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Quando musica e tecnologia si coniugano col Cosmo

Intervista a Giorgio Costantini

Giorgio Costantini

Giorgio Costantini è un pianista nato negli anni Ottanta come accompagnatore alle tastiere di cantanti come Renato Zero, Fiorella Mannoia, Peppino di Capri e altri. Al suo talento musicale ha sempre affiancato le sue eccellenti conoscenze di elettronica e informatica, che lo hanno lanciato nel mondo dei più grandi grazie alla diffusione su larga scala dei sintetizzatori e dei computer di cui lui era esperto. Ricercato come arrangiatore, ha suonato anche nell’Orchestra di Sanremo e ha accompagnato a “Domenica In” artisti del calibro di Lenny Kravitz, Elvis Costello, Gloria Gaynor e Lionel Ritchie.

La sua passione per la composizione, la sperimentazione musicale e l’interesse per l’astronomia lo hanno poi condotto a ricercare la sua musica presso le più alte sfere celesti elaborando un Album intitolato “Universound” (2011), il secondo dopo PianoPianoForte  (2009) con il quale si concretizza una metamorfosi della sua musica che lo volge verso il campo dei 432 Hz.

Nell’Album “Universound” ci sono delle Musiche come il Brano “Alba Mundi” che riproduce dei suoni molto specifici. Come è nato questo brano?

«“Alba Mundi” – che penso sia il pezzo più rappresentativo di questo Album -, è stato il punto di partenza per sviluppare tutte le produzioni successive a 432 Hz. Nasce dall’esigenza di conciliare il suono dei Pianeti con la musica.

C’erano stati vari tentativi di rappresentare i suoni dei Pianeti da parte di alcuni scienziati, ma il risultato non portava quasi mai ad una composizione musicalmente gradevole. Più ci si avvicinava alle formule matematiche legate al moto dei Pianeti, più la musica realizzata risultava priva di emozioni. Nel 1914, invece, il compositore inglese Gustav Holst, appassionato di astrologia e teosofia, concepì la sua opera “The Planets”, un trionfo mondiale, l’opera per cui è celebre. L’ambiente di campagna nell’Essex dove spesso risiedeva con la moglie, colmo di suggestioni, e la lettura di un’opera dedicata alle caratteristiche di personalità di ogni Pianeta di Alan Leo lo ispirarono. Convinto che i Pianeti giocassero un ruolo cruciale nel destino del mondo, Holst intrepretò quei suoni in un modo totalmente scisso da qualsiasi formula matematica – un modo di comporre straordinariamente efficace, pieno di melodia e poesia  –. Io, invece, intendevo provare a conciliare le due cose. Da tempo avevo ricavato una sequenza di note, quelle eseguite dai Pianeti del Sistema Solare. Ogni Pianeta, infatti, effettua una rotazione intorno al sole, costante, periodica, quindi oscilla su una frequenza precisa. Sappiamo che qualsiasi frequenza può essere associata a una nota corrispondente. Ovviamente si tratta – nel caso dei Pianeti – di frequenze subsoniche, “non udibili da un orecchio umano”. Per dare un’idea dell’ordine di grandezza, bisognerebbe unire alla sinistra del mio pianoforte altri tre pianoforti e, sul quarto pianoforte, ci potrebbe essere la tastiera che contiene delle note comparabili con la rotazione dei Pianeti. Se facciamo l’esempio della Terra, essa esegue un “do diesis” un po’ calante, esattamente di 32 centesimi di semitono, che poi è circa un terzo della differenza che c’è tra un tasto nero e un tasto bianco. Traslando tutta quanta l’intonazione di questi 32 centesimi, ecco che il Pianoforte risulterebbe “accordato” con la rotazione della Terra e il suo “La” – ossia il suono di riferimento per l’intonazione di base degli strumenti musicali – avrebbe un’altezza corrispondente a 432 Hz, cioè sarebbe accordato con la vibrazione del famoso Diapason a 432 Hz, un tema scientificamente ancora controverso ma che in questo caso ha un esatta corrispondenza matematica”».

Come hai applicato queste argomentazioni nella composizione del brano “Alba Mundi”?

«Prima ho elaborato la frequenza delle note dei Pianeti, che risultava una sequenza di note molto sgradevole. Melodicamente il risultato matematico dell’elaborazione di quelle frequenze non forniva una melodia emozionante, e non riuscivo a farne nulla. Dopo una lunga riflessione, però, mi è scattata l’idea di utilizzare le note come bassi per la costruzione armonica e allora la sequenza di note ha incominciato ad avere un altro senso e a trasmettermi la giusta emozione per comporre la musica».

Ma se ci fosse L’Alba di un Nuovo Mondo, come sarebbe questa Musica? Come la immagini?

«Ad essere sincero potremmo arrivare a un’altra musica, totalmente differente da quella che noi conosciamo, però il percorso sarebbe altrettanto lungo. Prima di arrivare a utilizzare le note che usiamo oggi nella musica, sono passati millenni. All’inizio si facevano solamente melodie all’unisono, dopo ci sono state le quinte, poi si è aggiunta la terza e così via. Prima di arrivare a un Rock and Roll, cioè agli accordi di settima, sono passati secoli e secoli, dove, a poco a poco, si sono introdotte le sfumature, la capacità di percepire come consonanti delle note che, per una persona nata duemila anni prima, sarebbero state totalmente dissonanti. All’Alba del Nuovo Mondo ci sarebbe il silenzio, poi un frusciare di foglie – o di qualche altro elemento organico in movimento – per avvicinarsi a quello che si chiama il “rumore bianco”, composto cioè da tutte le possibili frequenze, quindi il suono dell’acqua, infine si aggiungerebbe qualche uccellino, magari il rumore delle cicale, o più probabilmente i versi e i canti di nuove creature, e lentamente si andrebbe verso la musica, ma molto molto gradualmente».

