divenuto necessario, tuttavia Corbino la guarda con nostalgia e rimpianto; possiamo dunque a buon diritto parlare di un vero e proprio conflitto generazionale. Nella conferenza l’autorevole fisico traccia una breve storia della “vecchia” fisica quantistica, da Planck a Bohr, e sottolinea come questa passi per l’acquisizione dell’idea della discontinuità. «Si può da questo immaginare il fastidio profondo che queste teorie devono aver apportato nelle menti di coloro che si erano abituati da tempo a concepire il mondo nella sua immagine elettromagnetica». Corbino passa poi a sottolineare anche la sconcertante scoperta che l’emissione della luce non avviene secondo il meccanismo dell’elettromagnetismo classico, e la conseguente rinuncia alla teoria di Maxwell.

Corbino completa il suo discorso affermando che il futuro è nelle mani dei giovani, ai quali la rinuncia all’impianto classico della fisica certamente non costerà troppo, tra i quali si distingue, a suo giudizio,  E. Fermi, la cui statistica sembra promettere molto bene per le ricerche sulle proprietà magnetiche, termiche ed elettriche dei metalli.

La conferenza di Corbino si conclude infine, forse un po’ enfaticamente, con l’augurio che la crisi che attraversa la scienza possa avere come risultato finale quello di un impulso determinante per la ricostruzione di un “nuovo cielo”, entro il quale anche il tempo dell’ “infanzia scientifica” – la fisica classica – non sarà trascorso invano.

P.S. Parlando del Fisico Fermi è d’obbligo un click qui

 

 


[*] Copia fotostatica di questo epistolario e di questo quaderno è conservata presso l’Archivio Amaldi

[†] Conservato presso l’Università di Chicago; una copia fotostatica è presente presso l’Archivio Amaldi

 


[1] Il principio delle adiabatiche ed i sistemi che non ammettono coordinate angolari, Nuovo Cimento, 25, 171, 1923; Alcuni teoremi di meccanica analitica importanti per la teoria dei quanti, ivi, 271; Sulla teoria statistica di Richarson dell’effetto fotoelettrico, 26, 97, 1923; Considerazioni sulla quantizzazione dei sistemi che contengono gli elementi identici, 1, 145, 1924; Sull’equilibrio termico di ionizzazione, ivi, 153; Sulla teoria dell’urto tra atomi e corpuscoli elettrici, 2, 143, 1924; Sopra l’elettrone rotante (in collaborazione con F.Rasetti), 3, 226, 1926.

[2] Sulla quantizzazione del gas perfetto monatomico”, Rend. Lincei, 3, 145, 1926

[3] Nuovo Cimento, 4, pp. CLXI – CLXX, 1927



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