Apr
23rd
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Come creare una sovranità europea

L’approccio sistemico e la metafora dell’albero

L’identità dei moderni stati-nazione occidentali rappresenta genericamente il prodotto di un complesso processo storico. Possiamo considerare ognuno di questi processi come lo sviluppo di un sistema chiuso, cioè in grado di regolare e controllare gli input e gli output con i sistemi esterni.

 

Lo stato-nazione, come sistema, è composto di tanti individui, ma l’insieme di tanti individui costituisce un popolo. La sovranità di questo popolo rappresenta le regole di convivenza sociale, necessarie ad ordinare le relazioni e a capire il trend (prevedibilità) dei processi in atto al sistema stesso.

Allora possiamo pensare alla sovranità come alla struttura di un albero (tronco e rami principali) che permette il collegamento di tutti gli individui (i rami) mentre le radici, le foglie ed i frutti sono gli input e gli output. Ugualmente potremmo dire che mettere in relazione più alberi è stata la strategia dei padri fondatori della casa comune europea, cioè creare una foresta dove le sinergie, a livello radicale, fossero tali da creare un nuovo prodotto di un complesso processo storico fondato sull’aspirazione ad un convivenza pacifica e sulla condivisione della sovranità.

Sistema aperto ed umanità

Tuttavia, la perturbazione causata dal processo di globalizzazione in atto sta avendo un effetto sul processo di sviluppo della casa comune simile a quello di un cambiamento climatico su una foresta. In altri termini al governo dei processi interni, tesi a consolidare una sovranità europea, necessaria a dare stabilità alla costruzione di una federazione o una confederazione di stati, si sta sovrapponendo l’input sia del mercato globale che dell’esodo demografico. L’orizzonte della casa comune si sta estendendo senza che sia stato ancora raggiunto un sufficiente grado di integrazione tale da far condividere a 380 milioni di persone una stessa sovranità. Allora forse è ora di recuperare la rappresentazione dell’Europa a due velocità per non perdere la capacità referenziale che il sistema originario aveva ed ha, tanto da essere modello di riferimento per tutta l’umanità.

La persona al centro nel processo di costruzione della sovranità europea

Tornando alla metafora dell’albero, possiamo dire, inoltre, che i “contenuti” necessari alla sua sopravvivenza sono l’insieme delle sostanze che compongono la linfa. Gli “Stati Uniti d’America” la ottengono con le loro radici affondate nei “padri pellegrini sulla Mayflower”, hanno un lingua ufficiale comune, hanno una Costituzione, etc. … Invece i 28 “Stati Uniti d’Europa”…? Cosa costituisce la linfa vitale che alimenta il singolo individuo (l’albero) che forma il popolo (la foresta)? In altri termini pensare al come costruire una sovranità europea significa porsi questa domanda: A che cosa abbiamo ridotto il mistero della persona umana? Sappiamo “oggi”, per esperienza, che l’uomo non può essere strumentalizzato alle logiche industriali né a quelle finanziarie … Contemporaneamente, stiamo assistendo a tante piccole imbarcazioni che emulando i Padri Pellegrini del XVII secolo raggiungono le nostre coste.

Insomma l’albero è vitale se, in esso, scorre la linfa. E la linfa è efficace per la persona se questa ha consapevolezza della sua dignità e se il contesto (l’ambiente) le permette di costruire la conoscenza di far parte di un popolo, le permette di organizzare le esperienze per crescere e sviluppare il senso di appartenenza.

In un sistema aperto, come quello in cui stiamo vivendo, la sovranità europea troverà la sua linfa solo nel difendere la dignità della persona nell’arco della sua intera vita. Ben venga il progresso con tutte le sue tecnologie purché impedisca l’impoverimento delle relazioni e non tagli i rami attraverso cui fluisce il senso dell’umanità. Il “progresso” sia inteso come formazione di intelligenza collettiva, come sviluppo dell’innovazione creativa di ciò che ognuno ha in potenza, come apertura mentale alla condivisione delle risorse materiali e spirituali necessarie per far crescere quella che potremmo chiamare, riprendendo la nostra metafora, “foresta sociale”.



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