Io però ho un’altra curiosità: il suono non passa nello spazio vuoto, ma nella Materia Oscura dell’Universo, che suono, invece, ci sarebbe?

«Quello che dobbiamo fare innanzitutto per percepire il suono – proprio perché non arriva attraverso lo spazio vuoto – è di farne una sorta di traslazione. Anche oggi, la musica che ascoltiamo, passa attraverso l’aria che ci permette di ascoltarla solo quando giunge agli ultimi centimetri da noi. Prima passa attraverso un cavo elettrico, transitando nella Rete, ma noi non possiamo ascoltare musica direttamente da un’antenna o da un cavo elettrico. Il fatto che nello spazio la vibrazione tradizionale che ascoltiamo con le orecchie non possa percorrere queste lunghe distanze nel vuoto, non esclude che altre oscillazioni possano essere trasferite nel  campo acustico ed essere ascoltate. Anche i colori sono delle oscillazioni, molto molto più alte rispetto alla musica e anche le immagini che vediamo possono contenere armonia o disarmonia. Quello che percepiremo sicuramente dagli spazi più profondi, più che vicino alla musica – che è alla fine un rapporto molto semplice di oscillazioni -, potrebbe essere qualcosa di simile al caos, fatto di tanti rumori differenti che si mescolano, come il rumore delle foglie mosse dal vento. Come se ci fossero tanti corpi ognuno con vita propria, con oscillazione propria. Il rumore di una cascata, o del mare, oppure dell’applauso di una grandissima  folla all’interno di un Teatro o di un palazzetto, possono avvicinarsi a quello che viene definito “rumore bianco” composto da tutte le possibili frequenze. Nello Spazio arriviamo a sentire qualcosa di simile a cui si aggiungono certe frequenze che spiccano, magari determinate da qualche Quasar, da qualche Stella che emette frequenze ben precise».

Nel tuo ultimo Album “Dreamers”, c’è un brano che si intitola “Tesla”, cosa te lo ha ispirato?

«Considero lo scienziato serbo–croato Nikola Tesla uno dei più grandi inventori di tutti i tempi, un grande sognatore, un “poeta della scienza”. Le sue sperimentazioni e i suoi sogni ad occhi aperti avevano la stessa valenza, il processo creativo che si manifestava nella sua mente gli consentiva di costruire le apparecchiature con la fantasia. «Per me è del tutto indifferente costruire una turbina nella mia testa o in officina», afferma nella sua autobiografia. Tesla è un personaggio che si sta riscoprendo in questi anni, come un genio truffato da tutti, nato ricco di idee, morto povero di ricchezza. Imbrogliato da Edison, poi da Westinghouse, infine scippato dell’invenzione della Radio. In America è stato finalmente riconosciuto che l’inventore della Radio è Tesla e non Guglielmo Marconi, con tutto il rispetto per Guglielmo Marconi, che è stato un grande, ma nel suo brevetto iniziale della Radio, Marconi ha utilizzato tutta una serie di brevetti che erano stati realizzati e depositati da Tesla, semplicemente ha fatto in grande scala qualche cosa che Tesla aveva già elaborato in chiave minore. Di lui mi è sempre piaciuta la voglia di sognare, il fatto che il denaro non fosse importante. Per lui contava la diffusione della sua tecnica e il sogno di un mondo in cui energia gratuita e illimitata fossero a disposizione di tutti».

Cosa pensi della sincronicità?

«Più divento grande e più mi rendo conto alla fine che ci sono delle corrispondenze armoniche nella vita che non sono ancora state spiegate».

Pensi che la musica possa davvero cambiare il mondo?

«Sarebbe bello che la musica potesse cambiare il mondo perché tutti i messaggi che la musica supporta sono positivi. La musica unisce, abbatte ogni confine. Troviamo anche che tra Nazioni ostili, nell’ascoltare l’una la musica dell’altra, filtrano ogni forma di odio reciproco, se tralasciamo alcuni generi musicali che sono mirati come quelli patriottici. Mi piacerebbe che la musica potesse unire e sicuramente in certi casi può aver unito. Mi viene in mente il famoso concerto Rock “Live Aid” tenutosi negli anni Ottanta in vari luoghi. Fu una sorta di jukebox globale, e nelle località principali dell’evento, il Wembley Stadium di Londra e il John F. Kennedy Stadium di Filadelfia, si ebbero rispettivamente 72.000 e 90.000 spettatori. Inoltre ci fu il più grande collegamento via satellite e la più grande trasmissione televisiva di tutti i tempi: quasi due miliardi di telespettatori hanno assistito alla diretta da più di 150 Paesi. Ha unito davvero tantissimi artisti per una causa importante, per portare un aiuto all’ Africa. La musica potrebbe cambiare davvero il mondo, ma noi musicisti siamo tenuti lontani dalla stanza dei bottoni…».

E del resto ai musicisti appassionati, forse, non piacerebbe nemmeno entrare a far parte dei meccanismi del Potere. Esattamente come Tesla si accontentano di far sorridere i cuori della gente, di far volare le loro anime e di vivere condizionati solo dalle innumerevoli combinazioni di tasti.

Come afferma il protagonista del film “La leggenda del pianista sull’oceano”:

«Tu pensa a un pianoforte. I tasti iniziano? I tasti finiscono! Tu lo sai che sono 88 e su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti loro. Tu sei infinito. E dentro quegli 88 tasti, la musica che puoi fare è infinita».

Indirizzi:

Sito: Pianopianoforte

Facebook: Giorgio Costantini

Spotify: Giorgio Costantini

“Alba Mundi – 432 Hz”

“Tesla”



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